P. Ermanno Rossi O.P.Commento:II Domenica PASQUA


P. Ermanno Rossi O.P.
II Domenica PASQUA – Anno C
(Gv 20,19-31)
I discepoli erano ancora impauriti e timorosi di possibili persecuzioni da parte dei giudei. L'annuncio
del sepolcro vuoto non era valso a sciogliere la loro paralisi psicologica. Si erano, perciò, sprangati in casa. All'improvviso, appare Gesù.
Per due volte egli saluta i suoi con la formula: “La pace sia con voi”[1]. Egli adempie, così la promessa fatta ai suoi nell'ultima cena: “Vi do la pace, non ve la do come il mondo la dà”.
Non c'è nessuna scena di riconciliazione con i discepoli che l'hanno vergognosamente rinnegato e sono fuggiti: tutto questo è sprofondato nella gran pace che offre loro.
Ciò che va rilevato nell’episodio - come fa Giovanni - è che il Cristo che appare e sta in mezzo ai discepoli è un essere reale; è il medesimo Gesù che fu inchiodato sulla croce. Per tal motivo egli mostra le mani e il fianco, i segni del suo martirio.
Ma il dono va assai più avanti; egli alita su di loro e dona lo Spirito della sua missione, in cui sono autorizzati a porgere, a loro volta, la pace loro donata: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi…”. Il dono di Gesù è dato perché sia comunicato.
Altro elemento di rilievo è che, la missione che egli assegna ai discepoli, è quanto di più universale si possa immaginare. Dove li manda? Non c'è indicazione di luogo o di tempo. Li manda ad ogni uomo d'ogni tempo e d’ogni continente.
A questo punto s’innesta l'episodio dell'apostolo Tommaso. Egli non era presente quando Gesù apparve. Allora gli altri gli annunciarono: “Abbiamo visto il Signore!”, che non significa soltanto che Gesù è risorto, ma che egli è ora il Signore vivo e presente nella comunità.
Tommaso non crede; pretende di costatare di persona; così Gesù appare una seconda volta.
Questa volta la professione di fede di Tommaso è piena, è straordinaria, è la più completa di quante ci sono trasmesse dai Vangeli. La più ardita affermazione del Prologo - “Il Verbo era Dio” - è divenuta espressione di fede dell'incredulo Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”[2].
Tommaso giunge alla fede: il suo è, dunque, un vedere capace di scendere in profondità. Egli vede il Cristo, le sue piaghe, l'uomo - e questo è l'oggetto dell'esperienza -; ma crede che è Dio: e questo è l'oggetto della fede.
Ciò nonostante, c'è ancora - nella sua esperienza di fede - qualcosa che deve essere purificato: la sua pretesa di vedere, di toccare, di costatare. Così Tommaso è rimproverato dolcemente da Gesù, perché avrebbe dovuto credere fidandosi della testimonianza degli altri apostoli: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”, gli dice Gesù.
Credente è chi - superato il dubbio e la pretesa di vedere - accetta la testimonianza autorevole di chi ha veduto.
Nel tempo di Gesù esperienza e fede erano abbinate; ora - per noi che viviamo a duemila anni di distanza - la visione non deve essere pretesa; basta la testimonianza degli apostoli.
Certo, anche noi possiamo avere un’esperienza personale del Cristo risorto. Abbiamo, infatti, la possibilità - come gli apostoli - di sperimentarlo risorto tra noi, ogni qual volta siamo uniti nel suo nome, il che significa: se siamo concordi nella carità. È Lui stesso, infatti, che ci assicura che egli è “là dove due o tre sono uniti nel suo nome”.
Riguardo a questa presenza di Gesù tra i suoi, ecco cosa scrive il Card. Newman:
«Il Signore Gesù era con Giuseppe; era con Davide e, nei giorni della sua carne, era con gli apostoli: oggi è con noi nello Spirito. E, poiché lo Spirito divino supera immensamente la carne e il sangue, il Signore risorto e glorioso è molto più potente di quanto appariva sotto la figura di un servo; il Verbo eterno, che ha trasfigurato nello Spirito la propria umanità - può donarci virtù, grazia, benedizione e vita più abbondante di quando era nascosto sotto questa umanità, e sottoposto alla tentazione e alla sofferenza; la fede è più benedetta della visione; e noi siamo oggi più degni d'esser chiamati re o sacerdoti, di Dio e del Padre suo, dei discepoli stessi che vedevano e toccavano Gesù».

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