Don Gianni MAZZALI sdb"PECCATO E AMORE"

12 giugno 2016  |  11a Domenica T. Ordinario - Anno C   |   Omelia
PECCATO E AMORE
Mi capita di frequente, confessando le persone, di sentirmi dire: "Io, Padre, non ho ammazzato
nessuno, non ho peccati da confessare". Non vi nascondo di provare una certa irritazione interiore, la percezione netta che la confessione che sto ascoltando è più un atto formale, una cosa da sbrigare in fretta per convincersi o convincere che ci si è confessati. E' abbastanza scontato lamentarsi che oggi si sta perdendo il "senso del peccato". Certamente è così, ma la Parola oggi ci invita ad andare più a fondo, a scoprire le radici dell'incantesimo funesto del peccato: la lontananza da Dio, la confusione e il miraggio di tanti amori facili che ci impediscono di sperimentare l'"Amore", l'unico vero antidoto al peccato.

IL SENSO DEL PECCATO

Il successo e il potere hanno indubbiamente ammaliato il re Davide, che si sente forte e cade in balia dell'orgia più pericolosa: la convinzione di potersi permettere di tutto, di essere al di sopra di tutto e di tutti. Nel suo orgoglio Dio è molto lontano. Il duplice peccato di Davide è estremamente grave: si macchia di adulterio e di omicidio, sedotto dalla passione. In fondo si tratta del paradigma dei nostri peccati: c'è una seduzione che ci possiede e che ci domina e ci induce a pensare che nessuno ci può impedire di "fare le nostre esperienze" di "vivere senza remore e sensi di colpa la nostra vita". Noi ci sentiamo artefici liberi e nessuno deve limitare il campo della nostra esperienza. Davide incarna la nostra dipendenza dal male, che ci porta a fare le cose più turpi e vergognose in nome della libertà.
Da soli non riusciamo ad uscire dal vortice del peccato che ci ha ingoiati. Abbiamo bisogno di qualcuno che purifichi la nostra consapevolezza, che ci induca a renderci conto in che situazione stiamo vivendo. Natan non usa mezzi termini con Davide: lo riporta alla realtà vera che sola lo può liberare dallo stordimento del suo orgoglio. E gli ricorda tutto ciò che Dio ha fatto per lui, soprattutto rinfaccia a Davide il suo disprezzo. La benevolenza di Dio è stata ripagata da Davide con il disprezzo: "Perché tu hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi?".
La nozione di Dio, della nostra dipendenza da Lui, ci consente di essere consapevoli dei peccati che commettiamo, delle radici e del significato del male che agisce in noi. Il grande pericolo oggi, il rischio che molti di noi corrono, è quello di rimanere "soli" con il nostro peccato e quindi o di disconoscerlo o di esserne sopraffatti. Abbiamo bisogno, come Davide, di qualcuno che ci aiuti a rendercene conto, ad ammettere, senza inutili scuse, il male che abbiamo commesso e a dire, senza giri di parole: "Ho peccato contro il Signore!".
L'ammissione genuina della nostra colpa è l'antidoto più efficace contro il disprezzo, la libertà impazzita, l'orgoglio che ci ha posseduti: " Signore della mia vita, riconosco che il mio io mi ha stregato ed ora mi sento perso, solo, schiavo. Ho bisogno di te, di un Salvatore, di un Liberatore".

LACRIME E BACI DI AMORE

Lo sbocco delle nostre tristi esperienze di peccato è descritto nella sublime pagina del Vangelo di Luca. Credo colpisca chi legge con attenzione il brano il fatto che la donna non ha nome, viene detta peccatrice secondo l'opinione della gente, e non dice una parola. La sua partecipazione, il suo protagonismo vengono scolpiti dal suo atteggiamento, dai gesti che compie e dai sentimenti che esprime. E' difficile non essere catturati da questa presenza fatta di baci e di lacrime e dal profumo che avvolge tutto e tutti. Solo nell'amore si disintegra il peccato. Non ci sono ragionamenti. Il peccato si annulla nel silenzio eloquente dell'amore. La donna peccatrice prostrata a terra è l'icona del peccato sopraffatto dall'amore: "(…) sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato".

GESU' E' LA MIA LEGGE

Per un'altra strada e in un altro contesto Paolo ci fa riflettere che la persona di Gesù è la nostra luce, la nostra guida, la nostra legge: "Non vivo più io, ma Cristo vive in me". La diatriba tra la legge e la fede è il cuore della lettera ai Galati. Paolo vuole far capire che Gesù ha rivoluzionato il modo di rapportarsi a Dio: la legge è stata sostituita da una persona. La nuova legge è Cristo: (…) abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della legge".
La peccatrice ha incontrato Gesù, ha incontrato l'Amore, è stata giustificata dai suoi numerosi peccati, resa creatura nuova dalla sua fede e dal suo amore.

"L'unica grande rivoluzione
avvenuta nel nostro mondo occidentale
è quella di Cristo il quale dette all'uomo
la consapevolezza del Bene e del Male,
e quindi il senso del peccato e del rimorso.
In confronto a questa tutte le altre rivoluzioni,
compresa quella francese e quella russa, fanno ridere".

(Indro Montanelli)

Don Gianni MAZZALI sdb
  Fonte:  www.donbosco-torino.it

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