Don Gianni MAZZALI sdb"SEGNI DI UNA PRESENZA"

5 giugno 2016  |  10a Domenica T. Ordinario - Anno C   |   Omelia
SEGNI DI UNA PRESENZA
Quasi quotidianamente veniamo a contatto con la morte. E' davvero una esperienza universale, alla
quale nessuno si può sottrarre, anche i più indifferenti, i più distratti. E la morte ci interpella, ci provoca con i suoi perché, ci disorienta nelle nostre certezze, ci lascia nel dolore, a volte nella disperazione. Per molti è un enigma assurdo ed oscuro che non risparmia nessuno. La Parola di questa domenica è davvero uno squarcio di azzurro che ci consente di contemplare il cielo così spesso celato da nubi oscure e dense di tempesta. La morte non ci possiede per sempre. La vittoria di Gesù è anche la nostra vittoria. In Gesù la nostra fame di vita viene saziata per sempre.

"ALZATI!"

Anche Gesù nella sua esperienza umana incrocia la morte e ne viene provocato. Il Vangelo ci presenta un fatto di cronaca familiare, una devastante vicenda di morte: la sepoltura del figlio di una vedova. La morte ci sovrasta proprio perché non risponde mai alle nostre logiche e ci confonde quando vorremmo trovare una ragione, un perché. E Gesù prova compassione, "una grande compassione" dice il testo di Luca. Ci confronta l'atteggiamento di sincera ed affettuosa solidarietà di Gesù che si accosta al dolore della donna e quasi la accarezza con il suo invito: "Non piangere". Oggi si vive l'esperienza della morte con molti atteggiamenti, anche contrastanti. C'è chi vorrebbe esorcizzarla, bandirla, quasi non dovesse esistere. Qualcuno insensatamente sembra voler dire con la sua superficialità, con il suo disinteresse: "La morte è per gli altri, non mi riguarda". Altri vengono sopraffatti dalla morte di una persona cara, non riescono a farsene una ragione, vivono di malinconia e di amarezza. Gesù ci invita ad entrare e a partecipare alla realtà della morte, a sentire che ci appartiene, che non possiamo chiamarci fuori. In primo luogo da Gesù impariamo la compassione, la partecipazione sincera, delicata al dolore degli altri. L'esperienza universale della morte ci dovrebbe far sentire più vicini, più prossimi. A volte un doloroso e solidale silenzio comunica di più che molte parole formali e di circostanza.
Il seguito dell'episodio evangelico proclama nel gesto di Gesù la vittoria sulla morte: "Ragazzo, dico a te, alzati!". Il timore degli astanti esprime quanto sconvolgente sia la loro esperienza: hanno sentito con i loro orecchi una parola autorevole che ha ridonato la vita. Ed è una parola, quella di Gesù che è rivolta a tutti. Il mistero della morte si illumina, perde la sua agghiacciante ineluttabilità. Il Dio che Gesù ci rivela è lo stesso che è apparso a Mosè, nel roveto, il Dio dei viventi, non dei morti. Il nostro Dio è il Dio della vita.

UOMINI DI DIO

Anche Elia viene messo in difficoltà dalla morte del figlio di una vedova, sua benefattrice. Si sente smarrito di fronte alla disperata provocazione della donna e, quasi insensatamente ci verrebbe da dire, si porta via il figlio, si apparta e prega con una preghiera dura che sembra rinfacciare a Dio stesso una situazione di incomprensibile ed assurda ingiustizia. In qualche modo l'atteggiamento di Elia ci legittima quando ce la prendiamo con Dio, quando la nostra preghiera è piuttosto una denuncia, quando diamo la colpa a Dio per averci tolto una persona cara. Ma Elia ci insegna anche la pazienza, la sottomissione, la fiducia in Dio che è padrone della morte e della vita e grazie alla sua fede caparbia suscita l'intervento di Dio: "Guarda, tuo figlio vive!".
C'è una lezione da imparare in questo episodio così lontano nel tempo, ma così aderente alla nostra esperienza: la morte può rianimare in noi una fede fragile ed annebbiata. L'esperienza della morte ricompone in noi la dignità di "uomini di Dio", che rifiutano di vivere di parole e si lasciamo conquistare da una Parola che è verità: "Ora so veramente che sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità".

ANNUNCIARE GESU'

Leggeremo anche nelle prossime domeniche alcuni brani della lettera di Paolo ai Galati, un vero capolavoro sul tema della "libertà" che Cristo ci ha donato. Paolo ci parla di sé, della sua esperienza di Gesù che lo ha chiamato con la sua grazia ad essere suo testimone e servo del "Vangelo". Certo l'esperienza di Paolo è unica: tanto era accanito contro Gesù quanto ne è diventato apostolo tra i lontani, i pagani. Ammettiamo che è un'esperienza che ci coinvolge e che ci stimola ad essere annunciatori del Vangelo di Gesù, senza sconti, senza compromessi. Elia e Paolo si propongono alla nostra meditazione come modelli di fede e di abbandono alla grazia di Dio.

"Ci sono due modi di vivere la propria vita:
uno è vivere come se nulla fosse un miracolo,
e l'altro è vivere come se tutto fosse un miracolo"

(Albert Einstein)

Don Gianni MAZZALI sdb
 www.donbosco-torino.it

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