don Giacomo Falco Brini "Gesù, l'Amore che cerca e supplica l'uomo"
Gesù, l'Amore che cerca e supplica l'uomo
don Giacomo Falco Brini
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32
Ci sono almeno 3 motivi per cui chiedo subito di armarvi di pazienza e comprensione. Eccoli:
1. I capitoli 14 e 15 del vangelo di Luca sono la parola della mia vita. Abito lì da circa 28 anni, ogni volta che sono chiamato a commentarli mi nasce sempre una gioia molto particolare, come fosse la prima volta che ascolto quelle parole: difficilmente riesco ad essere breve...
2. Nella 4a Domenica di Quaresima siamo chiamati a rallegrarci per la Pasqua vicina cercando di entrare un po' di più nel mistero della gioia divina. Ma cos'è la gioia di Dio? La sua gioia e la nostra gioia sono la stessa cosa?
3. Al termine del maldestro tentativo di sintetica riflessione sul vangelo, vi lascio il racconto di un miracolo che l'amore
misericordioso di Dio ha compiuto nell'anno 2007 con il povero asinello che vi parla: il Signore non smette mai di fare il suo lavoro, mai!
Quindi, come avrete capito, sarò più lungo del solito, così potete subito esercitarvi nel perdono... In sintonia con l'ispirazione che ha mosso papa Francesco a indire un Giubileo della misericordia, ho riletto prima di tutto questo vangelo per ascoltare Gesù, ancora una volta, come quei pubblicani e peccatori (v.1) che si avvicinavano a Lui, attratti dalla sua umanità o forse desiderosi di ricevere da Lui una speranza che per le loro vite non c'era, data l'esclusione e la distanza che in quel tempo religiosi autorevoli generavano nei loro confronti con le parole e il comportamento. Lo scandalo di Gesù Cristo è già tutto qui, nell'accoglienza incondizionata offerta a tutti: costui accoglie i peccatori e mangia con loro (v.3). Nella parabola Gesù ci racconta di un papà la cui condotta riflette questo scandalo. Il profondo rispetto della libertà di un figlio che capricciosamente pretende, ancor prima della morte del padre, l'eredità che gli spetta, sembra essere più importante del far rispettare tempi e leggi che non lo consentirebbero. Il racconto si sofferma sulla progressiva scoperta che il ragazzo fa dell'inganno nascosto in una vita dissoluta, spesa per consumare egoisticamente qualcosa che si pensava di poter "possedere". Ma la vera, sorprendente scoperta che egli fa, dopo essere "rientrato in se stesso" (v.17) ed aver preparato da sé un downgrade del suo status filiale per essere riaccolto a casa, è che quel papà, appena lo vede tornare all'orizzonte, gli si lancia addosso, non gli rinfaccia alcuna colpa, e invece di procedere alla retrocessione del ragazzo nello status di dipendente in servizio, lo riempie di baci, lo riveste con i segni della sua figliolanza, e indice persino ansiosamente una festa in suo onore! (vv.20-24). A questo punto bisogna dirselo: questo padre non è solo uno scandalo, questo è matto!... O no?... Che ne dici tu che stai leggendo? Ti sembra un modo corretto di affrontare quel che è realmente accaduto in quella casa? Ti sembra educativo per quel ragazzo sommergerlo di amore senza nemmeno mettere alla prova il suo pentimento? Ti sembra "giusto", "equilibrato", questo papà nella relazione con suo figlio? Non doveva forse quel figlio capire prima quanto aveva fatto soffrire suo padre?
