P. Ermanno Rossi O.P.,"Domenica del Buon Pastore "

IV Domenica PASQUA – Anno C
(Gv 10,27-30)
Domenica del Buon Pastore
«“Io do loro la vita eterna“. Il Vangelo della domenica del Buon Pastore contiene una smisurata
speranza, si potrebbe dire: una speranza che sorpassa ogni previsione. Alle pecore di Gesù, che egli conosce e che lo seguono, viene - con triplice ripetizione - promessa la loro definitiva appartenenza a lui e al Padre. E questo perché esse ora, già in anticipo, hanno in dono la vita eterna. Giacché ciò che Gesù quaggiù ci dona con la sua vita, la sua passione, la sua risurrezione, la sua chiesa e i suoi sacramenti è già vita eterna. Chi la riceve e non la rifiuta non può mai più “perdersi”, “nessuno può rapirle dalla mia mano”; e non basta ancora: nessuno le può rapire dalle mani di Dio Padre di cui Gesù dice che è più grande di lui (perché è la sua origine) e tuttavia egli, il Figlio, è una cosa sola con il Padre più grande»[3].
Gesù è straordinario! E' immerso in un clima che non è di questo mondo: nel clima dell'amore infinito. Non si ferma davanti a nessuna miseria, a nessuna chiusura; non suppone la bontà, ma la crea. Ed ecco il suo rapporto con i suoi, con “le sue pecore”:
“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”.
Gesù conosce le sue pecore. Chi sono? Tutti noi, se noi lo seguiamo. Egli ci conosce per nome. Questo significa che ci ama, ci segue. Egli dona la vita per noi. Come non avere una fiducia immensa in Lui? Chi ci potrà separare dall'amore di Cristo? si chiede Paolo. E risponde: né la vita né la morte, né l'inferno…
“Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano”.
Non so che impressione abbiano prodotto, negli ascoltatori, queste parole di Gesù. Sono incredibili: divine, non umane. Nessun uomo può parlare così.
“Io do loro la vita eterna”.
Solo Dio può dare la vita eterna. Gesù ce la dà. Dunque, non solo c'è in lui un amore che non ha l'eguale - teniamo presente che parlava ad una folla tra cui erano mescolate anche persone mal disposte, che cercavano di farlo cadere in un tranello per accusarlo e farlo fuori -: in Lui c'è la divinità. Io capisco, perciò, il disorientamento di chi lo ascoltava. Ciò che avveniva sotto i loro occhi, e che le loro orecchie percepivano, era l'irrompere diretto di Dio nella storia umana. Occorreva, perciò, una grazia eccezionale per percepire il divino e non rimanere scandalizzati.
“… e non andranno mai perdute…”.
Basta che noi lo vogliamo, e saremo eternamente nelle mani onnipotenti di Dio. Potranno essere distrutti il cielo e la terra - e lo saranno, perché un giorno avremo cieli nuovi e terre nuove - ma nessuno potrà strapparci dalle mani di colui che ha dato la vita per noi, per me.
“Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalle mani del Padre mio”.
Solo noi potremo svincolarci dalle mani di questo Padre, e solo se noi lo vorremo. Egli, infatti, non ci costringe, pur amandoci infinitamente. Come il Papà del figliol prodigo, Egli rispetta la nostra libertà, ci dà la nostra eredità affinché ne disponiamo come crediamo meglio; e, intanto, attende, pur nella sofferenza, che, - dopo aver sperperato tutto il nostro patrimonio - ci rivolgiamo a lui. Allora sarà sua gioia il riabbracciarci.
“Io e il Padre siamo una  cosa sola”.
Ecco l'unità della Trinità: due Persone, il Padre e il Figlio, unite dall'Amore che è lo Spirito di Dio, Dio anche Lui, Terza Persona della Trinità.
«Le pecore che sono custodite in questa unità tra Padre e Figlio, possiedono la vita eterna; nessun potere terreno potrà fare loro del male. Tuttavia non viene a ognuno promesso come a caso il cielo, ma a coloro che “ascoltano la mia voce” e “seguono” il Pastore. Una condizione piccola fino a sparire per una conseguenza infinita, immensamente grande. Qui bisogna citare la parole di S. Paolo: “Perché il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2 Cor 4,17)»[4].
«Sono una pecorella che, grazie a Dio, vede che l'erba fresca non le manca.
E neppure l'acqua da bere, grazie a Dio, quando ha sete. La mia anima è sulla buona strada.
Quella della giustizia a cui mi attira il profumo del tuo nome.
Se devo camminare un poco nelle ombre della morte, non fa nulla, poiché tu sei con me.
Che importa la tribolazione, accanto a questa tavola dove non hai dimenticato niente!
Accanto all'olio con cui mi hai unto, e al calice amaro che ti prego di non ritirare dalle mie labbra!
E accanto alla tua operosa misericordia, che non ha mai cessato di fare di me ciò che voleva!
Non desidero che di raggiungere la casa di mio Padre, dove mi sarà donata l'infinita immensità». (P. Claudel).

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