FIGLIE DELLA CHIESA, LECTIO DIVINA Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei (Gv 8,1-11)

V Domenica di Quaresima
Antifona d'ingresso
Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa
contro gente senza pietà;

salvami dall’uomo ingiusto e malvagio,
perché tu sei il mio Dio e la mia difesa. (Sal 43,1-2)

Colletta
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso,
perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,
che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.

PRIMA LETTURA (Is 43,16-21)
Ecco, io faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.
Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 125)
Rit: Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. Rit:

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. Rit:

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. Rit:

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. Rit:

SECONDA LETTURA (Fil 3,8-14)
A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

Canto al Vangelo (Gl 2,12-13)
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO (Gv 8,1-11)
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Preghiera sulle offerte
Esaudisci, Signore, le nostre preghiere:
tu che ci hai illuminati con gli insegnamenti della fede,
trasformaci con la potenza di questo sacrificio.

PREFAZIO DI QUARESIMA V
La via dell’esodo nel deserto quaresimale

È veramente giusto benedire il tuo nome,
Padre santo, ricco di misericordia,
nel nostro itinerario verso la luce pasquale
sulle orme di Cristo,
maestro e modello dell’umanità riconciliata nell’amore.
Tu riapri alla Chiesa la strada dell’esodo
attraverso il deserto quaresimale,
perché ai piedi della santa montagna,
con il cuore contrito e umiliato,
prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza,
convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola,
e nell’esperienza gioiosa dei tuoi prodigi.
Per questi segni di salvezza,
insieme agli angeli, ministri della tua gloria,
proclamiamo nel canto la tua lode: Santo...

Antifona di comunione
“Donna, nessuno ti ha condannata?”.
“Nessuno, Signore”.
“Neppure io ti condanno; d’ora in poi non peccare più”. (Gv 8,10-11)

Preghiera dopo la comunione
Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli
di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo,
poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue.

Lectio
CONTESTO: Gesù si trova a Gerusalemme, durante una delle sue salite alla città santa raccontate dal Vangelo di Giovanni. Si è appena conclusa la festa delle Capanne durante la quale si viveva fuori di casa, sotto capanne fatte di rami per ricordare il tempo in cui gli Ebrei erano stati pellegrini nel deserto e avevano vissuto sotto dei rifugi instabili; essa però al tempo di Gesù aveva assunto anche la forma di una festività di ringraziamento per il raccolto appena concluso. Era la ricorrenza più gioiosa dell’anno in cui si danzava e ci si rallegrava grandemente e qualcuno magari si concedeva qualche libertà illecita. Di ritorno alle loro case (cfr capitolo 7,53 “E tornarono ciascuno a casa sua”), gli scribi i farisei che avevano partecipato alla festa si devono essere imbattuti in questa incresciosa situazione di tradimento a cui qualcuno di loro deve aver assistito. Poiché però i processi non potevano avvenire di notte secondo la Legge ecco che all’alba essi conducono al Sinedrio, presso il Tempio, la donna rea di colpa per essere giudicata e condannata alla lapidazione.
Vediamo che cosa accade…

V.1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. L’inizio del capitolo ottavo vede questo movimento di Gesù verso il monte degli Ulivi, un luogo dove si ritira spesso a pregare; si è appena conclusa una discussione tra i capi dei Giudei riguardo alla provenienza di quest’uomo dalle parole e dagli atteggiamenti scomodi perché violava il sabato. Avevano cercato di arrestarlo ma senza successo perché popolo e guardie del tempio erano conquistati da Lui. Nicodemo poi aveva esortato a seguire la giusta procedura dettata dalla Legge prima di arrestare un uomo, ed era stato malamente redarguito dagli altri farisei e sacerdoti. Gesù non si preoccupa di Sé, fa la sua strada, da uomo libero di pensare e di agire perché sa di fare la volontà del Padre.

