Don Severino GALLO sdb"IL FIGLIO PRODIGO"

6 marzo 2016 | 4a Domenica di Quaresima - Anno C | Omelia
IL FIGLIO PRODIGO
VANGELO: "Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita" (Lc. 15,1-3.11-32
Dio è paziente. Non solo: ma oggi nel Vangelo viene detto di più: Dio ci viene incontro, ci chiama ,
ci sospinge a ritornare.
Per dirci questo Gesù ha perdonato sempre, ha perdonato tutti, fino a scandalizzare i benpensanti del suo tempo.
L'adultera, Zaccheo, la donna peccatrice, la samaritana, Pietro, perfino Giuda, sono i monumenti dell'amore misericordioso di Gesù, incarnazione visibile della bontà di Dio.
Il messaggio odierno della Parola di Dio ci conforta, ci apre il cuore, ci lascia intravedere la mèta cui siamo diretti: cioè l'oceano infinito della misericordia divina. "Dio infatti - ci assicura San Paolo - "ci ha riconciliati con sé, mediante Cristo (...) non imputando agli uomini le loro colpe" (2 Cor. 5,19).
Proviamo ad assaporare tutta la dolcezza di questa divina assicurazione. Lo faremo oggi percorrendo con amorosa riflessione la meravigliosa parabola del "figlio scialacquatore".

EGLI PARTI' PER UN PAESE LONTANO

La prima parte della parabola è la descrizione rapida, efficace della nostra condizione di peccatori. Il Signore ci ha creati liberi e rispetta sempre la nostra libertà, anche quando ce ne serviamo per la nostra rovina.
"Dammi la parte del patrimonio che mi spetta..." (Lc. 15,12). Che cosa mai ci spetta, povere creature che noi siamo? Non è tutto dono di Dio quanto abbiamo? Ebbene, il peccato è reso possibile soltanto dai doni di Dio, messi a nostra disposizione! Noi ci ribelliamo a Dio, servendoci di quanto lui stesso ci ha messo in mano! E' terribile questo pensiero.

Ci si potrebbe domandare: perché Dio permette tanto?

Ma si può domandare a un padre, a una madre perché amano il loro figlio, perché non gli rinfacciano gli abbandoni e le offese?
D'altra parte Dio sa che proprio l'esperienza del peccato con le amarezze che comporta, è una via per ritornare al suo amore, unico riposo per il nostro spirito assetato di infinito.
Così è stato del figlio scialacquatore.
L'esperienza del peccato è tragica! Il peccato è un male enorme. E' miseria, è vergogna, è tormento, è disperazione. E noi l'apprendiamo direttamente dalla parola di Gesù, che parla di "una grande carestia", di "fame", di "porci"...

RIENTRO' IN SE STESSO

l figlio "scialacquatore" capì, a proprie spese purtroppo, la miseria della lontananza dalla casa del padre! Buon per lui che ebbe la forza di ritornare in se stesso, di capire, di rendersi conto.
Spesso il peccato è un accecamento, una illusione momentanea. Quando se ne è compresa la realtà, allora non si può non tornare in se stessi. Ed è la "conversione", è il cambiamento di mentalità necessario per non amare più quello che ci aveva affascinati, per ritornare là donde ci si è allontanati. E' l'inizio della riconciliazione.
Fermarsi un momento a riflettere, misurare esattamente i termini della nostra distanza da Dio e della nostra interiore miseria: ecco il primo passo verso la riabilitazione. Siamo capaci di farlo?

"ANDRÒ' DA MIO PADRE E GLI DIRÒ'..." (v,18)

Dopo la riflessione, la confessione, cioè il riconoscimento umile e aperto del proprio errore, davanti a Dio, davanti alla Chiesa e davanti ai fratelli: ecco l'itinerario per ottenere il perdono da Dio.
Ecco la strada che Gesù stesso ci ha tracciato con l' istituzione del sacramento della penitenza. Anche la riflessione odierna, dunque, è un invito a valorizzare sempre meglio, nel suo giusto significato, questo sacramento della nostra riconciliazione con Dio.

Ecco, è l'incontro personale con il Padre, è il ritorno a Lui, dopo l'amara esperienza del peccato, è l'espressione sincera di una volontà di conversione generosa, è volontà di riparare il male inferto con la propria colpa ai fratelli, alla Chiesa intera, è quindi l'impegno preso davanti alla Chiesa di contribuire alla sua crescita spirituale...
A valorizzare così la Confessione ci deve aiutare il pensiero della infinita bontà di Dio.
Gesù l'ha magistralmente tratteggiata nel padre della parabola.