Adesso andiamo a vedere il resto. Vediamo se lo scandalo si prolunga, se questo padre continua su questa linea, o se offre qualche segno di ravvedimento anche lui, rientrando di più in se stesso. C'è infatti un altro figlio che rientra dal lavoro dei campi; egli nota che qualcosa di strano sta avvenendo a casa sua. Si informa, riceve le notizie del caso e scopre pure che si mangia alla grande per il ritorno del fratello! (v.27). Questo è troppo. Si arrabbia. Proprio non se l'aspettava. Questo papà non è uno scandalo, è più di uno scandalo, è una autentica delusione come padre, non sa fare il suo mestiere, non è giusto! Non s'accorge di lui, non si accorge di tutti gli anni e delle forze date per la sua casa, della sua obbedienza pressoché perfetta, del suo non aver mai preteso niente dal padre...No, in casa non ci torna. In realtà, quel papà si era accorto di lui: si era accorto che non c'era a far festa con lui per il ritorno del fratello. Gli era uscito incontro a supplicarlo (v.28). E alle argomentazioni piuttosto fiscali del figlio risponde con una tenerezza sconvolgente: figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo (v.31). In verità il padre non risponde alle sue proteste. O meglio, quel che dice al v.32 non è motivazione ragionevole per spiegare al figlio maggiore la sua condotta: ma bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato alla vita, era perduto ed è stato ritrovato. Ragionevole può essere solo per chi, leggendo questo vangelo in ogni tempo e memore solo del suo peccato, si apre alla novità assoluta che questo padre rappresenta. Perché ci sono delle ragioni del cuore che la ragione non conosce (B. Pascal), e perché l'unico modo per incontrare il Dio vivo e vero con i tratti materni di questo padre, è aprirgli il proprio cuore: il che implica riconoscersi peccatori e infedeli al suo Amore (Papa Francesco, omelia a S. Marta del 3.03.2016). La gioia di Dio è perdonare l'uomo, la sua sofferenza è vedersi impedito nel condividere la propria gioia dall'uomo stesso. Sin da piccolo sono rimasto sempre molto colpito dalla gioia delle mamme che si chinano sul proprio bimbo perché si è sporcato con i suoi bisogni naturali mentre lo lavano, gli cambiano pannolino, vestiti e gli balbettano qualcosa nella sua lingua. Non ho mai visto una mamma fare questa azione tristemente o di malavoglia: come mai se a me faceva schifo il solo vedere la cacca dei bimbi, a loro invece sembrava niente toccarla, anzi, l'azione del pulire la propria creatura era fonte di tanta gioia? E' solo una immagine, lo so. Ma è quella più fedele al testo biblico che abbiamo davanti. Dio gioisce nel perdonarci, perché gli stiamo tanto a cuore, perché ama teneramente ognuno come una madre il proprio piccolo! (cfr. Is 49,15)
Questa volta, devo dire che quel che più mi ha colpito del vangelo, è che questo padre, dietro cui si nasconde così poco il nostro Dio, giunge a supplicare l'uomo che lo rifiuta, anche quello religioso che non lo accetta così come è. Lo supplica con la stessa dolcezza misericordiosa con cui accoglie l'uomo che si perde nei grovigli del peccato. Come non vedere questa azione divina negli instancabili appelli di papa Francesco verso i membri (laici e clericali) della chiesa di oggi? Cosa non fa il Signore pur di raggiungere il cuore della sua creatura! Perché ricordiamolo, c'è un peccato più insidioso, più difficile da togliere dal cuore umano: il peccato di chi si ritiene giusto davanti a Lui. Nel cuore del cristianesimo c'è l'annuncio inaudito e perennemente scandaloso (cfr. anche 1Cor 1,17-31) di un Dio che non ci condanna e finisce come un malfattore pur di raggiungere il cuore dell'uomo imprigionato nel suo male e rassicurarci sul suo Amore: Dio ha riconciliato a sé il mondo in Gesù Cristo non imputando agli uomini le loro colpe...Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio! Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore (2Cor 5,19.21). Anche oggi, come Paolo, ambasciatore di Gesù Cristo insieme a tanti fratelli nel sacerdozio, supplico chi sta leggendo di lasciarsi raggiungere da queste parole, dalla sua Misericordia: credere all'Amore di Dio e convertirsi, è una stessa unica azione, non c'è prima una e poi l'altra. Preghiamo insieme per avvicinarci ai giorni della Settimana Santa con il cuore aperto e pronto per accogliere l'Amore che ci viene incontro.