V.2 Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Le giornate per gli Ebrei iniziavano presto; Gesù si reca prestissimo al tempio per insegnare. È probabile che si ponesse nel cosiddetto Atrio dei Gentili, uno dei cortili più esterni del Tempio dove “tutto il popolo” poteva accedere, non solo gli Ebrei, anche i pagani, i non circoncisi, le donne, tutti coloro che erano considerati inferiori a un Ebreo maschio osservante. Gesù si siede lì e parla con la gente, li ascolta, risponde alle loro domande, si relaziona con tutti. Il Tempio infatti era anche un luogo di ritrovo e di vita sociale, per alcuni il cuore della comunità ebraica.

V.3-4 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. La scena in cui Gesù si trova ad essere coinvolto è imbarazzante; una donna viene trascinata davanti a tutti, per le strade della città indicata come una poco di buono, traditrice del proprio legame sponsale. È da notare che solo lei viene condotta in giudizio mentre la Legge prevede che sia l’adultera che l’uomo che pecca con lei devono essere lapidati. Solo la donna, dunque, viene posta nel mezzo per essere studiata e scrutata, quasi fosse una cavia e tale deve essere, visto che il suo peccato è solo un pretesto per porre in fallo Gesù. Nessun rispetto per lei, per la sua dignità, per la sua storia personale, come non ve ne era nella Legge che prevedeva la condanna a morte solo per la donna che tradiva e non per l’uomo infedele. Gesù che poco prima era stato considerato un bestemmiatore meritevole di essere arrestato ora è riconosciuto come “maestro”: l’ipocrisia di scribi e farisei pone ora al centro della scena i due accusati.

V 5-6 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. La Legge è il paravento dietro cui nascondersi. È ciò che Gesù non accetta dei suoi contemporanei: la Legge è divenuta prioritaria rispetto all’uomo, come quando le nostre regole, le nostre convinzioni sono rigide e spietate di fronte alle persone. In realtà essi gli tendono un tranello: in qualunque modo risponda potrà essere messo in fallo, o contraddicendo la misericordia sempre proclamata o ponendosi contro la Legge. Gesù invece si pone al di sopra delle parti, come solo Dio può fare. Non dà subito una risposta, tace e fa un’altra cosa… scrive. Cosa pensasse Gesù in quel momento nessuno lo sa; forse meditava come quell’adulterio fosse così simile a tutti gli adulteri di Israele verso il Signore suo Dio. Ricordava forse la parola del profeta Isaia: Come mai è divenuta una prostituta la città fedele? (Is1,21). Non era stato tradito anche il Signore e aveva mostrato attraverso la vita e gli oracoli dei profeti il suo cuore di marito tradito ma disposto a perdonare la sposa infedele? Adulterio vuol dire “andare da un altro”; che sia un idolo o il nostro io, quando poniamo al centro della nostra vita un altro che non sia Dio commettiamo tutti un adulterio verso di Lui.

V 7 E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Davanti all’insistenza degli accusatori, Gesù li pone di fronte alla loro coscienza, li invita a scandagliarla perché si rendano conto Chi è il solo giudice del cuore dell’uomo. Se sono veri cercatori di Dio, non possono non ammettere di aver peccato e quindi di aver tradito anch’essi. Adulterare la Legge è farla apparire con un’essenza diversa da quella dell’amore. “Il primo e il più importante dei comandamenti è amerai il Signore Dio tuo […] e il prossimo tuo come te stesso”(cfr Mt22,36-39).
“Chi di voi è senza peccato”: Lui solo era quello che poteva scagliare la pietra perché possedeva quel requisito enunciato; ma non lo fa, anzi Lui, il solo innocente, riesce a disarmare le mani degli accusatori.

V 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Gesù continua a scrivere per terra. Se il suolo su cui scrive è fatto di terra, sabbia o polvere, e se Gesù, come pensavano i Padri della Chiesa, stava scrivendo i loro peccati, un po’ di vento avrà cancellato quello scritto, proprio come Dio cancella le nostre colpe dalla sua memoria.