IL PADRE CORSE INCONTRO AL FIGLIO E LO BACIO'

Qui dovremmo semplicemente contemplare, in silenzio, adorare e ringraziare. Nella scena dell'abbraccio del padre al figlio reduce dalle amare esperienze della colpa, ognuno di noi deve vedere se stesso e assaporare la gioia di sentirsi tra le braccia del Padre!
"Lo vide": Dio non ci abbandona mai, anche quando noi ci allontaniamo da Lui. Egli non ci perde di vista anche se noi, scioccamente, abbiamo la pretesa di fare qualcosa senza di Lui, lontano da Lui, contro di Lui. Egli continua a seguirci, continua ad amarci...
"Gli corse incontro": il nostro Dio è e rimane sempre il Dio dell'iniziativa, il Dio che ama per primo; anche di fronte ai nostri abbandoni, alle nostre colpe, Egli non si dà per vinto e non cessa di richiamarci, di offrirci il suo perdono.

"Lo baciò": il perdono che Dio ci offre non è meschino, non è esoso, non è parziale: Dio dimentica, Dio riabilita completamente, Dio dona più di quando ci siamo allontanati da Lui: "Dove è abbondato il delitto, sovrabbonda la grazia" (Rom. 5,20).
Il vestito più bello, l'anello al dito, i calzari, l'uccisione del vitello grasso, il convito, la festa: sono i particolari pittorici con cui Gesù vuole assicurarci la generosità del perdono divino.
Se non ne fossimo convinti Egli stesso ci ripete: "Ci sarà più gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, che per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di penitenza" (Lc. 15,7).

Si poteva dire di più?

Siamo chiamati a rallegrare il cuore di Dio, ad alimentare la festa del cielo col nostro pentimento, col nostro ritorno... Che cosa aspettiamo? Che cosa ci trattiene dal gettarci nelle braccia di Gesù? Egli aspetta. Ci chiama. E' pronta la veste. E' pronto l'anello. E' preparata la festa... Ma, forse, ci trattiene la nostra poca fede.
E' difficile credere nell'amore di Dio! Più difficile che credere alla sua giustizia. Quella giustizia che noi tanto spesso invochiamo, magari solo sulla pelle altrui...

Il nostro cuore non regge a quello del Padre. Non riusciamo a sopportare quelle braccia allargate in un gesto smisurato di misericordia. E cerchiamo di restringere quel gesto, di ridurlo a dimensioni meno scandalose, più accettabili.
E allora veniamo bocciati all'esame di cristianesimo, anche se siamo anime consacrate... Non crediamo sufficientemente all'Amore. Non sappiamo accettare un cuore la cui misura è di essere senza misura. La cui ragionevolezza consiste nell'essere irragionevole. Siamo incapaci di "perdonare" al Padre il suo cuore...

La parabola del figliuol prodigo costituisce la prova decisiva del nostro "essere cristiani". Un esame estremamente semplice ed estremamente arduo: siamo capaci di accettare quelle braccia spalancate in un gesto smisurato di perdono, resistendo alla tentazione di ridurne l'ampiezza?
Nella casa paterna c'è posto per tutti. C'è un posto privilegiato perfino per il figlio che ritorna male in arnese. Non c'è posto soltanto per chi non sopporta il cuore del Padre.

I bambini innocenti scoprono più facilmente di noi l'infinita misericordia di Dio Padre.

Un pomeriggio del gennaio 1951, in una piccola città del Giappone, una bambina poveramente vestita si avvicinò all'entrata della prigione e porse un pacco al sovrintendente.
- Da' questo a qualche condannato - disse.
E se n andò.
Era un pacco di libri religiosi con una consolante lettera, che terminava con queste parole: "... agli occhi di Dio anche un criminale è suo figlio. E la lettera era firmata: "Una scolaretta".
Il sovrintendente diede il pacco ad un uomo che era condannato a morte, per un gravissimo delitto.
Il carcerato, Sakuiche Yamada, rimase profondamente commosso e scrisse alla bambina una lettera, nella quale tra l'altro diceva: "Io, perverso criminale, avevo grande paura della morte, che devo affrontare tra non molto tempo.
Ora il mio timore si è dileguato...Quanto è grande la misericordia di Dio per me peccatore!... Dio ti benedica!".
La persona più adatta a farci comprendere la misericordia e il cuore del Padre è certamente il Cuore della Mamma, della Madonna.
Se vogliamo quindi comprendere l'infinita bontà del Cuore di Gesù, dobbiamo gustare le soavi delicatezze del Cuore della Sua Mamma.
Sia quindi Lei il nostro rifugio, il nostro modello, la nostra guida al Cuore di Gesù, che è tutto Amore.
Don Severino GALLO sdb
  Fonte:  www.donbosco-torino.it

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