"Nell'anno 2007 mi trovavo nella periferia di Lima, capitale del Perù, dove ho vissuto per cinque indimenticabili anni. Una domenica mi recai come sempre nella cappella affidata alla mia cura pastorale denominata "Sacra Famiglia" della parrocchia "SS.ma Trinità". Quel giorno il Vangelo raccontava che Dio è un Padre pieno di misericordia che attende ansioso il ritorno del figlio più giovane e che "spinge" in casa il figlio maggiore perché condivida la gioia del suo ritrovamento. Entrai nel piccolo cortile della povera cappella e, da lontano, subito notai un uomo seduto in modo po' insolito, ricurvo, su una pietra collocata in una aiuola. Seduto così, in mezzo ad altre piante, mi sembrava una piantina ormai giunta alla fine del suo tempo. "Padre Giacomo, c'è un amico di famiglia che avrebbe bisogno di parlarle", mi disse una collaboratrice della parrocchia. Lo ricevetti e mi accorsi che era proprio quell'uomo visto poco prima all'ingresso. Capii subito che si trattava di una confessione, anche se non ci fu diretta richiesta dall'interessato. "Sa Padre, poche settimane fa ho perso l'amicizia e la fiducia di mia moglie e delle mie figlie: stanche della mia dipendenza dall'alcool e delle violenze psicologiche a cui le sottoponevo, mi hanno cacciato fuori di casa. Avevo già perso gli amici, il lavoro e i pochi risparmi rimasti, ora ho perso anche loro. Poi, tre giorni fa due uomini hanno atteso il momento propizio e mi hanno derubato delle ultime cose che possedevo. Sono rimasto senza niente, senza casa, senza famiglia, senza amici, senza soldi, senza lavoro... Allora mi sono chiesto se poteva davvero finire tutto qui o se ci fosse ancora qualcuno cui potevo ancora stare a cuore... Ho deciso di venire qua, sentivo il bisogno di parlarne...". Il volto di Gonzalo, una cinquantina di anni e un peso troppo grande nel cuore, non lasciava trasparire la minima emozione, ma la pacata serietà con cui parlava mi fece immaginare che quella desolazione era figlia di qualche dolore più antico. "Nella vita ho commesso dei grande sbagli, di quelli che non si possono più correggere, e allora vorrei capire perché mai sono venuto al mondo, se tutto ciò che faccio è sbagliato. Mio padre, saputo del mio concepimento, abbandonò mia madre. Lei morì quando avevo tre anni, e da allora sono passato di casa in casa, da una zia all'altra... sembrava che per tutti fossi solo un problema da risolvere piuttosto che un figlio da amare. Non penso di aver conosciuto che cos'è l'amore, che cos'è una famiglia, che cosa significhi sapere di essere nel cuore di qualcuno... Così mi ritrovai presto per la strada, tra le gang giovanili della città, a sfogare la mia rabbia in tutti quei modi che può immaginare. Ma un giorno arrivò una colpa irreparabile: uccisi un rivale durante uno scontro tra bande. Quel giorno non lo potrò mai più dimenticare. Decisi di rompere con le gang giovanili e imparai a lavorare il legno. Conobbi Juana e, vivendo con lei, pensai che tutto sarebbe passato, invece cominciai a bere e a non riuscire ad essere quell'onesto lavoratore che volevo essere. Nemmeno la presenza delle mie bimbe riusciva più a frenarmi. Dopo le mie ubriacature mi sentivo sempre più in colpa, cercavo di uscirne con i miei sforzi, ma più mi sforzavo più ricadevo rovinosamente. Non so dirle quanto la mia famiglia ha sofferto per causa mia, quante volte mi hanno riaccolto ubriaco. Ora però sono definitivamente fuori di casa da più di due mesi". "Dove stai dormendo ora?" - gli chiesi. Vidi sul volto di Gonzalo un leggero sussulto, un'emozione che cercava di farsi spazio. "In un'auto abbandonata fuori la falegnameria dove stavo lavorando... ma non mi riesci di dormire bene... in quell'auto vengono inattesi ospiti... ci vengono a dormire anche i topi...". Ad entrambi cominciarono