Michele Antonio Corona "La parabola della Parola nella Veglia Pasquale"

La parabola della Parola nella Veglia Pasquale
Michele Antonio Corona
Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno C) (27/03/2016)
Vangelo: Lc 24,1-12 
Introduzione
Nella liturgia della Parola della Veglia pasquale si delinea la storia della salvezza, focalizzando
diversi significativi interventi di Dio nella vita del popolo ebraico e nella vicenda personale di alcuni personaggi: Abramo, Mosè, Isaia, Paolo, Pietro e le donne. Le varie letture, legate dal filo della Parola, mostrano il tenace e paziente accompagnamento di Dio.
1° lettura (Gen 1)
Il testo di natura sapienziale e non cronachistica fotografa la fede di Israele nel Dio che ha creato tutte le cose attraverso la Parola. Il "dire" di Dio è buono, e quando si riferisce all'uomo è "molto buono". In altre parole, Dio crea e ricrea continuamente tutte le cose a partire dal suo "bene-dire". Niente può essere sottratto dalla benedizione di Dio. In questo flusso di parola che dice bene si pone anche il salmo connesso alla lettura che magnifica l'opera di Dio con una ulteriore benedizione: "Benedici il Signore, anima mia".
2° lettura (Gen 22)
La prova a cui è sottoposto Abramo non ci può tenere col fiato sospeso, come se noi non sapessimo fin dal primo versetto che Dio non vuole in nessun modo la morte di Isacco, ma cerca di svegliare Abramo dal torpore di una religiosità di scambio. Abramo è pronto a rispondere a Dio, ma deve imparare che questi non vuole la morte dell'uomo (anche nell'ottica del sacrificio), bensì vuole dargli vita. Per questo il brano termina con il rinnovamento della "benedizione" di Abramo e di tutte le genti della terra.
3° lettura (Es 14)
Questo racconto è il perno centrale delle letture dell'AT per la liturgia di veglia. Oltre al ricordo della Pasqua ebraica, si celebra l'intervento liberatore e gratuito di Dio verso un popolo di schiavi. L'oppressione non è certamente solo quella fisica, ma si riferisce ad ogni tipo di schiavitù umana, sociale, spirituale, relazionale, fraterna. Il passaggio dalla schiavitù alla libertà richiede anche la presa di responsabilità di una liberazione ricevuta e da donare agli altri. Il salmo responsoriale è la lode al Dio che ha trionfato e riversa questa vittoria sul popolo. Una vittoria che è passata misteriosamente attraverso la morte degli Egiziani e, soprattutto, il mutamento della mentalità servile del popolo. "Non più servi, ma amici"... ci ricorderà Gesù!
4° lettura (Is 55)
Il grido accorato del profeta è rivolto a tutti coloro che cercano Dio senza confusamente e senza ordine. Il Dio di Israele non si nasconde, non sfugge, non si rinchiude nel suo cielo, ma "è vicino e si fa trovare". Occorre essere pronti al suo passaggio, comprendere il suo modo paradossale e salvifico di manifestarsi ("le mie vie non sono le vostre vie"), sintonizzare la propria fede con il cuore del Dio che "largamente perdona". "Lodate, cantate, proclamate, invocate" sono tutte azioni di parola che il credente è chiamato a coniugare per riconoscere l'azione di Dio nella vita concreta. Solo chi ha sete si attiva per cercare l'acqua, solo chi scopre di aver bisogno di Dio esce da se stesso, solamente chi individua la vera "sorgente di salvezza" ha il coraggio di chiedere la possibilità di attingervi in modo costante e abbondante (come la Samaritana nel vangelo di Giovanni).
Epistola (Rm 6)
Dopo il lungo e articolato percorso tra le letture dell'AT la liturgia della Parola ci immette nel NT attraverso lo splendido brano della lettera ai Romani. L'intera lettera è una riflessione profonda sullo statuto del battezzato a partire dalla morte e risurrezione di Cristo. Per Paolo l'unico fondamento della fede credente è essere immersi nella morte e risurrezione di Gesù Cristo. La gratuità della salvezza, l'iniziativa della grazia, l'evento concreto del dono di vita operato sulla croce e della vita nuova nel sabato di Pasqua sono gli unici pilastri per la vita del battezzato. Infatti, nel battesimo si muore con Cristo e nel battesimo si risorge con lui. La stessa liturgia del battesimo, soprattutto quella operata nella vasca battesimale dalla chiesa primitiva, evidenziava il passaggio dalla morte alla vita. Il paradosso cristiano è la necessità di passare attraverso la morte per ottenere la vita. Non esistono scappatoie o percorsi alternativi. La morte (terribile e drammatica) è stata vissuta da Cristo come "porta verso la risurrezione". Il salmo 117 è un inno alla vita e all'opera meravigliosa di Dio a partire dalla sua misericordia. "Non morirò, resterò in vita" non si riferisce alla morte fisica (attraverso cui tutti dobbiamo passare) ma rafforza la convinzione che Cristo con la morte e risurrezione ha "tolto il pungiglione mortifero" della morte, generata continuamente nel credente dal peccato e dalla lontananza da Dio. Si deve morire al peccato e non morire di peccato!
Vangelo (Lc 24)
Il racconto della risurrezione non ha nessun tratto miracolistico o di prodigio. Non è descritto come un "fenomeno da baraccone" o in modo che si potesse credere alla risurrezione per presa diretta. La pietra è rotolata, il corpo di Gesù assente. Le donne (testimoni non attendibili per la legislazione ebraica) sono le prime a ricevere un annuncio di parola centrato sul ricordo delle parole di Gesù. Ancora una volta è la parola il cuore della trasmissione di fede. Le donne ascoltano (nel senso più alto del termine biblico) e ri-cor-dano ciò che Gesù aveva predicato. La morte per crocifissione non è stato un triste intoppo al piano salvifico di Dio, ma è l'apice di un amore radicale ed esigente. Isacco non è stato ucciso, mentre il Figlio si è donato alla morte. Gli egiziani sono morti per la loro persecuzione al popolo eletto, mentre i crocifissori del Figlio hanno la possibilità di essere perdonati; gli apostoli e i discepoli che seguivano Gesù si sono dispersi impauriti, il Figlio invece ha percorso la via del Calvario con la decisione di chi da la vita per le persone che ama, anche quando lo tradiscono. Pietro corre al sepolcro e dopo aver avuto sfiducia nell'annuncio delle donne, si meraviglia per l'accaduto. La comunità cristiana dopo l'ascensione del Signore condivide la fede nella risurrezione sulla base della fiducia nella testimonianza fraterna. Nei versetti successivi a questo brano (lettura della messa vespertina) si legge l'episodio dei discepoli di Emmaus. Essi sono come il credente che non ha avuto modo di conoscere personalmente Gesù, non ha sentito l'annuncio diretto dei testimoni oculari, non è stato a contatto con la comunità primitiva. Perciò come fare? A chi credere? Come avvicinarsi a Gesù ed essere inserito nella sua salvezza? Parola e eucaristia: la riflessione cristiana sulle Scritture e la condivisione del pane. Spezzare il pane e offrirlo agli altri inteso come segno sacramentale del corpo e sangue di Cristo e come offerta del corpo e sangue della Chiesa, corpo stesso di Cristo e comunità di credenti.

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