don Luciano Cantini "Preceduti dall'amore"

Preceduti dall'amore
don Luciano Cantini  
V Domenica di Quaresima (Anno C) (13/03/2016)
Vangelo: Gv 8,1-11
Gli scribi e i farisei
Gesù seduto insegna nel Tempio e tutto il popolo andava da lui. Questa sequela non deve essere
piaciuta a Giudei che utilizzano un fatto per mettere in imbarazzo Gesù. Il nostro testo usa l'immagine degli scribi e farisei che non è utilizzato da Giovanni, le caratteristiche letterarie sono quelle di ambito lucano e questo racconto ha avuto difficoltà a trovare spazio nel vangelo tanto che molti codici antichi ne sono privi. La disputa tutta umana tra giustizia e misericordia, il comune sentire ed il comune agire dell'uomo ha creato difficoltà e ancora ne crea. Ci scandalizziamo facilmente, puntiamo il dito, cerchiamo sempre "un colpevole" proprio per scrollarci di dosso la responsabilità di un male diffuso e alimentato da tutti. Siamo sempre pronti a tirarci fuori e scaricare le responsabilità: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato» (Gen 3,12).
La posero in mezzo
La donna sorpresa in flagrante adulterio è messa in mezzo, è la posizione di colui che è giudicato, al centro delle attenzioni di tutti e lì rimane, anche alla fine, quando tutti sono andati via, tutti coloro che erano così attenti a lei da aver dimenticato se stessi. D'altra parte fa comodo avere un polo di attenzione per dimenticare il resto, qualcosa verso cui scaricare le tensioni che la vita fa accumulare. La strana cosa che qui, nel mezzo, non è la donna ma Gesù, è lui che vorrebbero colpire. Sembra che si cercasse una verità per mettere in moto i meccanismi di una Legge ma non è così. Dietro una verità palese ce n'è una nascosta. C'è un detto toscano: "la verità morì fanciulla", nessuno l'ha voluta per moglie. Dalla politica alla finanza, al semplice convivere sociale siamo abilissimi a confondere le carte per gli altri ma soprattutto per noi stessi.
Si mise a scrivere col dito per terra
Gesù risponde mettendosi a scrivere per terra, sul significato del gesto e sul contenuto della scrittura si è detto molto; la prima impressione è di chi si tira fuori da quel cerchio. Gesù non rimane seduto, come Maestro, né sta in piedi come gli accusatori, semplicemente si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.
È un gesto semplice, silenzioso ma eloquente, interrotto dall'alzarsi per dire: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» e tornare chinato, come servo.
Quel gesto, muto e ammantato di solennità, diventa estremamente simbolico se letto alla luce del profeta Geremia: quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere (17,13). Chi abbandona Dio resta confuso, si allontana dalla verità perde il senso della vita, arido come la polvere.
Gli accusatori, prima così sicuri, costretti a guardarsi dentro perdono la loro baldanza e si dileguano. Come il vento solleva la polvere, la confonde, cancella ogni parola, restituisce il nulla.
Ci sono tempi nella storia degli uomini in cui la ricerca di legalità prende il sopravvento sulla verità, la forma sulla sostanza, la religione sulla fede: ciò che è scritto nella polvere presto si confonde e restituisce il nulla.
Neanch'io ti condanno
Gesù non condanna, lascia lì nella polvere della strada (insieme alla legge dei suoi accusatori) il peccato di quella donna perché un soffio porti via ogni cosa. Non ci sono "valori non negoziabili" da difendere, non pretende nessun impegno, non cerca nessuna promessa, non proclama nessuna "verità" se non l'incommensurabile Misericordia: va' e d'ora in poi non peccare più. Quella donna, la donna, diventa testimone della Misericordia di Dio. La Misericordia non rufola nella spazzatura del passato in cerca di colpe e peccati, non si lascia coinvolgere dai rigiri umani, guarda al futuro dell'uomo.
Gesù alla donna dice va': cammina nella tua vita c'è un futuro che ti aspetta, là dove l'Amore di Dio ti ha preceduto.

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