ad uscire, timide, le lacrime, anche se evitavamo di guardarci nel volto. Allora annunciai con semplicità il Vangelo che di lì a poco avremmo ascoltato nella s. Messa. Mentre gli parlavo dell'Amore di Dio, Gonzalo mi guardava come se vedesse per la prima volta il mondo che lo circonda. Assistevo ancora una volta all'incomparabile spettacolo della Misericordia Divina nel cuore dell'uomo. "Dio ti stava aspettando per dirti questo: tu sei e per sempre sarai suo figlio. Oggi tutto il Cielo con Dio è in festa per te, Gonzalo! Non lo dico io, lo dice la parola di Dio!". Il suo stupore divenne presto commozione, la commozione un atto di fede. Finalmente Gonzalo sapeva che poteva vivere nel Cuore di Qualcuno che non l'aveva mai abbandonato. "Ti piacerebbe fare qualcosa perché anche tua moglie e le tue figlie possano giungere a perdonarti come oggi ha fatto Dio?". "Certamente",- mi disse ancora stupefatto. "Allora aspettami dopo la Messa perché andremo subito a casa tua: diremo quello che è successo oggi, poi chiederemo loro perdono insieme e ce ne andremo". Gonzalo accettò e così, dopo l'Eucaristia, ci incamminammo verso casa sua. Venne ad aprirci la figlia maggiore che al solo vedere il papà ebbe una brusca ritrazione. "Sono padre Giacomo, vorrei parlare con la mamma e chiedo il permesso di venire in casa con il tuo papà". Acconsentì solo per la mia presenza. La moglie era a letto, influenzata e con un braccio fratturato. Il suo volto esprimeva tutta la storia di dolore di quella povera famiglia. Chiesi di chiamare le figlie al suo capezzale, poi raccontai loro quel che era accaduto in chiesa mentre Gonzalo ascoltava in silenzio a capo chino. Poi entrambi ci inginocchiammo davanti a loro. "Perdonatemi", disse quell'uomo con voce roca e strozzata dall'emozione. Aggiunsi: "Vi invito insieme con me a chiedere a Dio di farci conoscere quell'amore che oggi ha manifestato a Gonzalo e, nel tempo, a imparare a darglielo come ha fatto Lui". Ci alzammo e, mentre eravamo sul punto di uscire dalla stanza senza altre richieste, Juana prese la parola e disse: "Grazie Padre". Mi girai verso di lei e in un solo colpo d'occhio mi parve che il Crocifisso sopra il suo letto fosse una sola cosa con la sua persona. Gli occhi di Juana avevano ripreso speranza, quasi mi sorridevano. Quello sguardo e la sua accoglienza furono la prova tangibile del miracolo della Misericordia Divina. Uscimmo da lì e per un po' di tempo andai a visitare Gonzalo nella sua nuova "casa", l'auto abbandonata. Il datore di lavoro lo aveva ripreso in falegnameria per affidargli qualche piccolo lavoretto. Andavo a dargli la buonanotte nella sua insolita abitazione ed egli si mostrava sempre contento di vedermi. Dopo qualche settimana la notizia: "P.Giacomo, mi hanno permesso di tornare a casa! Due delle mie tre figlie ancora non mi rivolgono neppure la parola, ma non importa, non posso chiedere alla vita tutto e subito...". Una sera mi recai a casa loro con l'intento di fare una sorpresa. Si avvicinava Natale e volli fermarmi a conversare e mangiare qualcosa in loro compagnia. Non tutto era risolto tra moglie e marito, ma sicuramente era tornata nei cuori la speranza. Partii per tornare in Italia. Dopo alcuni mesi, ricevetti una commovente lettera di Juana. "Carissimo padre Giacomo... a volte affiora in me ancora la paura che Gonzalo possa ritornare ad essere violento e schiavo dell'alcool, ma ormai c'è qualcosa di nuovo in casa che non so neppure spiegare... Una presenza di pace... Gonzalo non è più quello di prima, anche se a volte si concede qualche pausa... Ho ritrovato la speranza, anzi, credo che Gonzalo, dopo di me, riuscirà a riconciliarsi anche con le nostre figlie. Prego per questo e ti chiedo di pregare con me. Grazie!"
Per la gloria di Dio che è la sua misericordia.
