don Angelo Sceppacerca, Va’ e d’ora in poi non peccare più”
V domenica di Quaresima
Angelo Sceppacerca
Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
L’adultera dinanzi a Gesù. Un episodio che sembra sia entrato in Giovanni solo più tardi,
appartenendo a una tradizione orale, cioè alle cose non scritte. Subito dopo Gesù dice di sé: “Io sono la luce”. Proprio la luce, che è come la fede, è fondamentale per capire questo Vangelo. È la luce che chiarisce le altre cose, senza bisogno di dimostrare, perché rende evidente, al contrario del buio. Gesù prima si era paragonato all’acqua; ora alla luce; entrambi segni per la festa delle Capanne. Ora è lui la fonte di acqua viva e la luce che illumina il mondo. Ecco perché gli ebrei lo accusano.
Doveva essere una chiara sentenza di morte, eseguita per lapidazione. Gesù la rovescia in due frasi: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” e “Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Gesù legge e parla alle coscienze degli accusatori e dell’adultera. L’evangelista Giovanni lo scrive anche nella sua lettera. “Chi dice: ‘Non ho peccato!’ è bugiardo” (1Gv 1,8-9) e “Chi ha conosciuto Dio non pecca “ (1Gv 3,6). L’uomo da solo è peccatore (la solitudine è peccato); l’uomo che incontra Dio in Gesù, e quindi conosce la misericordia, per grazia può non cadere più nel peccato dell’incredulità.
Gesù, chiamato ‘maestro’ dai farisei, risponde da Maestro. L’adultera lo chiama “Signore” e le si rivela Signore della misericordia e del perdono.
Si trovava sul percorso che dal tribunale andava verso il luogo dell’esecuzione. Un corteo passava portando una donna condannata per adulterio. Uno sconosciuto sta accovacciato in terra, scrive sulla polvere. Il corteo si ferma presso di lui, per chiedergli un parere. Quella legge prevedeva la condanna a morte ma sperava fino all’ultimo di non doverla applicare. Gli chiedono un commento alla condanna. Lui lo ha già dato: col gesto di scrivere sulla sabbia, per la sola azione di scrittura. Nelle tante proibizioni che riguardano il giorno settimo, sabato per gli ebrei, c’era anche il divieto di scrivere. Aveva eccezioni, una di queste permetteva di scrivere sulla polvere. Ma quel giorno non è sabato: non ci poteva essere tribunale in quel giorno né si poteva eseguire una condanna a morte. Allora che significato ha un uomo che applica una regola del sabato in un giorno feriale? Significa che quando si tratta di una condanna a morte è sempre giorno di sabato. Uccidere è profanare il giorno settimo … Chiede alla folla di interrogarsi su se stessa e giudicarsi. La folla si disperde. (Erri De Luca).
Fonte:agensir.it
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