JUAN J. BARTOLOME sdb,Lectio Divina" Corpus Domini"

29 maggio 2016 | 9a Domenica: Corpus Domini - Anno C |
Lectio Divina: Lc 9,11b-17
Durante il suo ministero pubblico Gesù è stato, spesso, ospite e commensale: ha condiviso la fame
dell'uomo e la sua sete di stare insieme. Dando da mangiare alle folle che lo avevano ascoltato, ha moltiplicato il poco pane e ha saziato il bisogno di quanti hanno creduto in Lui. Prima di saziare la loro fame di pane, aveva colmato il loro bisogno di Dio; ha solo dato ascolto al bisogno di chi lo aveva ascoltato. Il miracolo è una conseguenza dell'ascolto della Parola. Ed è significativo che per operare il portento Gesù facesse ricorso all'aiuto, piccolo ma non insignificante, dei suoi discepoli; per aver messo a sua disposizione il poco che avevano, videro come Gesù riusciva a soddisfare una moltitudine.
I cristiani devono apprendere dai gesti che ripetono, se vogliono realizzare il mandato del loro Signore, poiché nell'Eucaristia dovranno ripetere il suo gesto di prendersi cura della fame degli uomini dividendo loro il pane di Dio che è Cristo Gesù; e nessuno, che si riconosce discepolo, ha poco da dare, poiché basterà che offra ciò che ha.
In quel tempo, 11 bGesús parlava alla folla del regno di Dio e guariva coloro che ne avevano bisogno.
12 Giunti a sera, i dodici vennero a lui e gli dissero:
"Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle fattorie dei dintorni a trovare cibo e alloggio, perché siamo allo scoperto".
13 Rispose: "Date loro voi stessi da mangiare".
Essi gli dissero:
"Noi non abbiamo altro che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo a comprare i viveri per tutta questa gente" [15 Poiché essi erano circa cinquemila uomini]
Gesù disse ai suoi discepoli: "Dite loro di mettersi in gruppi di cinquanta"
Lo fecero, e tutti si sistemarono.
16 Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione su di loro, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla gente. 17 Tutti mangiarono a sazietà, e raccolsero gli avanzi: dodici canestri.
1. LEGGERE: capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
Anche se il testo narra di un miracolo, il racconto è centrato su un dialogo tra Gesù e i suoi discepoli. Il miracolo avrà la folla come beneficiaria, ma questa non lo aveva chiesto: si era solo, innanzitutto, lasciata annunciare il Regno e si era fatta guarire da Gesù; poi sarà servita dai discepoli. Gesù soddisfa la fame solo di quanti hanno ascoltato il suo messaggio. E il pane che non era stato nemmeno desiderato, diventa puro dono, e in abbondanza.
Gesù mantiene l'iniziativa per tutto l'episodio, meno che all'inizio della conversazione con i suoi discepoli. Loro avrebbero voluto sbarazzarsi delle persone, una volta evangelizzate. E per una buona ragione: avevano cibo solo per loro. Avevano, sì, buoni sentimenti: avevano preso in considerazione la possibilità di acquistare per tante persone. Con quali soldi? Qui la loro obbedienza, più che la loro povertà, è il "supporto" del miracolo: più che mettere a disposizione quel poco che avevano, si sono messi loro a disposizione di Gesù e della folla. Senza questo cambiamento di atteggiamento non ci sarebbe stato alcun miracolo.
Il prodigio si accentua soltanto alla fine. Il cibo miracoloso è narrato come un pasto eucaristico. Per il narratore esiste un alimento che sazia veramente e non si può perdere: il pane benedetto da Gesù e distribuito dai suoi discepoli.
 2. MEDITARE: applicare alla vita quello che dice il testo!

Il mistero che oggi motiva la nostra festa è, senza dubbio, fondamentale per la nostra vita di fede. Come ogni mistero della fede, nasconde una straordinaria storia d'amore: Cristo Gesù non si limitò a dare la sua vita per noi, oltre ad aver vissuto in mezzo a noi; cercò, in più, il modo di rimanere, in sua assenza, in corpo e anima, a nostra disposizione. Solo un amore divino giunge ad essere così fantasioso! Solo la potenza di Dio può essere così onnipotente! Chi ci aveva amato tanto da dare la vita per noi, continua ad amarci tanto da rimanere a nostra disposizione; nel pane e nel vino eucaristico Cristo è a disposizione della nostra fame e del nostro bisogno.