V 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. È la salvezza per questi giudici impietosi: riconoscono per fortuna di non essere dei giusti e quindi rinunciano alla loro condanna verso la donna. Purtroppo il processo per Gesù non finirà qui; anche questo episodio Gli attirerà l’odio e l’inimicizia dei suoi avversari. Liberando quella donna dalla condanna in realtà Gesù la rivolge su di Sé: Egli è Colui che ha preso su di Sé le nostre colpe.
Il pericolo è scongiurato. Gesù e la donna restano soli; i curiosi, i maligni, i violenti si sono allontanati.

V 10-11 Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».
Gesù era chino a terra, probabilmente come lo era lei, gettata per terra e umiliata. Ora si rialza e questo verbo evoca il suo rialzarsi dal sepolcro nel giorno della sua Risurrezione. La donna lo chiama “Kyrios”, Signore, e in quanto Signore vittorioso sul peccato e sulla morte a ragione le può dare il perdono e restituirla alla vita, libera da quanti attentavano ad essa. Unica è l’esperienza di questa donna che si è sentita guardata dall’Amore, da un amore puro, fedele, di totale dedizione, che non ha mai tradito, che non tradirà mai perché è l’amore di Dio.
Ma c’è un ammonimento che Gesù le fa: “non peccare più”. Dio è infinitamente più grande del nostro peccato ed esso viene ingoiato dal suo immenso amore. Ma all’uomo resta pur sempre la libertà di allontanarsi da Lui. È questa la lotta che abbiamo intrapreso all’inizio di questa Quaresima: “scegli dunque il bene e la vita” (cfr Dt30,19)…

