Don Giorgio Scatto "Dio, attraverso il suo perdono, è il nostro futuro "
MONASTERO MARANGO
5° Domenica di Quaresima (anno C)
Letture: Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
Dio, attraverso il suo perdono, è il nostro futuro
1«Allora gli scribi e i farisei condussero a Gesù una donna sorpresa in adulterio».
Anche l’evangelista Luca ci aveva parlato di scribi e di farisei, nel capitolo della pecora e della moneta perduta, dei due figli e del padre che si commuove correndo incontro a chi ritornava, ancora confuso da una vita vissuta pericolosamente ai margini dell’esistenza. Un padre che accoglieva un figlio sulla strada di casa, mosso dalla speranza di un pane amaro mangiato in compagnia dei servi.
Nel suo vangelo Luca parla di scribi e di farisei sottolineando la loro mormorazione per il fatto che Gesù «accoglie i peccatori e mangia con loro». Notiamo che “scribi e farisei” appartengono alla categoria religiosa più in vista e più qualificata per la loro dottrina e per la loro scrupolosa osservanza della Legge di Dio.
Gesù, tuttavia, non ha per loro parole di stima e di ammirazione. Ha piuttosto parole di biasimo: per lui lo scandalo non è il fatto che esistano i peccatori – lo siamo tutti – ma che quelli che si presumono giusti si separino dagli altri giudicandoli e condannandoli. Dovremmo paradossalmente preoccuparci di più non per i nostri peccati, ma per tutte le volte che, come il fratello maggiore della parabola, ci sentiamo persone per bene e bruciamo di sdegno perché c’è un padre che osa far festa per i perduti che ha ritrovato; noi rimaniamo fuori, sulla strada, prigionieri dei nostri giudizi, ostinatamente separati da quelli che consideriamo gli unici peccatori.
L’apostolo Paolo, afferrato dalla misericordia di Cristo, scrive: «Chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose» (Rm 2,1). E ancora: «Se tu ti chiami credente e ti riposi sicuro sulla Legge e metti il tuo vanto in Dio, ne conosci la volontà e, istruito dalla Legge, sai discernere ciò che è meglio, e sei convinto di essere guida ai ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre, educatore degli ignoranti, maestro dei semplici, perché nella Legge possiedi l’espressione della conoscenza e della verità…Ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che dici di non commettere adulterio, commetti adulterio? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti vanti della Legge, offendi Dio trasgredendo la Legge! Infatti sta scritto: Il nostro Dio è bestemmiato per causa vostra tra le genti» (Rm 2,17-24).
Sì, «tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù» (Rm3,23).
Tutti i testi di questa domenica di quaresima, con la quale iniziamo la settimana di passione, indicano la salvezza di Dio come una nuova possibilità posta davanti a noi. Egli, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, aprirà anche nel deserto una strada e immetterà fiumi nella steppa. Dio, con la sua misericordia, farà nuove tutte le cose.
Il Vangelo ci mostra peccatori che, di fronte a Gesù, accusano una donna che ha peccato. Gli accusatori si riparano dietro la Legge. Gesù, che scrive per terra, è come assente. Solo due volte interrompe il suo silenzio: una prima volta per raccogliere tutti, presunti innocenti e peccatrice, nella comunione della colpa: « Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». La seconda volta per manifestare il suo perdono: la porta della misericordia è spalancata per tutti. Ognuno di noi si senta, oggi, toccato personalmente dalla parola di Gesù: «Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più». E’ scritto ancora: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia» (Rm 11,32).
Che nessuno debba accusare l’altro lo si deve non soltanto alle prime parole di Gesù, ma di più ancora alle seconde: egli è morto per tutti, per acquistare per tutti il perdono di Dio.
Non si tratta di essere troppo rigoristi o eccessivamente permissivi. Di fronte al peccato del fratello il rigorista se ne lava le mani, consegnando il peccatore al comandamento. Come fanno scribi e farisei. Lo stesso fanno coloro che minimizzano, svuotando il valore della Parola di Dio: per costoro niente è peccato. «Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate», ci esorta con insistenza papa Francesco. Avere misericordia è prendersi a carico, camminare insieme al fratello, condividendone i pesi e le fatiche.
«Dimenticando ciò che mi sta alle spalle, corro verso la mèta».
Paolo , nella seconda lettura, è del tutto sopraffatto da questo perdono di Dio attraverso la passione e risurrezione di Gesù. Niente ha più valore di fronte a questa verità: tutto viene gettato via «come spazzatura» per raggiungere l’evento della Pasqua di Cristo. L’Apostolo desidera sopra ogni cosa «essere trovato in lui». Ci avverte tuttavia che la strada non è quella di una osservanza puntigliosa della Legge che porta sovente «ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. La norma dà la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito» (Papa Francesco).
La giustizia a cui aneliamo è «quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,9). La Pasqua, quello che Gesù ha fatto per noi nella sua incrollabile fede nell’uomo, è il nostro vero futuro verso cui andiamo. Il cristiano non guarda indietro, ma sempre in avanti: tutta la sua esistenza riceve il suo senso da questa corsa.
«Non ricordate più le cose passate».
Dio promette una cosa nuova. C’è un «d’ora in poi» offerto a tutti, qualsiasi possa essere stato il nostro passato. Se noi andiamo incontro a Cristo, ogni nostro sguardo indietro alle colpe commesse, non solo rallenta la corsa, ma la può anche arrestare, sotto il peso di una memoria insopportabile. Lasciamoci guardare dal volto della misericordia.
«Io non ti condanno; và, e d’ora in poi non peccare più».