Oggi, Corpus Domini, celebriamo e ringraziamo questa volontà di Gesù di fare l'impossibile - e questo è quello che ha fatto - riuscendo a diventare il nostro cibo normale, solo per esserci di aiuto e di sostegno nella vita quotidiana.
E' proprio questo sforzo di Gesù per soddisfare il nostro bisogno ciò che vuole oggi ricordare il Vangelo; moltiplicando pani e pesci, Gesù ha saziato il bisogno assillante di una folla che era venuta ad ascoltarlo, con grande stupore dei suoi discepoli. La scena continua ad essere significativa per noi: le persone che hanno ricevuto il pane erano andate da Gesù solo per soddisfare la loro fame di Dio; ascoltandolo parlare del Regno, avevano dimenticato la loro fame; e avevano ritardato di andare a mangiare, per sentire Gesù più a lungo. Coloro che lo accompagnavano lo fecero capire: né Gesù né la folla lo avevano notato; entrambi erano impegnati per Dio e per il suo regno. Gesù non ha seguito il consiglio dei suoi discepoli che lo spingevano a liberarsi da una folla senza alloggio e senza cibo; i discepoli, consapevoli della loro povertà, non sapevano cosa fare con così tante persone all'aperto con due pesci e cinque pani; non sapevano ancora che avere Gesù significa contare sui miracoli che si verificano solo per chi ama al di là di ogni immaginazione.
In questo caso, nel comportamento dei suoi protagonisti siamo coinvolti tutti. Rivediamo brevemente con quale di loro ci identifichiamo di più e capiremo cosa ci manca ancora perché la nostra pratica eucaristica finalmente sazi il nostro bisogno di Dio e il nostro bisogno di vita. Le persone erano andate per ascoltare Gesù e alcune più bisognose, a chiedere la guarigione; rimaste ad ascoltarlo parlare del Regno e vedendolo guarire i malati, hanno perso la cognizione del tempo e la sensazione della fame; sono stati i discepoli che, preoccupati dalla scarsità dei mezzi, hanno fatto prendere coscienza a Gesù della responsabilità che si sarebbero addossati. La folla, che si vide sorpresa per il miracolo, non aveva pensato a questo; con Gesù, che parlava loro di Dio e del suo regno, non poteva sentire il bisogno più vitale, la fame di pane; con Gesù, che curava quanti avevano bisogno di lui, non avevano bisogno di alloggio né di cibo.
Ma Gesù glielo ha dato: aveva fornito ciò che era più importante, Dio, ciò che era necessario, il suo regno; non li avrebbe lasciati soli, a cielo aperto, senza soddisfare almeno il loro bisogno di cibo. Per ottenere da Dio il miracolo minore, si deve avere il coraggio di desiderare da Lui il miracolo più grande: Gesù ha moltiplicato il pane per una folla che ha preferito restare affamata piuttosto che far a meno di Dio, che ha trascorso il suo tempo a farsi guarire dentro, prima di procurarsi il cibo. Non sappiamo ciò che ci stiamo perdendo, come stiamo perdendo tempo nel soddisfare i nostri piccoli bisogni, senza alimentare la nostra fame di Dio, il profondo e radicale bisogno di Lui e il sentirci curati e guariti da Lui. Chi è dedicato all'ascolto di Dio, come la folla, lasciando per dopo il proprio bisogno, si vedrà sorpreso dalla preoccupazione che avrà Dio di saziare la sua necessità. Occuparsi delle cose di Dio coinvolgerà Dio nelle nostre cose.