Appendice
Verità, bontà, giustizia e misericordia
Considerate ora in qual modo la bontà del Signore fu posta alla prova dai suoi nemici. "Allora gli scribi e i farisei conducono una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero. «Maestro, questa donna è stata colta in adulterio. Ora Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare tali donne: tu che ne dici?». E questo dicevano per metterlo alla prova, in modo da poterlo accusare" (Gv 8,3-6).
Accusarlo di cosa? Forse avevano colto anche lui in qual che delitto?... E siccome i suoi nemici, per invidia e per rabbia, non riuscivano a sopportare queste due qualità, cioè la sua dolcezza e la sua verità, cercarono allora di tendergli un tranello sulla terza, cioè sulla giustizia. In qual modo?
La legge comandava che gli adulteri dovevano essere lapidati, e la legge non poteva comandare ciò che non era giusto: se qualcuno si opponeva a un precetto della legge, veniva accusato di prevaricazione. I Giudei avevano pensato tra sé: egli è ritenuto amico della verità e appare mansueto; dobbiamo cercare di coglierlo in fallo sulla giustizia: presentiamogli una donna colta in adulterio, e diciamogli che cosa stabilisce la legge in tali casi. Se egli ordinerà che sia lapidata, mostrerà di non essere affatto mansueto: se dirà che deve essere lasciata andare, mostrerà di non avere giustizia. Siccome non vorrà perdere - essi dicevano - l`aureola di mansuetudine, grazie alla quale è amato dal popolo, senza dubbio dirà che dobbiamo lasciarla andare. Così noi avremo l`occasione per accusarlo, per dichiararlo reo come prevaricatore e potremo dire di lui che è nemico della legge, che ha parlato contro Mosè o, meglio, contro colui che per mezzo di Mosè ci ha dato la legge; e quindi è degno di morte e deve essere lapidato insieme alla donna.
Con queste parole e con questi ragionamenti la loro invidia si accresceva, ardeva il loro desiderio di accusarlo, diveniva più forte la voglia di condannarlo. Cosa li spingeva a parlare in questo modo, e contro chi parlavano? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la menzogna contro la verità, il cuore corrotto contro il cuore retto, la stoltezza contro la sapienza...
Cosa rispose il Signore Gesù? Cosa rispose la verità, la sapienza, la stessa giustizia contro la quale era diretta l`insidia?
Non disse: Non sia lapidata! Se lo avesse detto sarebbe apparso che egli andava contro la legge. Ma si guardò bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto infatti per non perdere ciò che aveva trovato, anzi per trovare ciò che si era perduto (cf. Lc 19,10). Cosa rispose? Considerate quanto la sua risposta sia contemporaneamente carica di giustizia, di mansuetudine e di verità! Disse: "Chi di voi è senza peccato scagli per primo una pietra contro di lei" (Gv 8,7).
Risposta piena di saggezza! In che modo li costrinse a guardare dentro se stessi? Essi infatti calunniavano gli altri, ma non scrutavano in se stessi: vedevano l`adulterio della donna, non i loro peccati...
L`avete sentita voi, farisei, dottori della legge, custodi della legge, ma non avete compreso il Legislatore.
Che cosa ha voluto mostrarvi ancora, quando scriveva con il dito in terra? Ha voluto mostrarvi che la legge è stata scritta col dito di Dio e che, a causa della durezza dei cuori, essa è stata scritta sulla pietra (cf.Es 31,18). E ora il Signore scriveva sulla terra perché cercava il frutto della legge. Voi avete inteso: «si compia la legge», «sia lapidata l`adultera»: ma nel punire la donna, la legge dovrà essere applicata da coloro che a loro volta debbono essere puniti? Ciascuno di voi consideri se stesso, entri in se medesimo, si ponga dinanzi al tribunale della sua anima, si costituisca alla sua coscienza, e obblighi se stesso a confessarsi. Egli solo sa chi è, poiché nessun uomo conosce i segreti di un altro, se non lo spirito medesimo dell`uomo che è dentro di lui. Ciascuno, guardando in se stesso, si scopre peccatore (cf. 1Cor 2,11). Non c`è alcun dubbio su questo. Quindi, lasciate andare questa donna, oppure accettate con lei le pene previste dalla legge. Se il Signore avesse detto: Non lapidate l`adultera!, sarebbe stato accusato di ingiustizia; se avesse detto: Lapidatela!, non sarebbe apparso mansueto. Che formuli dunque una risposta che a lui si addice, che è mansueto e giusto: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei». Questa è la voce della giustizia: si punisca la peccatrice, ma non siano i peccatori a punirla; sia rispettata la legge, ma non siano i violatori della legge a imporne il rispetto. Ben a ragione è la voce della giustizia.
Essi, colpiti da queste parole come da una freccia grossa quanto una trave, "uno dopo l`altro se ne andarono" (Gv 8,9). Restano solo loro due, la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la freccia della giustizia, non si degna neppure di stare a vedere la loro umiliazione, ma, voltando loro le spalle, "di nuovo col dito scriveva in terra" (Gv 8,8).
Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati: Gesù allora levò i suoi occhi su di lei. Abbiamo udito la voce della giustizia, udiamo ora anche quella della dolcezza.