Fonte:qumran2.net
don Giacomo Falco Brini
IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (06/03/2016)
Vangelo: Lc 15,1-3.11-32
Ci sono almeno 3 motivi per cui chiedo subito di armarvi di pazienza e comprensione. Eccoli:
1. I capitoli 14 e 15 del vangelo di Luca sono la parola della mia vita. Abito lì da circa 28 anni, ogni volta che sono chiamato a commentarli mi nasce sempre una gioia molto particolare, come fosse la prima volta che ascolto quelle parole: difficilmente riesco ad essere breve...
2. Nella 4a Domenica di Quaresima siamo chiamati a rallegrarci per la Pasqua vicina cercando di entrare un po' di più nel mistero della gioia divina. Ma cos'è la gioia di Dio? La sua gioia e la nostra gioia sono la stessa cosa?
3. Al termine del maldestro tentativo di sintetica riflessione sul vangelo, vi lascio il racconto di un miracolo che l'amore
misericordioso di Dio ha compiuto nell'anno 2007 con il povero asinello che vi parla: il Signore non smette mai di fare il suo lavoro, mai!
Quindi, come avrete capito, sarò più lungo del solito, così potete subito esercitarvi nel perdono... In sintonia con l'ispirazione che ha mosso papa Francesco a indire un Giubileo della misericordia, ho riletto prima di tutto questo vangelo per ascoltare Gesù, ancora una volta, come quei pubblicani e peccatori (v.1) che si avvicinavano a Lui, attratti dalla sua umanità o forse desiderosi di ricevere da Lui una speranza che per le loro vite non c'era, data l'esclusione e la distanza che in quel tempo religiosi autorevoli generavano nei loro confronti con le parole e il comportamento. Lo scandalo di Gesù Cristo è già tutto qui, nell'accoglienza incondizionata offerta a tutti: costui accoglie i peccatori e mangia con loro (v.3). Nella parabola Gesù ci racconta di un papà la cui condotta riflette questo scandalo. Il profondo rispetto della libertà di un figlio che capricciosamente pretende, ancor prima della morte del padre, l'eredità che gli spetta, sembra essere più importante del far rispettare tempi e leggi che non lo consentirebbero. Il racconto si sofferma sulla progressiva scoperta che il ragazzo fa dell'inganno nascosto in una vita dissoluta, spesa per consumare egoisticamente qualcosa che si pensava di poter "possedere". Ma la vera, sorprendente scoperta che egli fa, dopo essere "rientrato in se stesso" (v.17) ed aver preparato da sé un downgrade del suo status filiale per essere riaccolto a casa, è che quel papà, appena lo vede tornare all'orizzonte, gli si lancia addosso, non gli rinfaccia alcuna colpa, e invece di procedere alla retrocessione del ragazzo nello status di dipendente in servizio, lo riempie di baci, lo riveste con i segni della sua figliolanza, e indice persino ansiosamente una festa in suo onore! (vv.20-24). A questo punto bisogna dirselo: questo padre non è solo uno scandalo, questo è matto!... O no?... Che ne dici tu che stai leggendo? Ti sembra un modo corretto di affrontare quel che è realmente accaduto in quella casa? Ti sembra educativo per quel ragazzo sommergerlo di amore senza nemmeno mettere alla prova il suo pentimento? Ti sembra "giusto", "equilibrato", questo papà nella relazione con suo figlio? Non doveva forse quel figlio capire prima quanto aveva fatto soffrire suo padre?