Le Eucaristie alle quali partecipiamo, non hanno l'effetto desiderato per noi, il miracolo che ci serve, perché siamo soliti mettere le nostre esigenze al di sopra della volontà di Dio; siamo tanto occupati per quello che ancora ci manca, che non facciamo altro che presentare a Dio le nostre carenze; e non gli lasciamo il tempo perché Lui si presenti come la risposta al nostro bisogno. Andare da Gesù, come la folla perché ci parli di Dio e ce lo renda vicino, è il modo più efficace per vedere saziato il nostro bisogno, senza averlo sentito e senza neanche averlo chiesto! Il pane moltiplicato, il proprio bisogno esaudito, lo ottiene gratis chi mette Dio e il suo regno prima della sua fame e della sua necessità; dimenticarlo ci sta condannando a non sperimentare oggi i grandi miracoli; mettendo la nostra fame, per quanto sia insopportabile, e queste nostre esigenze, per quanto insaziabili possano apparirci, al di sopra e davanti a Dio e del suo regno, veniamo privati del pane di Dio e della sua vita. Ritorniamo, come la folla, ad ascoltare Gesù e a stare attenti a ciò che ci insegna; e lui tornerà a sentire il nostro bisogno e a fare in modo di soddisfarlo. Un Dio tenuto in conto è un Dio attento.
Consideriamo logico il comportamento dei discepoli, allarmati per la situazione creata in un campo, alla fine della giornata, con risorse limitate e una folla che non aveva ancora mangiato. Non ci scandalizza la loro poca fede o il loro tentativo di sbarazzarsi di coloro che avevano bisogno del loro aiuto. Nel loro atteggiamento possiamo identificarci tutti noi discepoli di Gesù: la loro paura di dover intraprendere qualcosa con così poche risorse è una mancanza di fiducia nel Signore, in colui che avevano ascoltato allo stesso modo della folla. Loro pensavano di avere il sufficiente per se stessi e credevano di doversi liberare della necessità degli altri; la loro mancanza di generosità ha impedito loro di prevedere la generosità del loro maestro: non potevano aspettarsi un miracolo così grande, perché tanto grande era il loro egoismo così come la loro mancanza di cibo; siccome avevano pochi pani nella cesta, non poteva contenersi nel cuore il bisogno di una folla; sono diventati tirchi, perché si credevano poveri; ma più che poveri di beni, erano mancanti di fede. Come noi.
Moltiplicando le loro scorte, Gesù mostrò ai suoi discepoli che quelli che vivono con lui devono aprire la propria esistenza, per quanto povera, al bisogno degli altri; non si può vivere con Gesù e non struggersi dinanzi alla fame di tanta gente. Avevano visto come curava i malati e li guariva, come accostava gli emarginati e li restituiva alla società, come accoglieva i peccatori e li ridava a Dio; ma non avevano imparato la lezione; ancora pensavano che erano poco buoni per potersi dedicare a fare del bene agli altri, che avevano poche cose per far fronte a tanti bisogni: la loro poca fede non poteva moltiplicare i loro pochi beni. Pur potendo contare su Gesù, non aspettavano da lui alcun miracolo.
Serve poco, ed è solo un esempio, che i cristiani si comunichino con il Corpo di Cristo, che affoghino il loro bisogno di Dio nel ricevere il pane eucaristico, se diventano insensibili dinanzi al bisogno di pane che oggi hanno tanti uomini. Come i discepoli di Gesù, continuiamo a pensare che i nostri pani e i nostri pesci sono pochi per le nostre esigenze e così ci disinteressiamo di quanti, molti più numerosi di noi, non hanno altro che bisogno e una vita povera. Il discepolo di Gesù, sapendo che della sua fame, di Dio e di pane, se ne occupa già il suo Maestro, deve impegnarsi a soddisfare la fame degli altri. Solo così diventa efficace e affidabile la nostra ricezione del suo Corpo e della sua Vita: chi ha Dio per cibo, deve nutrire gli affamati. Dimenticarlo sarebbe disprezzare il corpo di Cristo che riceviamo. Né più né meno.

Juan J. BARTOLOME sdb
Fonte:  www.donbosco-torino.it

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