don Luciano Cantini,"Nel futuro la libertà"

Nel futuro la libertà
don Luciano Cantini  
XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/06/2016)
Vangelo: Lc 9,18-24 
Chi dicono che io sia?
Gesù è entrato nella storia dell'uomo per parlare all'uomo del suo tempo, perché la sua parola
seminata nel tempo ci raggiungesse ma riconoscerlo non è facile né immediato. Gesù non ha le caratteristiche che la tradizione popolare e l'organizzazione religiosa riserva all'immagine del Messia. Era talmente diverso da essere irriconoscibile; molti, come i discepoli di Giovanni (Lc 7,20), si sono domandati chi è quest'uomo: un bestemmiatore (Lc 5,21) che perdona i peccati (Lc 7,49) che comanda ai venti e all'acqua (Lc 8,25)...
Succede anche a noi oggi che abbiamo talmente idealizzato la figura del Signore da alterare la nostra relazione con lui.
Se cerchiamo di capire il senso della risposta dei discepoli alla domanda di Gesù, possiamo dire che la "diversità" del Signore è traguardata dalla folla che guarda al passato, a coloro che in qualche modo sono stati segno della parola di Dio tra gli uomini, personaggi conosciuti e in parte codificati da diventare stereotipi.
Dicono
C'è una sorta di sfasamento tra il tempo della Parola e quello dell'Ascolto che caratterizza tutta la storia della salvezza. L'uomo, distratto da tante parole, scopre che Dio gli ha parlato proprio rileggendo il passato. Il passato è momento fondamentale di ogni presente per aprirsi al futuro; per scoprire Dio all'opera è determinante la memoria. Il passato, però non torna indietro, non risuscita - non si rialza - come è stato affermato: uno degli antichi profeti che è risorto.
La risposta sembra delineare una certa nostalgia del passato che è di ogni tempo, anche il nostro. Ci sono sempre tentativi di far rivivere il passato, di attualizzarlo più nelle forme che nella sostanza, si pensi ai movimenti integralisti nell'ambito politico e sociale che si richiamano al fascismo o al nazismo, o in ambito religioso che rievocano riti e abiti del passato. Proprio nei periodi storici di crisi l'incapacità di leggere il presente favorisce una attenzione spropositata al passato. Non sono nostalgie totali, nessuno abbandonerebbe i benefici e le risorse di oggi, la tecnologia, il progresso della scienza: è la forma, più che la sostanza che attrae.
Il terzo giorno
Interpellati direttamente, Pietro risponde: «Il Cristo di Dio». Cristo (Messia, Unto) ha il significato di consacrato da Dio come re (cfr. 1sam 16,13), come sacerdote (cfr. Es. 29,4-7) o profeta (cfr.1 Re 19,16). È una visione del tutto parziale, trasmessa dalla tradizione, legata al potere tra gli uomini e alla gloria che ne deriva. Gesù accetta la risposta ma per non essere equivocato ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. Proprio per questo Gesù si pone nella prospettiva di futuro che non rispecchia l'idea corrente di Messia, ma si radica profondamente nel suo presente. Nella risposta delle folle e dei discepoli, Gesù legge l'immane distanza tra le aspettative ed il suo essere, ne comprende il rifiuto ad iniziare dall'autorità costituita fino ad arrivare alla condanna a morte. Ma il futuro a cui Gesù sta guardando è ancora più avanti per contemplare il terzo giorno. Il terzo giorno più che un valore temporale ha un significato teologico (cfr. Os 6,2), quello della Salvezza che giunge a compimento (cfr. Giona 2,1). Anche l'espressione egertenai tradotta con risorgere non è quella usata poco prima per i profeti risorti (anestè) e indica il destarsi al mattino di un giorno nuovo che si apre; il futuro che si spalanca davanti.
Se qualcuno vuole venire dietro a me
Nella prospettiva del futuro dobbiamo leggere l'invito di Gesù a seguirlo; è un invito improntato alla libertà, si apre con un Se ma contiene il più alto segno di libertà nel prendere la Croce come atto di amore senza misura che si fa carico della sofferenza e del peccato. Per il Cristo è un fatto necessario - Il Figlio dell'uomo deve, un dovere d'amore, il farsi carico del peccato dell'uomo. Per i suoi discepoli annunciare il Cristo non è proclamare una dottrina fatta di parole quanto impegnare la propria vita, anche a perderla se necessario, come Gesù che l'ha donata per poi ritrovarla nella risurrezione. Il fallimento fa parte del dono gratuito d'amore che è sempre un rischio, ma l'insuccesso non è la parola definitiva, la risurrezione del Figlio dell'Uomo sarà l'inizio della vera liberazione.

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