Credo che quella donna fosse stata più degli altri colpita e spaventata dalle parole che avete sentito dire dal Signore: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei». I farisei esaminandosi e con la loro stessa partenza confessandosi colpevoli, avevano lasciato la donna con un così grande peccato, insieme a colui che era senza peccato. Ed essa, dopo avere udito: «Chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei», temeva di essere punita da lui, nel quale non era peccato. Ma egli, dopo avere cacciato i suoi nemici con la voce della giustizia, levando su di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: "Nessuno ti ha condannato?" (Gv 8,10). E quella rispose: "Nessuno, o Signore" (Gv 8,11). Ed egli replicò: "Neppure io ti condannerò (ibid.)", tu che avevi temuto di essere punita da me, poiché in me non hai trovato peccato.
«Neppure io ti condannerò». Che vuol dire questo, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? No di certo. Sentite ciò che segue: "Va` e d`ora innanzi non peccare più (ibid.)". In altre parole, il Signore condanna il peccato, non il peccatore. Infatti, se avesse perdonato il peccato, avrebbe detto: Neppure io ti condanno, va` vivi come vuoi, sta` sicura che io ti libererò; per quanto grandi siano i tuoi peccati, io ti libererò da ogni pena e da ogni sofferenza dell`inferno. Ma non disse così.
Intendano bene coloro che amano nel Signore la mansuetudine e temano la verità. Infatti è insieme "dolce e retto il Signore" (Sal 24,8).
Tu lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto disse: «Tacqui»; ma in quanto è giusto aggiunse: "Ma forse sempre tacerò?" (Is 42,14 secondo i LXX). "Il Signore è pietoso e benigno" (Sal 85,15). Senza dubbio è così. Aggiungi ancora «pieno di bontà» e ancora "tardo all`ira (ibid.)"; ma non dimenticare di temere ciò che sarà nell`ultimo giorno, cioè «verace». Egli sopporta ora le colpe dei peccatori, ma allora giudicherà chi lo ha disprezzato. "Ovvero disprezzi le ricchezze della sua bontà e della sua mansuetudine, ignorando che la pazienza di Dio ti spinge alla penitenza? Ma tu con la durezza del tuo cuore impenitente, ti attiri sul capo un cumulo di collera per il giorno dell`ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Rm 2,4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti, ma tu preferisci godere di questa dilazione piuttosto che emendarti. Fosti malvagio ieri? Sii buono oggi. Hai passato nel male la giornata di oggi? Deciditi a cambiare domani. Ma tu aspetti sempre a correggerti, sempre ti riprometti di usufruire della misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita lunghissima. Come fai a sapere che per te ci sarà anche il giorno di domani? Hai ragione quando dici nel tuo cuore: quando mi correggerò, Dio mi rimetterà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a tutti coloro che si correggono e che si convertono. Ma in quella stessa profezia dove tu leggi che Dio promise indulgenza a chi si pente, non puoi leggere che Dio ti ha promesso anche una lunghissima vita.
Contro due ostacoli gli uomini rischiano di naufragare la speranza presuntuosa e la disperazione; due ostacoli del tutto opposti, e che derivano da sentimenti diametralmente contrari. Uno dice: Dio è buono, è misericordioso, io posso perciò fare ciò che mi pare e piace, posso lasciare sciolte le briglie alle mie passioni, posso soddisfare tutti i miei desideri. Perché posso farlo? Perché Dio è misericordioso, è buono, è mansueto. Costoro corrono rischi proprio per la loro speranza, perché non si inducono mai a correggersi. Sono invece vittime della disperazione coloro che, avendo commesso gravi peccati, ritengono di non poter essere piú perdonati e, considerandosi, senza dubbio alcuno, destinati alla dannazione, dicono: Saremo certamente dannati; perché non possiamo allora fare ciò che ci pare, come fanno i gladiatori che sanno di non avere scampo e che il loro destino è essere uccisi dalla spada? Per questo i disperati sono anche pericolosi: essi che credono di non avere più ormai niente da temere, debbono invece essere riguardati con timore. La disperazione li uccide, così come la speranza uccide gli altri.
L`anima fluttua tra la speranza e la disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla speranza, devi cioè temere che, mentre tranquillamente continui a sperare nella misericordia, tu non ti ritrovi d`improvviso di fronte al giudizio; altrettanto devi temere che la disperazione non ti uccida; devi temere cioè, poiché hai ritenuto di non poter ottenere il perdono per i gravi delitti che hai commesso e perciò non te ne sei pentito, di incorrere nel giudizio del tribunale della sapienza, che dice: "E io riderò della vostra sventura" (Pr 1,26).
Cosa fa il Signore verso coloro che sono in pericolo per l`una o l`altra di queste due malattie? A coloro che corrono rischi per la troppa speranza dice: "Non tardare a convertirti a Dio, né differire di giorno in giorno; perché d`un tratto scoppia la sua ira e nel giorno del giudizio tu sei spacciato" (Sir 5,7). E a coloro che corrono pericoli per la disperazione, che dice Dio? "In qualunque giorno l`iniquo si sarà convertito, tutte le sue iniquità io dimenticherò" (Ez 18,21.22.27). A coloro dunque che sono in pericolo per la disperazione egli indica il porto dell`indulgenza; per coloro che corrono rischi per la eccessiva speranza e si illudono di avere sempre tempo, fa incerto il giorno della morte. Tu non sai quando verrà l`ultimo giorno. Sei un ingrato, non riconosci la grazia di Dio, che ti ha dato anche il giorno di oggi affinché tu ti corregga.
Questo è il senso delle parole che disse a quella donna: «Neppure io ti condannerò»: ora che sei tranquilla a proposito di quanto hai commesso in passato, abbi timore di quanto potrà accadere nel futuro. «Neppure io ti condannerò»: cioè ho distrutto ciò che hai commesso, ma osserva quanto ti ho comandato, al fine di ottenere quanto ti ho promesso. (Agostino, Comment. in Ioan., 33, 4-8)

