don Luciano Cantini "Testimoni per distacco"

Testimoni per distacco
don Luciano Cantini  
Ascensione del Signore (Anno C) (08/05/2016)
Vangelo: Lc 24,46-53
I modelli comportamentali della società sono costantemente in mutazione; oggi questi mutamenti si
sono fatti più rapidi e difficilmente è possibile definire un senso etico comune, dunque del peccato. Il bisogno di misericordia è percepito fortemente soprattutto per uno stato diffuso di disagio mentre è più problematica l'individuazione del peccato personale, attutito dalla percezione di un male comune che finisce poi per essere un "mezzo gaudio". Si capisce bene il significato del perdono, un po' meno quello dei peccati che ormai hanno la caratteristica tale della eccezionalità da non toccare più quasi nessuno. L'effetto degli scandali, ingiustizie, poteri occulti, terrorismo, le iniquità più abiette rendono un'inezia il senso del peccato personale e l'influenza di questo nella società. La catechesi infantile non è cresciuta insieme alla persona e il modo di vedere la vita e le relazioni. Se non è percepita la malattia, neppure la guarigione è apprezzata.
La conversione
Anche l'idea di conversione ha la sua problematicità di comprensione; il disagio sociale d'oggi chiede un cambiamento di rotta, un cambiamento radicale per intraprendere vie nuove. Il cambiamento è visto come un atto unico, definitivo e risolutivo. La conversione, per il cristiano, è invece una esigenza permanente, non un fatto acquisito una volta per tutte che dia garanzia in modo definitivo La conversione chiede movimento, da una parte l'abbandono e dall'altra una direzione. Se l'abbandono può avere chiare comprensioni in una cattiva condotta o una situazione negativa o un vuoto nell'esistenza, non sempre il Signore è la prospettiva vera che è posta davanti, magari lo è qualche forma di pratica religiosa. Non di rado chi ritiene essere un "convertito" cade in forme di fanatismo o integralismo. La verità è che non siamo mai arrivati e il cammino non è mai diritto, ci si converte e poi ancora e ancora finché è necessario, finché non è raggiunta la meta. Come Tommaso viviamo nel rischio costante di diventare increduli e credenti (Gv 20,27).
Ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore (Gl 2,13).
Di questo voi siete testimoni
Di cosa dobbiamo essere testimoni se non dell'amore misericordioso del Padre? del suo perdono, del mistero di morte e resurrezione! Annunciamo la tua morte o Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell'attesa della tua venuta, è l'espressione liturgica che riecheggia san Paolo: Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga (1Cor 11,26). Memori di ciò che nel passato è scritto nella storia (morte e resurrezione di Cristo), viviamo il tempo presente (annunciamo, proclamiamo, mangiamo) in una forte prospettiva di futuro (la sua venuta). La testimonianza è movimento della storia e nella storia, tutt'altro che rintanarsi nel chiuso di una comunità, nel privato di una casa o nell'abitudine di una pratica religiosa. Non dobbiamo essere chiusi, perché avremo la puzza delle cose chiuse. Mai! (Papa Francesco).
Si staccò da loro
Tutti le relazioni vanno vissute a partire e in vista dello staccarsi, dal cordone ombelicale fino alla morte.
Anche l'amore è in funzione del distacco anche se a noi pare indesiderato e impossibile; pensiamo ai genitori e figli e quanto sia negativo il prolungarsi di una relazione che non permetta ai figli di camminare da soli. Il distacco non è un calo di amore, che resta immutato, ma si trasforma, si definisce meglio, cresce: il distacco riconosce la piena libertà dell'altro.
Con il distaccarsi di Gesù non è tutto finito, anzi i discepoli sono spinti a crescere camminando con le loro gambe, incerte e fragili, capaci di moltiplicarsi nella dedizione, di continuare quel mistero di Incarnazione che il Verbo ha iniziato abitando in mezzo agli uomini. Questo impegno è più vero oggi che nei secoli passati perché i cristiani vivono, agiscono, testimoniano in un mondo che si ispira ad altri valori rispetto al Vangelo, divenuto egoista, poco tollerante, inaccogliente. La fede è diventata non comune, se ne mantiene i simboli ma per motivi altri rispetto ad una testimonianza di Fede che per molti ha la caratteristica della eccezionalità se non proprio della anormalità.
«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?» (At1,11) chiedono gli uomini in bianche vesti agli apostoli: oggi più che mai i cristiani sono chiamati a guardare la terra che abitano.


Fonte:qumran2.net

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