Adesso andiamo a vedere il resto. Vediamo se lo scandalo si prolunga, se questo padre continua su questa linea, o se offre qualche segno di ravvedimento anche lui, rientrando di più in se stesso. C'è infatti un altro figlio che rientra dal lavoro dei campi; egli nota che qualcosa di strano sta avvenendo a casa sua. Si informa, riceve le notizie del caso e scopre pure che si mangia alla grande per il ritorno del fratello! (v.27). Questo è troppo. Si arrabbia. Proprio non se l'aspettava. Questo papà non è uno scandalo, è più di uno scandalo, è una autentica delusione come padre, non sa fare il suo mestiere, non è giusto! Non s'accorge di lui, non si accorge di tutti gli anni e delle forze date per la sua casa, della sua obbedienza pressoché perfetta, del suo non aver mai preteso niente dal padre...No, in casa non ci torna. In realtà, quel papà si era accorto di lui: si era accorto che non c'era a far festa con lui per il ritorno del fratello. Gli era uscito incontro a supplicarlo (v.28). E alle argomentazioni piuttosto fiscali del figlio risponde con una tenerezza sconvolgente: figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo (v.31). In verità il padre non risponde alle sue proteste. O meglio, quel che dice al v.32 non è motivazione ragionevole per spiegare al figlio maggiore la sua condotta: ma bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato alla vita, era perduto ed è stato ritrovato. Ragionevole può essere solo per chi, leggendo questo vangelo in ogni tempo e memore solo del suo peccato, si apre alla novità assoluta che questo padre rappresenta. Perché ci sono delle ragioni del cuore che la ragione non conosce (B. Pascal), e perché l'unico modo per incontrare il Dio vivo e vero con i tratti materni di questo padre, è aprirgli il proprio cuore: il che implica riconoscersi peccatori e infedeli al suo Amore (Papa Francesco, omelia a S. Marta del 3.03.2016). La gioia di Dio è perdonare l'uomo, la sua sofferenza è vedersi impedito nel condividere la propria gioia dall'uomo stesso. Sin da piccolo sono rimasto sempre molto colpito dalla gioia delle mamme che si chinano sul proprio bimbo perché si è sporcato con i suoi bisogni naturali mentre lo lavano, gli cambiano pannolino, vestiti e gli balbettano qualcosa nella sua lingua. Non ho mai visto una mamma fare questa azione tristemente o di malavoglia: come mai se a me faceva schifo il solo vedere la cacca dei bimbi, a loro invece sembrava niente toccarla, anzi, l'azione del pulire la propria creatura era fonte di tanta gioia? E' solo una immagine, lo so. Ma è quella più fedele al testo biblico che abbiamo davanti. Dio gioisce nel perdonarci, perché gli stiamo tanto a cuore, perché ama teneramente ognuno come una madre il proprio piccolo! (cfr. Is 49,15)
Questa volta, devo dire che quel che più mi ha colpito del vangelo, è che questo padre, dietro cui si nasconde così poco il nostro Dio, giunge a supplicare l'uomo che lo rifiuta, anche quello religioso che non lo accetta così come è. Lo supplica con la stessa dolcezza misericordiosa con cui accoglie l'uomo che si perde nei grovigli del peccato. Come non vedere questa azione divina negli instancabili appelli di papa Francesco verso i membri (laici e clericali) della chiesa di oggi? Cosa non fa il Signore pur di raggiungere il cuore della sua creatura! Perché ricordiamolo, c'è un peccato più insidioso, più difficile da togliere dal cuore umano: il peccato di chi si ritiene giusto davanti a Lui. Nel cuore del cristianesimo c'è l'annuncio inaudito e perennemente scandaloso (cfr. anche 1Cor 1,17-31) di un Dio che non ci condanna e finisce come un malfattore pur di raggiungere il cuore dell'uomo imprigionato nel suo male e rassicurarci sul suo Amore: Dio ha riconciliato a sé il mondo in Gesù Cristo non imputando agli uomini le loro colpe...Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio! Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore (2Cor 5,19.21). Anche oggi, come Paolo, ambasciatore di Gesù Cristo insieme a tanti fratelli nel sacerdozio, supplico chi sta leggendo di lasciarsi raggiungere da queste parole, dalla sua Misericordia: credere all'Amore di Dio e convertirsi, è una stessa unica azione, non c'è prima una e poi l'altra. Preghiamo insieme per avvicinarci ai giorni della Settimana Santa con il cuore aperto e pronto per accogliere l'Amore che ci viene incontro.