Dio è il nostro futuro.
Giorgio Scatto
5° Domenica di Quaresima (anno C)
Letture: Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
Dio, attraverso il suo perdono, è il nostro futuro
1«Allora gli scribi e i farisei condussero a Gesù una donna sorpresa in adulterio».
Anche l’evangelista Luca ci aveva parlato di scribi e di farisei, nel capitolo della pecora e della moneta perduta, dei due figli e del padre che si commuove correndo incontro a chi ritornava, ancora confuso da una vita vissuta pericolosamente ai margini dell’esistenza. Un padre che accoglieva un figlio sulla strada di casa, mosso dalla speranza di un pane amaro mangiato in compagnia dei servi.
Nel suo vangelo Luca parla di scribi e di farisei sottolineando la loro mormorazione per il fatto che Gesù «accoglie i peccatori e mangia con loro». Notiamo che “scribi e farisei” appartengono alla categoria religiosa più in vista e più qualificata per la loro dottrina e per la loro scrupolosa osservanza della Legge di Dio.
Gesù, tuttavia, non ha per loro parole di stima e di ammirazione. Ha piuttosto parole di biasimo: per lui lo scandalo non è il fatto che esistano i peccatori – lo siamo tutti – ma che quelli che si presumono giusti si separino dagli altri giudicandoli e condannandoli. Dovremmo paradossalmente preoccuparci di più non per i nostri peccati, ma per tutte le volte che, come il fratello maggiore della parabola, ci sentiamo persone per bene e bruciamo di sdegno perché c’è un padre che osa far festa per i perduti che ha ritrovato; noi rimaniamo fuori, sulla strada, prigionieri dei nostri giudizi, ostinatamente separati da quelli che consideriamo gli unici peccatori.
L’apostolo Paolo, afferrato dalla misericordia di Cristo, scrive: «Chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose» (Rm 2,1). E ancora: «Se tu ti chiami credente e ti riposi sicuro sulla Legge e metti il tuo vanto in Dio, ne conosci la volontà e, istruito dalla Legge, sai discernere ciò che è meglio, e sei convinto di essere guida ai ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre, educatore degli ignoranti, maestro dei semplici, perché nella Legge possiedi l’espressione della conoscenza e della verità…Ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che dici di non commettere adulterio, commetti adulterio? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti vanti della Legge, offendi Dio trasgredendo la Legge! Infatti sta scritto: Il nostro Dio è bestemmiato per causa vostra tra le genti» (Rm 2,17-24).
Sì, «tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù» (Rm3,23).
Tutti i testi di questa domenica di quaresima, con la quale iniziamo la settimana di passione, indicano la salvezza di Dio come una nuova possibilità posta davanti a noi. Egli, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, aprirà anche nel deserto una strada e immetterà fiumi nella steppa. Dio, con la sua misericordia, farà nuove tutte le cose.
Il Vangelo ci mostra peccatori che, di fronte a Gesù, accusano una donna che ha peccato. Gli accusatori si riparano dietro la Legge. Gesù, che scrive per terra, è come assente. Solo due volte interrompe il suo silenzio: una prima volta per raccogliere tutti, presunti innocenti e peccatrice, nella comunione della colpa: « Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». La seconda volta per manifestare il suo perdono: la porta della misericordia è spalancata per tutti. Ognuno di noi si senta, oggi, toccato personalmente dalla parola di Gesù: «Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più». E’ scritto ancora: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia» (Rm 11,32).
Che nessuno debba accusare l’altro lo si deve non soltanto alle prime parole di Gesù, ma di più ancora alle seconde: egli è morto per tutti, per acquistare per tutti il perdono di Dio.
Non si tratta di essere troppo rigoristi o eccessivamente permissivi. Di fronte al peccato del fratello il rigorista se ne lava le mani, consegnando il peccatore al comandamento. Come fanno scribi e farisei. Lo stesso fanno coloro che minimizzano, svuotando il valore della Parola di Dio: per costoro niente è peccato. «Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate», ci esorta con insistenza papa Francesco. Avere misericordia è prendersi a carico, camminare insieme al fratello, condividendone i pesi e le fatiche.
«Dimenticando ciò che mi sta alle spalle, corro verso la mèta».
Paolo , nella seconda lettura, è del tutto sopraffatto da questo perdono di Dio attraverso la passione e risurrezione di Gesù. Niente ha più valore di fronte a questa verità: tutto viene gettato via «come spazzatura» per raggiungere l’evento della Pasqua di Cristo. L’Apostolo desidera sopra ogni cosa «essere trovato in lui». Ci avverte tuttavia che la strada non è quella di una osservanza puntigliosa della Legge che porta sovente «ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. La norma dà la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito» (Papa Francesco).
La giustizia a cui aneliamo è «quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,9). La Pasqua, quello che Gesù ha fatto per noi nella sua incrollabile fede nell’uomo, è il nostro vero futuro verso cui andiamo. Il cristiano non guarda indietro, ma sempre in avanti: tutta la sua esistenza riceve il suo senso da questa corsa.
«Non ricordate più le cose passate».
Dio promette una cosa nuova. C’è un «d’ora in poi» offerto a tutti, qualsiasi possa essere stato il nostro passato. Se noi andiamo incontro a Cristo, ogni nostro sguardo indietro alle colpe commesse, non solo rallenta la corsa, ma la può anche arrestare, sotto il peso di una memoria insopportabile. Lasciamoci guardare dal volto della misericordia.
«Io non ti condanno; và, e d’ora in poi non peccare più».
Dio è il nostro futuro.
Giorgio Scatto
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