fr. Massimo Rossi, " e d’ora in poi non peccare più.”


V DOMENICA DI QUARESIMA – 13 marzo 2016
Is 43,16-21; Sal 125/126; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
Dio di bontà, che rinnovi in Cristo tutte le cose, davanti a te sta la nostra miseria: tu che hai mandato
il tuo Figlio unigenito non per condannare, ma per salvare il mondo, perdona ogni nostra colpa e fa’ che rifiorisca nel nostro cuore il canto della gratitudine e della gloria.
“Non ricordate più le cose passate.  Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia…”
“Donna, io non ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più.”
Vi siete mai chiesti perché il Vangelo dell’adultera, la famosa pagina di Giovanni, è stato abbinato all’altrettanto famosa pagina di Isaia appena ascoltata?
Il profeta scrive agli Ebrei deportati in Babilonia, e parla di un fatto che sta per accadere, un fatto talmente nuovo, talmente inusitato… come l’acqua che scorre copiosa nella steppa, e chi l’ha mai vista? …come una strada aperta tra le dune sabbiose del deserto, e chi l’ha mai vista?
Che relazione c’è tra una novità esagerata come quella annunciata da Isaia e la storia di un adulterio?  Nostro malgrado, l’adulterio è tutt’altro che una novità!...
Ci si incontra in ufficio, magari a una festa, al supermercato, per caso, si fanno quattro parole, così, senza secondi fini… magari un caffé al bar… un pranzo veloce prima di rientrare in ufficio… un cinema:  perché no? è forse un peccato andare al cinema insieme?  Certo, a mia moglie, non glielo dico, e perché dovrei?  mica la tradisco, se per una sera vado al cinema, o a ballare con la collega! La mia coscienza è tranquilla. Poi, un paio di sms (al giorno), un selfie, qualche twittata innocente…  idea sconvenientissima!!!  il telefonino lasciato incustodito è una tentazione quasi irresistibile di curiosarci dentro, e scoprire le tresche del partner.
E poi… dagli argomenti di conversazione passiamo ad altri argomenti: si comincia a parlare di noi:  non di me e di mia moglie, ma di me e della mia collega. E non parliamo soltanto… Così, senza neanche renderci conto ci scappa il bacio…  un passo fatale, da cui non si torna più indietro, quel passo di troppo, che fa la differenza tra la fedeltà e l’adulterio. Beh, forse, ce n’erano già stati prima di passi falsi: più o meno consapevolmente, spostiamo il confine tra lecito, sconveniente e colpevole …fino a non capire più che cosa sia consentito e cosa no.
A quel punto abbiamo già tradito nostra moglie, i nostri figli, e pure noi stessi…
Ho immaginato e descritto un caso di adulterio maschile, per ricordare ai signori uomini che la vicenda raccontata nel Vangelo può anche essere declinata al maschile.  Chissà perché nella nostra società moderna ed emancipata, l’adulterio della donna è ancora ritenuto socialmente più riprovevole di quello del marito, quasi che quest’ultimo fosse meno grave.  In certi paesi, le donne sorprese in adulterio vengono ancora linciate pubblicamente:  di quello degli uomini, invece, non si parla.  È probabile che fosse così anche ai tempi di Gesù. Il maschilismo era un aspetto profondamente radicato nella società e nella cultura, riconosciuto e accettato da entrambi i sessi, consacrato addirittura dalla Legge di Mosè e, secoli dopo, dalla teologia di san Paolo…
Allora, dove sta tutta sta novità?
La novità è l’atteggiamento di Gesù!  “Donna, io non ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più.”. Dove si è mai sentito che un crimine così grave come l’adulterio non venisse condannato?
Si può discutere sull’entità della condanna, sul ‘quanto’, ma non sul ‘se’!
E invece il Signore pone la questione:  condannare, o non condannare?
L’evangelista Luca, riporta le parole del Signore, a margine delle Beatitudini: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.  Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio.” (7,36-38).
A proposito di misura, il Vangelo di oggi insinua il sospetto che coloro i quali si ergono a giudici del caso, non siano proprio degli stinchi di santo. Tant’è vero che, posate a terra le pietre, se ne andarono tutti, dal più vecchio al più giovane…  tutti adulteri impuniti? beh, non esageriamo, adesso!  Però, certo, la loro coscienza non era del tutto limpida.
Condannare un peccato altrui, è una tentazione quasi irresistibile, specie se si tratta di un atto grave.  E poi, far valere il male che c’è negli altri ci distrae dal male che c’è in noi;  e questo è un comodo escamotage per sfuggire ai morsi della coscienza.  Dice il proverbio: “Mal comune mezzo gaudio!”.  Se poi il male che vediamo fuori è peggiore di quello che portiamo dentro, il mezzo gaudio diventa gaudio intero!...
Pensate a quanto il mondo sarebbe migliore, se ciascuno si facesse i fatti suoi!
Mi spiego: il Vangelo di oggi ci insegna che, prima di giudicare gli altri, dobbiamo fare un bell’esame, onesto e sincero sul nostro modo di vivere i due comandamenti:
-         amerai il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima etc. etc.
-         amerai il tuo prossimo come ami te stesso
Sempre commentando le Beatitudini – stavolta siamo nel Vangelo di Matteo – Gesù dichiara: “Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?  O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave?  Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.” (7,3-5).
L’adulterio non è proprio una pagliuzza… tuttavia il principio è valido, a prescindere dalla gravità.  L’apostolo Giacomo rincara la dose e allarga il discorso, dalla denuncia del peccato altrui, alla perniciosa abitudine di sparlare: “Non sparlare gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge.  E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica.  Ora uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare o rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?” (4,11-12).
La nostra riflessione può ulteriormente dilatarsi, ai cosiddetti paladini della morale, strenui difensori di principi civili e religiosi, i quali, guarda guarda, sono spesso i primi ad averli violati e più di una volta.  Non voglio fare nomi, li conosciamo bene, appaiono in TV ogni due per tre…
Ebbene, riguardo a questi esemplari tutori della moralità altrui, il Maestro di Nazareth avrebbe qualcosina da dire:  “Quanto vi dicono i farisei, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.  Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.  Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini (…).” (Mt 23,3-5).
Vedete, nel Vangelo ce n’è per tutti!  Nessuno di noi ha il diritto di gettare la pietra, per primo, e neppure per secondo, o per ultimo…  Torniamocene a casa a lavarci i panni va’, che è meglio!

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