Monastero Domenicano Matris Domini, "Ragazzo, dico a te, alzati!"

Decima Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
Luca 7,11-17
Dal vangelo secondo Luca (7,11-17)
Ragazzo, dico a te, alzati!
11In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una
grande folla.
12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre
rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per
lei e le disse: "Non piangere!". 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Ragazzo,
dico a te, àlzati!". 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
16 Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi", e: "Dio ha visitato
il suo popolo". 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Collocazione del brano
Con le domeniche del tempo ordinario riprendiamo la lettura cursiva (salvo qualche salto) del vangelo di Luca. Il
brano proposto oggi si colloca nel capitolo 7, che presenta Gesù come potente anche in opere e non solo in
parole come lo si è visto nel capitolo precedente. Egli è il “più forte” annunciato da Giovanni, ma non solo: egli si
china sui più poveri, le persone più disprezzate, i peccatori. Il capitolo infatti si apre con due miracoli di Gesù: la
guarigione del servo del centurione (Lc 7,1-10) e la risurrezione del ragazzo di Nain, il nostro brano (7,11-17).
Queste due azioni servono a giustificare la risposta che Gesù darà nel brano seguente, dedicato al dubbio di
Giovanni Battista sulla vera natura di Gesù (Lc 7,18-23): “… i morti risorgono... e beato chi non si scandalizza di
me”. Il resto del capitolo è dedicato alle riflessioni sulla figura del Battista e della sua predicazione (Lc 7,24-35) e
si conclude con l’episodio della peccatrice che cosparge di profumo i piedi di Gesù seduto a tavola in casa di un
fariseo (Lc 7,36-50).
Questo episodio della risurrezione del ragazzo di Nain in particolare ci riporta alle risurrezioni operate da due
importanti profeti: Elia (1Re 17,17-24) ed Eliseo (2Re 4,32-37). Forte dunque è il raffronto tra Gesù ed Elia, non
tanto per dare fondamento alle previsioni apocalittiche che richiamavano in campo Elia prima della fine del
mondo, ma per sottolineare che Gesù come Elia è mandato da Dio, ma che è ben più forte del famoso profeta.
Un’altra sottolineatura che Luca compie è quella di presentarci Gesù come attento alle sofferenze del suo
popolo. Dio che è buono e misericordioso si china sull’uomo e si prende cura di lui.

Lectio
11In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Gesù si sta ancora muovendo in Galilea. Solo al capitolo 9,51 egli comincerà il suo viaggio verso Gerusalemme.
Gesù a Cafarnao ha compiuto la guarigione del servo del centurione ed ora si sposta a Nain, a circa 10 km da
Nazaret, vicino al confine meridionale della Galilea. Ha già riscosso un certo successo, perché una grande folla lo
segue.
12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre
rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Gesù incontra un corteo funebre. I morti venivano seppelliti al di fuori della città. Molta gente segue il corteo, la
stessa gente che rimarrà stupita dal miracolo compiuto da Gesù. L’attenzione però è rivolta alla donna e al suo
dramma. Non solo è vedova, ma porta alla sepoltura il suo unico figlio. Ella è rimasta così priva di qualsiasi
protezione e di sostegno economico.
13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: "Non piangere!".
Luca chiama Gesù con il titolo di Signore, quello che gli veniva dato dalla comunità cristiana primitiva. Questo
titolo viene utilizzato soprattutto per il Cristo risorto. Qui può forse indicare il fatto che Gesù è il Messia salvatore,
che si prende cura del suo popolo. Gesù si rivolge alla donna e viene preso da grande compassione. Questa è
l’unica volta che Luca attribuisce a Gesù questa emozione. Luca utilizza lo stesso verbo (splanchnizomai), che
deriva dal termine to splanchnon: gli organi interni, il cuore. Viene indicata qui la tenerezza di Dio nei confronti
del suo popolo (cf. Lc 1,78): il suo avere viscere di compassione. Il verbo viene utilizzato da Luca riferito ad altri
soggetti solo nella parabola del Buon Samaritano, che appunto si commuove alla vista dell’uomo mezzo morto
2
abbandonato lungo la strada (Lc 10,33), e in quella del Padre Misericordioso che si commuove al vedere il figlio
prodigo di ritorno (Lc 15,20). E’ interessante notare che si tratta di figure che in qualche modo si rifanno alla
capacità di amare propria di Dio.
14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Ragazzo, dico a te, àlzati!".
Senza aver paura contrarre una situazione di impurità (prevista dalle usanze ebraiche) Gesu tocca il cadavere,
entra in contatto con questa situazione di morte e di sofferenza. Il termine usato da Luca indica proprio la cassa
da morto chiusa, secondo l’usanza greca. E’ però più appropriato pensare che il ragazzo fosse semplicemente
adagiato su una barella secondo le consuetudini giudaica.
Gesù a differenza di Elia e di Eliseo non deve fare chissà quali gesti per riportare in vita il ragazzo: è sufficiente la
sua parola: ordina al ragazzo di alzarsi.
15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Il ragazzo si mette seduto e incomincia a parlare, due atteggiamenti che indicano il suo essere ritornato in vita.
Gesù poi lo restituisce alla madre, esprime ancora una volta la sua sollecitudine verso le difficoltà della donna
rimasta sola. Il termine lo restituì alla madre è lo stesso che si ritrova nel miracolo di Elia, quasi un termine
tecnico, dunque.
16 Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi", e: "Dio ha
visitato il suo popolo".
Questa reazione della folla è abituale nei racconti di Luca, che parla spesso del timore e della glorificazione di Dio
davanti a un fatto prodigioso compiuto da Gesù. Anche la folla riconosce che Gesù è un grande profeta, al pari di
Elia. Non solo, essi ripetono le parole che Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, pronunciò quando riebbe l’uso
della parola (Lc 1,68.78): Dio ha visitato il suo popolo. La presenza di Dio è in mezzo a noi e si fa sentire attraverso
i miracoli. Gesù è proprio il profeta di Israele.
17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
La fama di Gesù dunque diventa sempre più grande. Qui il nome Giudea è utilizzato come sinonimo di Palestina
(siamo infatti in Galilea). Gesù però varca anche le frontiere della sua nazione e arriverà anche ai discepoli di
Giovanni, che di fatto entreranno in scena nel brano seguente (ma questo episodio non farà parte della liturgia
di domenica prossima).
Meditatio
- Davanti a una mia impresa fallita, una situazione andata male, mi sono mai sentito/a come una madre
vedova che perde anche il suo unico figlio, l’unica sua speranza? Come mi sono comportato/a in quel
momento?
- Ho provato nelle difficoltà, a cercare di alzarmi, sulla parola di Gesù, come si è alzato il ragazzo che
era morto?
- Davanti a quali situazioni mi sono commosso/a profondamente? Quali gesti ho compiuto in tali
frangenti?
Preghiamo (Colletta della Decima Domenica del Tempo Ordinario – anno C)
O Dio, consolatore degli afflitti, tu illumini il mistero del dolore e della morte con la speranza che splende sul volto
del Cristo; fa’ che nelle prove del nostro cammino restiamo intimamente uniti alla passione del tuo Figlio, perché
si riveli in noi la potenza della sua risurrezione. Egli è Dio e vive…

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