CHARLES DE FOUCAULD"Vi do un comandamento nuovo: amarvi gli uni gli altri, come io vi ho amato

CHARLES DE FOUCAULD: COMMENTI AL VANGELO DI GIOVANNI
V DOMENICA DI PASQUA – ANNO C
MEDITAZIONE NUM. 482
GV 13, 31-33a.34-35
«; amarvi

così gli uni gli altri. È da questo che si riconoscerà che siete miei discepoli, se vi amate gli
uni gli altri».
Come sei buono, mio Dio, più la tua fine si avvicina, più raddoppi in tenerezza!… Sembra
che in questi ultimi momenti, tu voglia trarre tutti a te, non solamente con il sacrificio
supremo della tua croce, non solamente con il dono supremo della santa Eucaristia, ma
addirittura con la tenerezza suprema delle tue ultime parole: «Miei piccoli figli» – figlioli –
«miei amici»… «Il discepolo che Gesù amava» appoggiato sul suo cuore, quale scena di
tenerezza infinita che precede di un’ora soltanto gli orrori del Getsemani!… Più che mai hai
a cuore «di accendere sulla terra», che stai per lasciare, il fuoco dell’amore di Dio e
dell’amore del prossimo. È ciò a cui tende questo ultimo discorso come tutti gli altri… Ci
trai al tuo amore sia con il dono di tutto te stesso, che ci hai appena fatto nella santa
Eucaristia, sia con la tenerezza infinita dei tuoi ultimi colloqui, sia con l’appello
all’obbedienza a Dio tante volte ripetuto in questo discorso dopo la Cena, sia con l’appello
alla tua imitazione che pure lo contiene, sia con l’appello al sacrificio che ci fai,
mostrandoci che è così che glorifichi particolarmente tuo Padre, e di conseguenza che anche
noi glorificheremo Dio: «Ora il Figlio dell’Uomo è glorificato, e Dio è glorificato in lui»,
esclama nel momento in cui Giuda esce per consegnarlo… Ci trai all’amore del prossimo,
sia con il tuo esempio, tu che ci mostri che ami tanto gli uomini da donare e consegnare a
ciascuno di loro, con pieno godimento, per riceverli nel loro corpo, il tuo corpo e la tua
anima interamente,… sia con le tue parole, tu che non cessi di ripeterci in questo ultimo
discorso «Amatevi gli uni gli altri… Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato… fino a
dare la vostra vita per il vostro prossimo, come lo sto per fare io stesso… È da questo che si
riconoscerà che siete miei discepoli». Non solamente ci ripeti e ci ripeti queste parole, ma le
dici con una solennità che non dai forse a nessun’altra: «Ecco che vi do un comandamento
nuovo». È come il comandamento distintivo del Nuovo Testamento che stabilisci in questa
notte suprema: «È da questo che si riconoscerà che siete miei discepoli». È come il tuo
testamento, è la tua raccomandazione suprema: è un nuovo comandamento, non nuovo nel
profondo, ma nuovo per l’insistenza con la quale lo raccomandi, nuovo per l’estensione che
gli dai: «amare gli uomini come tu li hai amati», nuovo per l’importanza che gli dai: «Si
riconoscerà da questo che siete miei discepoli», nuovo per la solennità con la quale lo
stabilisci, facendo di esso il tuo testamento supremo, l’espressione della tua ultima
raccomandazione, in questa notte funebre.
Amiamo Dio che ci ama fino a donarsi, affidarsi, consegnarsi, abbandonarsi a noi
totalmente, donandoci il suo corpo e la sua anima per possederli pienamente, unirli al nostro
corpo e alla nostra anima, averli in noi in un possesso perfetto… Che ci ama fino a versare
per noi il suo sangue al Getsemani, sulla via dolorosa, al pretorio, al Calvario, e a soffrire
tanto nella sua anima e nel suo corpo… Che ci ama fino a dircelo e dichiararcelo con
termini di una dolcezza infinita… Che ci ama fino a dimenticarsi tanto di se stesso, persino
in queste ore estreme e consacrarle interamente alla santificazione e alla consolazione delle
nostre anime… Amiamo il prossimo poiché Dio lo ama a tal punto che ci dice che è
dall’amore che avremo per lui, che si riconoscerà che siamo suoi discepoli… Amiamolo per
obbedienza al comandamento così solenne e così insistente che ci fa... Amiamolo poiché è il
testamento supremo, la raccomandazione suprema che ci fa il nostro Beneamato alla vigilia
della sua morte… Amiamolo poiché ogni uomo è figlio beneamato di Dio, al quale Dio si
2
offre nella santa Comunione, al quale si offre nel cielo, chiamandolo, per il quale Dio versa
il suo sangue sul calvario, del quale Dio dice che «tutto ciò che si fa a lui, lo si fa a lui
stesso» (Mt 25), che costituisce «membro del suo corpo» e così qualche cosa di lui stesso 1

Fonte :discepoledelvangelo
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