Don Bruno FERRERO sdb"LA CROCE E' FIDUCIA ASSOLUTA IN DIO"

19 giugno 2016  |12a Domenica T. Ordinario - Anno C   |  Omelia
LA CROCE E' FIDUCIA ASSOLUTA IN DIO
Era un uomo povero e semplice. La sera, dopo una giornata di duro lavoro, rientrava in casa spossato
e pieno di malumore. Guardava con astio la gente che passava in automobile o quelli seduti ai tavolini dei bar.
"Quelli sì che stanno bene", brontolava l'uomo, pigiato nel tram, come un grappolo d'uva nel torchio. "Non sanno che cosa vuol dire tribolare... Tutto rose e fiori, per loro. Avessero la mia croce da portare!".
Il Signore aveva sempre ascoltato con molta pazienza i lamenti dell'uomo. E, una sera, lo aspettò sulla porta di casa.
"Ah, sei tu, Signore?", disse l'uomo, quando lo vide. "Non provare a rabbonirmi. Lo sai bene quant'è pesante la croce che mi hai imposto". L'uomo era più imbronciato che mai.
Il Signore gli sorrise bonariamente. "Vieni con me. Ti darò la possibilità di fare un'altra scelta", disse.
L'uomo si trovò all'improvviso dentro una enorme grotta azzurra. L'architettura era divina. Ed era piena di croci: piccole, grandi, tempestate di gemme, lisce, contorte.
"Sono le croci degli uomini", disse il Signore. "Scegline una". L'uomo buttò con la malagrazia la sua croce in un angolo e, fregandosi le mani, cominciò la cernita.
Provò una croce leggerina, ma era lunga e ingombrante. Si mise al collo una croce da vescovo, ma era incredibilmente pesante di responsabilità e di sacrificio. Un'altra, liscia e graziosa in apparenza, appena fu sulle spalle dell'uomo cominciò a pungere come se fosse piena di chiodi. Afferrò una croce d'argento, che mandava bagliori, ma si sentì invadere da una straziante sensazione di solitudine e di abbandono. La posò subito. Provò e riprovò, ma ogni croce aveva qualche difetto.
Finalmente, in un angolo semibuio, scovò una piccola croce, un po' logorata dall'uso. Non era troppo pesante, né troppo ingombrante. Sembrava fatta apposta per lui. L'uomo se la mise sulle spalle con aria trionfante. "Prendo questa!", esclamò. Ed uscì dalla grotta.
Il Signore gli rivolse il suo sguardo dolce dolce. E in quell'istante l'uomo si accorse che aveva ripreso proprio la sua vecchia croce: quella che aveva buttato via entrando nella grotta. E che portava da tutta la vita.

Un giorno, Gesù pronunciò una frase terribile, quella che abbiamo appena ascoltato :

"Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà". Parola del Signore.

"Se qualcuno vuol venire con me, smetta di pensare a se stesso, ma prenda ogni giorno la sua croce e mi segua".
A quei tempi, "portare la croce" era la cosa peggiore che poteva capitare ad un uomo. Chi portava la croce sapeva di andare incontro allo scherno, al dolore e ad una morte orribile.
Se un cittadino romano del tempo di Gesù vivesse oggi, proverebbe orrore nel vedere persone che portano croci al collo. La croce era il simbolo della pubblica infamia, della tortura e della morte. Era qualcosa di cui vergognarsi. Sarebbe come portare al collo una forca da impiccagione o una sedia elettrica ai nostri giorni.
La crocifissione era un metodo di esecuzione capitale che i romani avevano copiato dai fenici. La pratica ebraica era di uccidere i condannati a colpi di pietra. La crocifissione era il modo di morire più umiliante e degradante.

Perché dunque la croce è così importante per i cristiani?

Per i cristiani, spesso, seguire Gesù è una questione puramente personale: vincere i propri peccati, imparare a pregare e conoscere bene la Bibbia. Tutto questo è importante, ma c'è qualcosa di più. Ed è rappresentato proprio dalla croce di Gesù.

Perché la croce è la sfida di Gesù. La condanna a morte di Gesù non fu un tragico "errore" processuale. Gesù aveva fatto infuriare i suoi nemici con la sua determinazione a portare l'amore di Dio alla gente comune e persino alle categorie più disprezzate.
Gesù mise in pratica la bontà e la giustizia di Dio in una società malvagia e ingiusta, parlava del regno di Dio come alternativa al modo di vivere del resto del mondo.
Dichiarando di fronte al tribunale di essere Messia e Figlio di Dio, sapeva di essere condannato a morte, ma non tradì la missione che aveva ricevuto dal Padre.
I cristiani hanno il coraggio della verità. Sentono la necessità di lottare contro le ingiustizie e le violenze del mondo per edificare il regno di Dio. Non si nascondono, non hanno paura di affrontare la sofferenza e la persecuzione per vivere secondo il Vangelo di Gesù e non tradire la propria fede. Per questo sono fieri del loro distintivo: la croce.