"Nell'anno 2007 mi trovavo nella periferia di Lima, capitale del Perù, dove ho vissuto per cinque indimenticabili anni. Una domenica mi recai come sempre nella cappella affidata alla mia cura pastorale denominata "Sacra Famiglia" della parrocchia "SS.ma Trinità". Quel giorno il Vangelo raccontava che Dio è un Padre pieno di misericordia che attende ansioso il ritorno del figlio più giovane e che "spinge" in casa il figlio maggiore perché condivida la gioia del suo ritrovamento. Entrai nel piccolo cortile della povera cappella e, da lontano, subito notai un uomo seduto in modo po' insolito, ricurvo, su una pietra collocata in una aiuola. Seduto così, in mezzo ad altre piante, mi sembrava una piantina ormai giunta alla fine del suo tempo. "Padre Giacomo, c'è un amico di famiglia che avrebbe bisogno di parlarle", mi disse una collaboratrice della parrocchia. Lo ricevetti e mi accorsi che era proprio quell'uomo visto poco prima all'ingresso. Capii subito che si trattava di una confessione, anche se non ci fu diretta richiesta dall'interessato. "Sa Padre, poche settimane fa ho perso l'amicizia e la fiducia di mia moglie e delle mie figlie: stanche della mia dipendenza dall'alcool e delle violenze psicologiche a cui le sottoponevo, mi hanno cacciato fuori di casa. Avevo già perso gli amici, il lavoro e i pochi risparmi rimasti, ora ho perso anche loro. Poi, tre giorni fa due uomini hanno atteso il momento propizio e mi hanno derubato delle ultime cose che possedevo. Sono rimasto senza niente, senza casa, senza famiglia, senza amici, senza soldi, senza lavoro... Allora mi sono chiesto se poteva davvero finire tutto qui o se ci fosse ancora qualcuno cui potevo ancora stare a cuore... Ho deciso di venire qua, sentivo il bisogno di parlarne...". Il volto di Gonzalo, una cinquantina di anni e un peso troppo grande nel cuore, non lasciava trasparire la minima emozione, ma la pacata serietà con cui parlava mi fece immaginare che quella desolazione era figlia di qualche dolore più antico. "Nella vita ho commesso dei grande sbagli, di quelli che non si possono più correggere, e allora vorrei capire perché mai sono venuto al mondo, se tutto ciò che faccio è sbagliato. Mio padre, saputo del mio concepimento, abbandonò mia madre. Lei morì quando avevo tre anni, e da allora sono passato di casa in casa, da una zia all'altra... sembrava che per tutti fossi solo un problema da risolvere piuttosto che un figlio da amare. Non penso di aver conosciuto che cos'è l'amore, che cos'è una famiglia, che cosa significhi sapere di essere nel cuore di qualcuno... Così mi ritrovai presto per la strada, tra le gang giovanili della città, a sfogare la mia rabbia in tutti quei modi che può immaginare. Ma un giorno arrivò una colpa irreparabile: uccisi un rivale durante uno scontro tra bande. Quel giorno non lo potrò mai più dimenticare. Decisi di rompere con le gang giovanili e imparai a lavorare il legno. Conobbi Juana e, vivendo con lei, pensai che tutto sarebbe passato, invece cominciai a bere e a non riuscire ad essere quell'onesto lavoratore che volevo essere. Nemmeno la presenza delle mie bimbe riusciva più a frenarmi. Dopo le mie ubriacature mi sentivo sempre più in colpa, cercavo di uscirne con i miei sforzi, ma più mi sforzavo più ricadevo rovinosamente. Non so dirle quanto la mia famiglia ha sofferto per causa mia, quante volte mi hanno riaccolto ubriaco. Ora però sono definitivamente fuori di casa da più di due mesi". "Dove stai dormendo ora?" - gli chiesi. Vidi sul volto di Gonzalo un leggero sussulto, un'emozione che cercava di farsi spazio. "In un'auto abbandonata fuori la falegnameria dove stavo lavorando... ma non mi riesci di dormire bene... in quell'auto vengono inattesi ospiti... ci vengono a dormire anche i topi...". Ad entrambi cominciarono ad uscire, timide, le lacrime, anche