fr. Massimo Rossi, “Il Signore ha perdonato il tuo peccato: tu non morirai.”

XI DOMENICA PER ANNUM - 12 giugno 2016
2Sam 12,7-10.13; Sal 31/32; Gal 2,16.19-21; Lc 7,36-8,3
O Dio, che non ti stanchi mai di usarci misericordia, donaci un cuore penitente e fedele che sappia
corrispondere al tuo amore di Padre, perché diffondiamo lungo le strade del mondo il messaggio evangelico di riconciliazione e di pace.
“Questa vita che vivo nel corpo la vivo nella fede del Figlio di Dio che ha dato se stesso per me.”
“Le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato.  Colui al quale si perdona poco, ama poco.”
“Il Signore ha perdonato il tuo peccato:  tu non morirai.”: così risponde Dio al re Davide pentito.  Tuttavia, quando Davide concepisce il pensiero di edificare un Tempio, ma non un tempio qualsiasi…  il più grande tempio del mondo, il più ricco tempio del mondo, che sarebbe diventato il più famoso e ammirato tempio del mondo… Dio gli risponde: “Non sarai tu a edificarmi un tempio; perché troppe guerre hai combattuto e troppo sangue è stato versato durante il tuo regno.  Salomone, tuo figlio, lui mi costruirà un tempio. Tu accantonerai i materiali e gli darai le istruzioni necessarie, per realizzare un’opera che diventerà l’emblema di Israele, l’orgoglio degli israeliti e mio.”.
Il peccato lascia una traccia, un vulnus, nel profondo del nostro intimo:  non parlo dei sensi di colpa;  quelli ci sono sempre, ma sono di natura psicologica;  loro malgrado, certuni si trascinano i sensi di colpa per tutta la vita.  Contro i sensi di colpa, il sacramento della riconciliazione non può fare granché, anzi, non può fare nulla.
Quando parlo di vulnus, di traccia che il peccato lascia nella persona di colui/colei che lo ha commesso, intendo una situazione di globale fragilità causata appunto dal peccato.
È come se il peccato… anzi, no, niente ‘come se’… il peccato indebolisce l’intero edificio della persona: da quel momento la struttura non è più solida come prima; è più difficile resistere alla tentazione ed è più facile ricadere nel peccato.
Non dico che il peccato diventa inevitabile; dico che quella crepa, quel punto debole bisogna monitorarlo con grande cura.
Non sto parlando di peccati cosiddetti veniali… La colpa di Davide era gravissima!!
Per i pochi presenti che non conoscono la storia:  l’antenato glorioso del Messia, il santo re Davide, da donnaiolo impenitente qual’era, aveva messo incinta la moglie di un suo soldato, Uria l’hittita, approfittando dell’assenza di lui;  Davide aveva tentato di far passare quel bambino per il figlio di Uria, richiamandolo dalla guerra con una licenza premio, affinché l’uomo facesse con sua moglie quello che – si dice – fanno tutti  gli uomini di ritorno dalla guerra… Ma Uria no, quello era un hittita, e gli hittiti amano l’arte della guerra più della moglie, più dei figli… nessuna distrazione frivola, neppure per i doveri coniugali… L’unica soluzione rimasta era quella di eliminare il marito.  E Davide, al quale non mancava certo né la fantasia, né l’astuzia, aveva trovato un modo ‘pulito’ per sbarazzarsi del problema:  bastava ordinare al generale dell’esercito di farlo schierare là dove più ferveva la battaglia e far arretrare gli altri soldati, cosicché Uria rimanesse spacciato. E, tanto per aggiungere un ultimo particolare macabro, la lettera da consegnare al generale, che conteneva la sentenza di morte, Davide la affidò ad Uria in persona.
Ma si può essere più str…  più malvagi di così?
Il sacerdote e profeta Natan, consigliere di fiducia di Davide, rivelò al re che Dio era a conoscenza del suo delitto:  beh, non era necessario che glielo rivelasse Natan…   Dio vede tutto!
Nel racconto, Natan rappresenta la coscienza di Davide, che gli rimorde a tal punto da costringerlo a pentirsi e confessare il suo peccato.  Purtroppo c’era andata di mezzo la vita di un uomo e non si poteva riparare.
Al tempo stesso, il Re aveva potere di vita e di morte sui sudditi, sulle mogli, sui figli…
Non c’era un’autorità abilitata a giudicare un Re… l’istituto dell’impeachment è venuto dopo…
Ed ora veniamo alla vicenda raccontata nel Vangelo: in confronto al peccato di Davide, quello di Simone il fariseo appare del tutto irrilevante, almeno secondo il nostro modo di pensare…
E poi c’è la prostituta: quella sì che è una grande peccatrice!  Sciupauomini, rovinafamiglie, etc. etc.
MA… colpo di scena!
Con Gesù non si può mai star tranquilli: riesce sempre a ribaltare le sorti della partita.  Colui che sembrava il vincitore, il fariseo osservante, il pio israelita, stimato in società…  perde il match contro la prostituta, peccatrice seriale, rifiuto umano, istigatrice e complice di adultèri maritali…
Colpisce il fatto che la donna non dica neanche una parola; il suo comportamento parla da solo, rivelando un cuore contrito ed umiliato;  i gesti che compie sulla persona di Gesù, con discrezione, ma con singolare passione, rivelano che l’amore della donna per il Maestro non era neppure paragonabile al trasporto manifestato nei confronti dei clienti….
A questo proposito, mi piace ricordare un aneddoto che, il compianto Cardinale Michele Pellegrino, Arcivescovo di Torino, amava raccontare al termine del suo mandato di Pastore della Diocesi:  una sera fu invitato a cena da due prostitute che abitavano una soffitta del centro storico;  p.Pellegrino accettò volentieri l’invito; l’incontro si concluse in un modo che non saprei definire… tra l’imbarazzato e il comico: salutando il Cardinale, le due signore gli promisero che, da quella sera, oltre alla candela accesa tutti i giorni alla Madonna, affinché non facesse mancare il lavoro, ne avrebbero accesa una anche per lui, ogni sera.
Vi garantisco che  incontri come questo possono cambiare la vita di un prete! In meglio!!
Non capita spesso che un uomo di Dio rivolga parole di conforto e di misericordia a una persona che vive una condizione umana, ritenuta dai più gravemente immorale. Nella stragrande maggioranza dei casi, noi (preti) operiamo all’interno della Chiesa, con la gente che frequenta gli ambienti cattolici, che viene a Messa la domenica, o, come direbbe il Signore, con le novantanove pecore dell’ovile…   Invece, Papa Francesco, nella sua recente esortazione apostolica Amoris Lætitia, ci ricorda che Gesù è pastore di tutte 100 le pecore, e non permetterà che alcuna si perda.  Il Buon Pastore lascia le 99 al sicuro ed esce dall’ovile, a cercare quell’unica perduta;  trovatala, se la carica sulle spalle e, tutto contento, ritorna all’ovile e fa festa con gli amici.  San Luca conclude: “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.” (cfr. Lc 15,4-7).
È parola del Signore.

Fonte:paroledicarne.it

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