Dalle «Lettere» di san Massimo Confessore,La misericordia di Dio verso coloro che si pentono dei loro peccati

Dalle «Lettere» di san Massimo Confessore, abate
(Lett. 11; PG 91, 454-455)
La misericordia di Dio verso coloro che si pentono dei loro peccati
    Tutti i predicatori della verità, tutti i ministri della grazia divina e quanti dall'inizio fino a questi
nostri giorni hanno parlato a noi della volontà salvifica di Dio, dicono che nulla è tanto caro a Dio e tanto conforme al suo amore quanto la conversione degli uomini mediante un sincero pentimento dei peccati.
    E proprio per ricondurre a sé gli uomini Dio fece cose straordinarie, anzi diede la massima prova della sua infinita bontà. Per questo il Verbo del Padre, con un atto di inesprimibile umiliazione e con un atto di incredibile condiscendenza si fece carne e si degnò di abitare tra noi. Fece, patì e disse tutto quello che era necessario a riconciliare noi, nemici e avversari di Dio Padre. Richiamò di nuovo alla vita noi che ne eravamo stati esclusi.
    Il Verbo divino non solo guarì le nostre malattie con la potenza dei miracoli, ma prese anche su di sé l'infermità delle nostre passioni, pagò il nostro debito mediante il supplizio della croce, come se fosse colpevole, lui innocente.
    Ci liberò da molti e terribili peccati. Inoltre con molti esempi ci stimolò ad essere simili a lui nella comprensione, nella cortesia e nell'amore perfetto verso i fratelli. Per questo disse: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5, 32). E ancora: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mt 9, 12). Disse inoltre di essere venuto a cercare la pecorella smarrita e di essere stato mandato alle pecore perdute della casa di Israele. Parimenti, con la parabola della dramma perduta, alluse, sebbene velatamente, a un aspetto particolare della sua missione: egli venne per ricuperare l'immagine divina deturpata dal peccato. Ricordiamo poi quello che dice in un'altra sua parabola: «Così vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito ...» (Lc 15, 7). Il buon samaritano del vangelo curò con olio e vino e fasciò le ferite di colui che era incappato nei ladri ed era stato spogliato di tutto e abbandonato sanguinante e mezzo morto sulla strada. Lo pose sulla sua cavalcatura, lo portò all'albergo, pagò quanto occorreva e promise di provvedere al resto. Cristo è il buon samaritano dell'umanità.
    Dio è quel padre affettuoso, che accoglie il figliol prodigo, si china su di lui, è sensibile al suo pentimento, lo abbraccia, lo riveste di nuovo con gli ornamenti della sua paterna gloria e non gli rimprovera nulla di quanto ha commesso. Richiama all'ovile la pecorella che si era allontanata dalle cento pecore di Dio. Dopo averla trovata che vagava sui colli e sui monti, non la riconduce all'ovile a forza di spintoni e urla minacciose, ma se la pone sulle spalle e la restituisce incolume al resto del gregge con tenerezza e amore. Dice: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi darò riposo (cfr. Mt 11, 28). E ancora: «Prendete il mio giogo sopra di voi» (Mt 11, 29). Il giogo sono i comandamenti o la vita vissuta secondo i precetti evangelici. Riguardo al peso poi, forse pesante e molesto al penitente, soggiunge: «Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 30). Insegnandoci la giustizia e la bontà di Dio, ci comanda: Siate santi, siate perfetti, siate misericordiosi come il Padre vostro celeste (cfr. Lc 6, 36); «Perdonate e vi sarà perdonato» (Lc 6, 37) e ancora: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7, 12).

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