Don Severino GALLO sdb"DISCEPOLI DI UNA PERSONA"

3 luglio 2016 | 14a Domenica T. Ordinario- Anno C | Omelia
DISCEPOLI DI UNA PERSONA
VANGELO: "La vostra pace scenderà su di lui" (Lc. 10,1-12.17-209
Il Vangelo di questa Domenica descrive la seconda missione che Gesù affida ai discepoli.
Precedentemente Gesù aveva inviato gli Apostoli (Lc. 9,1-16). Questa seconda missione invece è legata alla testimonianza di settantadue discepoli.
La scelta del numero si riallaccia ai settantadue popoli dai quali è composta l'umanità secondo la tavola dei popoli contenuta nella Genesi (c.10).

San Luca ha voluto dunque sottolineare il carattere universale della missione salvifica di Gesù.
I discepoli sono presentati come messaggeri: essi infatti precedono Gesù (che "li manda a due a due davanti a sé")

Il motivo del loro invio è perché "la messe è molta, ma gli operai sono pochi".
L'atteggiamento che gli araldi devono assumere fa parte di una precisa consegna: essi devono essere miti, poveri, portatori di pace. Quando entreranno in una città dovranno testimoniare con l guarigioni che "il Regno di Dio è vicino".
San Luca ci descrive anche il ritorno dei discepoli. Di tutte le esperienze fatte durante il viaggio, i settantadue sottolineano soltanto un particolare: il potere sopra le forze demoniache. Perciò essi ritornano pieni di gioia.
Tuttavia non è di questo che i discepoli devono gioire, ma del fatto che "i loro nomi sono scritti nei cieli". Quello che conta cioè è l'essere inseriti nel piano della salvezza come membri del Regno.

"Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò..." (Lc. 10,1).

Si direbbe che il Divin Maestro organizzi, in piena regola, una strategia d'assalto, per la conquista dei popoli al regno di Dio. Manda dei battistrada davanti a sé a tastare il terreno, a prepararlo e, prima di recarsi lui stesso a completare l'opera, ascolta i resoconti dei suoi inviati.
Potrebbe sembrare un fatto contingente, una necessità d'ordine pratico, in un piano di evangelizzazione sistematica. E invece in questo gesto Gesù esprime una delle più impensabili caratteristiche della sua missione: il disegno, cioè, di salvare l'uomo mediante l'uomo.
Potremmo dire che è il proselitismo dell'incarnazione. E' Gesù uomo che continua, anche oggi, a parlare all'uomo con i suoi mezzi, con la sua voce, con il suo linguaggio, con la sua congenita limitatezza. Tutto il disegno della Chiesa risponde a questa decisione di Gesù di salvare l'uomo mediante l'uomo.

Oggi purtroppo scarseggia il numero di questi "inviati speciali", totalmente consacrati all'annuncio della Parola. Oggi nella Chiesa c'è crisi di "vocazioni". Ma non sarebbe più giusto dire: c'è crisi di RISPOSTA alla vocazione?

Ecco perché Gesù, anche oggi, ci invita a pregare il Padre, perché smuova la volontà di chi può rispondere all'invito a mettersi al servizio completo di Dio e delle anime.
Ricordiamoci però che essere discepoli di Gesù vuol dire anzitutto stabilire una perfetta comunione di vita con Lui.
Gesù non ha chiamato i discepoli innanzitutto per una semplice funzione, cioè per un aiuto nella predicazione dell'imminente regno di Dio: Gesù non ha voluto in primo luogo dei professionisti del Vangelo, ma delle persone disposte a donare totalmente la propria esistenza, vivendola con Lui: siamo chiamati a vivere con Gesù.

Marco lo dice chiaramente: "Chiamò a sé quelli che volle, ed essi andarono con lui" (Mc. 3,12). Vi è una chiamata che parte da Gesù e che arriva come Lui - nell'Ultima Cena - ad una totale consacrazione al Padre. Una chiamata che genera nel discepolo un senso unico della vita: il senso di Gesù, il consacrato al Padre.

"A chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna". Aderire a Gesù, significa necessariamente imitarlo, cioè accettare le idee conformi alla vita di Gesù, idee che diventano sempre più chiaramente idee di servizio, del dare la vita per gli altri sino alla passione e alla croce.
"Quanto a me non ci si altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo".
La comunione di vita con Gesù significa però essere co-i nviati e compartecipi: come il Padre ha invito Lui, così Egli manda i discepoli.

"Non portate bisaccia!". Quando vogliamo presentare la nostra fede alle anime, non portiamo le "valigie" degli argomenti prefabbricati, perché non servirà a nulla; né portiamo il "mantello" delle parole che non esprimono alcuna esperienza.

La comunicazione della fede non può avvenire solo in base alle ultime novità in materia di esegesi, attinte sulla rivista che ci è più simpatica, ma deve essere una preghiera meditata sulla realtà della nostra vita interiore, illuminata dal Magistero della Chiesa.
La condizione migliore indispensabile per essere e rimanere discepolo di Gesù è il desiderio di comunicare Lui, che possediamo dentro di noi.

Quando e perché si perde la fede, anche da parte di certi religiosi e sacerdoti? Certamente non per inavvertenza, come si dimentica un parapioggia, ma quando si perde la confidenza in Qualcuno, quando non si parla più di Lui, non si parla più con Lui.
Trasmettere la fede è come generare qualcuno alla vita: occorre grande amore e profondo spirito di sacrificio. Gesù non vuole dei propagandisti, ma degli Apostoli, che abbiano il cuore ripieno di Lui: la propaganda è totalmente inefficace, anzi può generare disprezzo.
Oggi si crede solo agli apostoli che portano le stimmate, come San Paolo. La croce amata e abbracciata per amore di Gesù è stata e rimane sempre il principio della salvezza. Il Venerdì Santo la Chiesa canta: "Adoriamo la tua croce, Signore (...), poiché solo dalla croce è entrata la gioia in tutto il mondo".


Il valore della croce per la promozione dell'uomo è stato fortemente avvertito da tutte le anime generose. Sentite, per esempio, che cosa scriveva

BOB KENNEDY, fratello del Presidente degli Stati Uniti, poco prima della sua morte:
"O Dio, io mi abbandono nelle tue mani. Gira e rigira quest'argilla, come creata nelle mani del vasaio. Donale una forma e poi spezzala se vuoi, come fu spezzata la vita di mio fratello John. Domanda, ordina cosa vuoi che io faccia. Innalzato, umiliato, perseguitato, incompreso, calunniato, sconsolato, sofferente, inutile a tutto, non mi resta che dire, ad imitazione di tua Madre: "Sia fatto di me secondo la tua parola".

"Dammi l'amore per eccellenza, l'amore della croce; non delle croci eroiche, che potrebbero nutrire l'amor proprio, ma di quelle croci volgari, che purtroppo porto con ripugnanza... di quelle che si incontrano ogni giorno nella contraddizione, nell'insuccesso, nei falsi giudizi, nella freddezza, nei rifiuti e nei disprezzi degli altri, nelle tenebre della mente e nel silenzio e aridità del cuore.
Allora solamente Tu saprai che ti amo, anche se non lo saprò io; ma questo mi basta".

Sono parole sincere, sgorgate dal cuore, come quelle di San Paolo.
Siamo capaci a farle nostre, e soprattutto a viverle realmente?
Cari Fratelli e Sorelle, ci aiuti la Madonna ad amare la croce e a portare in noi le stimmate di Gesù, per diventare credibili nel nostro apostolato.

Don Severino GALLO sdb
 Fonte:  www.donbosco-torino.it  

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