se evitavamo di guardarci nel volto. Allora annunciai con semplicità il Vangelo che di lì a poco avremmo ascoltato nella s. Messa. Mentre gli parlavo dell'Amore di Dio, Gonzalo mi guardava come se vedesse per la prima volta il mondo che lo circonda. Assistevo ancora una volta all'incomparabile spettacolo della Misericordia Divina nel cuore dell'uomo. "Dio ti stava aspettando per dirti questo: tu sei e per sempre sarai suo figlio. Oggi tutto il Cielo con Dio è in festa per te, Gonzalo! Non lo dico io, lo dice la parola di Dio!". Il suo stupore divenne presto commozione, la commozione un atto di fede. Finalmente Gonzalo sapeva che poteva vivere nel Cuore di Qualcuno che non l'aveva mai abbandonato. "Ti piacerebbe fare qualcosa perché anche tua moglie e le tue figlie possano giungere a perdonarti come oggi ha fatto Dio?". "Certamente",- mi disse ancora stupefatto. "Allora aspettami dopo la Messa perché andremo subito a casa tua: diremo quello che è successo oggi, poi chiederemo loro perdono insieme e ce ne andremo". Gonzalo accettò e così, dopo l'Eucaristia, ci incamminammo verso casa sua. Venne ad aprirci la figlia maggiore che al solo vedere il papà ebbe una brusca ritrazione. "Sono padre Giacomo, vorrei parlare con la mamma e chiedo il permesso di venire in casa con il tuo papà". Acconsentì solo per la mia presenza. La moglie era a letto, influenzata e con un braccio fratturato. Il suo volto esprimeva tutta la storia di dolore di quella povera famiglia. Chiesi di chiamare le figlie al suo capezzale, poi raccontai loro quel che era accaduto in chiesa mentre Gonzalo ascoltava in silenzio a capo chino. Poi entrambi ci inginocchiammo davanti a loro. "Perdonatemi", disse quell'uomo con voce roca e strozzata dall'emozione. Aggiunsi: "Vi invito insieme con me a chiedere a Dio di farci conoscere quell'amore che oggi ha manifestato a Gonzalo e, nel tempo, a imparare a darglielo come ha fatto Lui". Ci alzammo e, mentre eravamo sul punto di uscire dalla stanza senza altre richieste, Juana prese la parola e disse: "Grazie Padre". Mi girai verso di lei e in un solo colpo d'occhio mi parve che il Crocifisso sopra il suo letto fosse una sola cosa con la sua persona. Gli occhi di Juana avevano ripreso speranza, quasi mi sorridevano. Quello sguardo e la sua accoglienza furono la prova tangibile del miracolo della Misericordia Divina. Uscimmo da lì e per un po' di tempo andai a visitare Gonzalo nella sua nuova "casa", l'auto abbandonata. Il datore di lavoro lo aveva ripreso in falegnameria per affidargli qualche piccolo lavoretto. Andavo a dargli la buonanotte nella sua insolita abitazione ed egli si mostrava sempre contento di vedermi. Dopo qualche settimana la notizia: "P.Giacomo, mi hanno permesso di tornare a casa! Due delle mie tre figlie ancora non mi rivolgono neppure la parola, ma non importa, non posso chiedere alla vita tutto e subito...". Una sera mi recai a casa loro con l'intento di fare una sorpresa. Si avvicinava Natale e volli fermarmi a conversare e mangiare qualcosa in loro compagnia. Non tutto era risolto tra moglie e marito, ma sicuramente era tornata nei cuori la speranza. Partii per tornare in Italia. Dopo alcuni mesi, ricevetti una commovente lettera di Juana. "Carissimo padre Giacomo... a volte affiora in me ancora la paura che Gonzalo possa ritornare ad essere violento e schiavo dell'alcool, ma ormai c'è qualcosa di nuovo in casa che non so neppure spiegare... Una presenza di pace... Gonzalo non è più quello di prima, anche se a volte si concede qualche pausa... Ho ritrovato la speranza, anzi, credo che Gonzalo, dopo di me, riuscirà a riconciliarsi anche con le nostre figlie. Prego per questo e ti chiedo di pregare con me. Grazie!"
Per la gloria di Dio che è la sua misericordia.
Fonte:qumran2.net
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