Michele Antonio Corona "Inviati"

 Commento su Luca 10,1-12.17-20
Michele Antonio Corona
XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/07/2016)
Vangelo: Lc 10,1-12.17-20 
All'inizio del nono capitolo si era narrato, pur in modo stringato, l'invio dei Dodici per una missione
di guarigione e proclamazione del Regno. Qui, al capitolo dieci, vengono inviati settantadue discepoli. Questo numero, sebbene le tradizioni manoscritte oscillino con la variante dei "settanta discepoli", rappresenta la tavola delle nazioni di Genesi 10. Dunque, questi discepoli richiamano la proclamazione universale del Vangelo.
Nell'opera lucana (Vangelo e Atti degli Apostoli) l'apertura alle genti e la destinazione mondiale dell'annuncio del Regno derivano direttamente da Gesù. In questo brano è il Maestro ad inviare questa moltitudine di discepoli "in ogni città e luogo dove stava per recarsi". È presumibile che i settantadue abbiano visitato luoghi in cui Gesù non sia poi fisicamente potuto andare. La Chiesa e i discepoli non sono una presenza di rappresentanza, quasi d'ambasciata, ma rendono pienamente presente il Messia. Direbbe Giovanni: inviati da colui che è inviato.
La missione è una sorta di traboccamento della cura di Dio per tutti gli uomini. La radicalità dell'annuncio è sottolineata dalle numerose raccomandazioni che il Maestro rivolge ai discepoli: assoluta sobrietà nel possedere, evitare qualsiasi proselitismo piacione, sentirsi inviati e non annunciatori autonomi, divenire profondi conoscitori dell'uomo. Il dono della pace è offerto come segno di gratuità e sentore di accoglienza. Chi accetta la pace si pone nella spirale della pace, chi la rifiuta rivela cosa porta in cuore e che genere di Regno sta attendendo.
La menzione della vicinanza del Regno ci ricorda l'inizio del racconto di Marco, in cui Gesù inaugura la sua missione annunciando che "il Regno di Dio è vicino". Ma cosa significa questa vicinanza? In che modo il Regno ci è prossimo? In una struttura bene ordinata come quella di Luca non pare una caso che al termine di questo capitolo Gesù narri la parabola del buon samaritano in risposta alla domanda "chi è il mio prossimo?". La parabola - nessuna parabola! - non ha intenti moralistici. Bensì, richiama chi ci è davvero prossimo: Gesù.
Nel logo del giubileo dell'anno della Misericordia, p. Rupnik ha voluto sottolineare il fatto che il primo Buon Samaritano è Gesù, perché il Regno di Dio si è ormai talmente avvicinato da essere prossimo, vicinissimo. Pertanto, il rifiuto non è dettato dal non riconoscere i veri discepoli dai falsi (non si fa alcun accenno a questa problematica), ma dal non accettare questa salvifica prossimità di Gesù, del Regno, dei suoi inviati.

Fonte:qumran2.net

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