Riconoscere la propria miseria per trovare misericordia
Non esiste vera vita spirituale all’infuori dell’amore di Cristo.
Possediamo una vita dello Spirito soltanto perché siamo amati da lui. E la vita spirituale consiste nel ricevere il dono dello Spirito santo e la sua carità, perché Gesù ha disposto, nel suo amore, che vivessimo del suo Spirito, di quello stesso Spirito che procede dalla Parola e dal Padre e che è l’amore di Gesù per il Padre suo.
Se conosciamo quanto è grande l’amore di Gesù per noi, non avremo mai paura di andare a lui in tutta la nostra povertà, la nostra debolezza, la nostra miseria e la nostra infermità spirituale. Anzi, quando arriviamo a comprendere di che genere sia il suo amore per noi, preferiamo andare a lui in veste di poveri miseri. Non ci vergogneremo mai della nostra miseria. La miseria torna tutta a nostro vantaggio quando non abbiamo da cercare altro che misericordia. Possiamo essere contenti del nostro stato di indigenza, se siamo veramente convinti che la potenza di Dio opera nella nostra infermità.
Il segno più sicuro che abbiamo ricevuto una comprensione spirituale dell’amore che Dio ha per noi è l’apprezzare la nostra povertà alla luce della sua infinita misericordia.
Dobbiamo amare la nostra povertà come la ama Gesù. Essa ha tanto valore agli occhi suoi, che è morto sulla croce per presentare la nostra povertà al Padre suo e arricchirci dei tesori della sua misericordia infinita.
Dobbiamo amare la povertà degli altri come la ama Gesù. Dobbiamo vederli con gli occhi della sua compassione. Ma non possiamo avere una vera compassione degli altri se non siamo disposti ad essere oggetto di compassione e a ricevere perdono per i nostri peccati.
Non sappiamo realmente perdonare se non conosciamo che cosa sia essere perdonati. Dovremmo dunque essere contenti che i nostri fratelli ci possano perdonare. È il perdono scambievole che rende manifesto nella nostra vita l’amore che Gesù ha per noi, perché nel perdonarci a vicenda ci comportiamo nei confronti degli altri così come Gesù fa con noi. (Th. Merton, Pensieri nella solitudine, pp. 29-30)

In questa quinta domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta l’episodio della donna adultera (cfr Gv 8,1-11), che Gesù salva dalla condanna a morte. Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di misericordia, che invitano alla conversione. “Neanche io ti condanno: va e d’ora in poi non peccare più!” (v. 11). Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito. “Grande è la misericordia del Signore”, dice il Salmo.
In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza … Ricordiamo il profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fossero rossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la neve. E’ bello, quello della misericordia! Ricordo, appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare, a quella Messa. E quasi alla fine della Messa mi sono alzato, perché dovevo amministrare una cresima. E’ venuta da me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto: sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”, perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore verso la misericordia di Dio. Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il problema è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti. Invochiamo l’intercessione della Madonna che ha avuto tra le sue braccia la Misericordia di Dio fatta uomo. (Papa Francesco, Angelus del 17 marzo 2013)

FONTE:http://www.figliedellachiesa.org/

Commenti

Post più popolari