Anche oggi i cristiani possono essere perseguitati.

Come la storia di Felicitas, un'ausiliaria tutsi della parrocchia cattolica di Gisengi, in Rwanda. All'epoca del genocidio ha accolto in casa degli hutu che rischiavano di essere massacrati dai tutsi. Suo fratello, un colonnello, l'ha avvertita che rischiava la vita.
Lei gli ha scritto:
"Fratello carissimo, ti ringrazio per il tuo aiuto, ma salvare la mia vita significherebbe abbandonare le quarantatre persone di cui sono responsabile. Scelgo, perciò, di morire con loro. Prega che possiamo giungere alla casa di Dio. Saluta la nostra anziana madre e nostro fratello. Pregherò per te quando sarò con Dio. Cerca di star bene. Grazie molte per aver pensato a me. Tua sorella, Felicitas Miyteggaeka".
Quando i soldati sono venuti a prendere lei e le persone che aveva protetto, ha detto: "E giunto il momento di dare testimonianza. Andiamo". Ha testimoniato la speranza di Cristo, il quale nella sua ultima notte ha incontrato la morte confidando nel Padre.

La croce è il simbolo della missione di Gesù. Ogni anno gli ebrei celebravano la Pasqua per ricordare il tempo in cui Dio aveva liberato il suo popolo dalla schiavitù. Al centro della celebrazione c'era il sacrificio dell'agnello pasquale.
Gesù fu crocifisso nell'ora in cui i sacerdoti ebrei immolavano a Dio il sacrificio pasquale.
Gesù è il vero "agnello pasquale" che apre agli uomini la via della salvezza, della liberazione dal peccato, della vita eterna. La crocifissione di Gesù è il sacrificio perfetto: l'evento più grande e incredibile dell'umanità. Ogni volta che andiamo da Dio e gli chiediamo di perdonare i nostri peccati, possiamo chiedere con fiducia, grazie al sacrificio di Gesù.

La croce è il segno dell'unica grande forza: l'amore. In Gesù non c'è mai stato mai nulla di male. Si consegna ai suoi carnefici e li perdona, non ha nessuna parola di condanna per coloro che lo coprono di oltraggi. Rende bene per male, risponde all'odio con l'amore. Non abbandona a se stessi gli uomini suoi fratelli, attua l'amore infinito di Dio per loro a prezzo della propria vita.
I cristiani amano come Gesù: spezzano il cerchio della violenza con il perdono, sanno rinunciare ai propri comodi e al successo per obbedire al comandamento dell'amore, per cooperare alla salvezza dei fratelli e aiutarli a vivere e sperare.
Coloro che amano come Gesù sono pronti a tutto, a donare quanto hanno di più prezioso. Davanti ad una croce, nel cuore degli uomini nasce una certezza: Dio è solo amore.

La croce è fiducia assoluta in Dio Padre. Gesù muore con la preghiera sulle labbra. Sa che Dio è Padre e crede con assoluta certezza che gli darà la vita oltre la morte. I cristiani non perdono la fede nella bontà di Dio anche quando la sofferenza bussa alla porta della loro vita. Non si ribellano, lottano per vincere il male, vanno incontro alla morte con la certezza che il Padre li accoglierà nelle sue braccia. L'ultima cosa che milioni di cristiani fanno nella loro vita terrena è baciare con fede un crocifisso.

La croce è la via della risurrezione. Sulla collina, la croce di Gesù si innalza come un albero sul quale sboccia l'amore di Dio, come un fiore nello splendore della primavera. Il frutto sarà la vita eterna. Perché la morte di Gesù ha sconfitto la morte.

Che cosa c'è di più bello allora, del "segno della croce"? Fin da piccoli, i cristiani imparano a tracciarlo sul proprio corpo e sulla propria anima. È il modo per esprimere tutto ciò in cui si crede e per dire a Gesù: "Vengo con te. Io vivo come te".

Possiamo terminare con la preghiera poco conosciuta di un grande poeta italiano,
Giuseppe Ungaretti:

Fa piaga nel Tuo cuore
la somma del dolore
che va spargendo sulla terra
l'uomo.
Il Tuo cuore è la sede appassionata
dell'amore non vano.
Cristo, pensoso palpito,
astro incarnato nell'umane tenebre,
fratello che t'immoli perennemente
per riedificare umanamente l'uomo,
Santo, Santo che soffri, maestro e fratello e Dio
che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
per liberare dalla morte i morti
e sorreggere noi infelici vivi.
D'un pianto solo mio
non piango più,
ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri.

Don Bruno FERRERO sdb
 Fonte:  www.donbosco-torino.it  

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