Don Umberto DE VANNA sdb "Insegnaci a pregare"

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24 luglio 2016 | 17a Domenica T. Ordinario - Anno C | Omelia
Per cominciare

Ai discepoli che gli dicono: "Insegnaci a pregare", Gesù insegna il Padre nostro, la preghiera che ci è
più famigliare. E poi li invita a darsi alla preghiera con assoluta fiducia, sapendo che Dio ci ama e ci ascolta, e dona lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono.

La parola di Dio
Genesi 18,20-21.23-32. È la preghiera di Abramo, che in uno splendido dialogo con Dio intercede per Sodoma e Gomorra, destinate alla distruzione. Colpiscono sia l'altruismo pieno di bontà di Abramo, sia il clima di confidenza che Abramo dimostra di avere con Iahvè.
Colossesi 2, 12-14. Continua la lettura di Paolo ai cristiani di Colosse, una città dell'Asia Minore, tra Efeso e Antiochia di Pisidia. Gesù, dice Paolo, ci ha coinvolti attraverso il battesimo nella sua morte e risurrezione, ci ha riscattati definitivamente dalla schiavitù dei nostri peccati inchiodando sulla croce il documento della nostra condanna.
Luca 11, 1-13. Gesù insegna il Padre nostro, poi racconta due parabole per assicurare i suoi discepoli che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre.

Riflettere

Nella prima lettura Abramo intercede per la sua gente. Lo fa con umiltà, ma anche con coraggio e confidenza. Fa leva sulla giustizia e la fedeltà di Dio, si direbbe che "mercanteggia con Dio alla maniera dei beduini" (Settimio Cipriani).
Si può provare un senso di fastidio per il fatto che Abramo sembra presentarsi più buono e tollerante di Dio. In realtà qui si cerca di giustificare dal punto di vista teologico la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra, e prevale certamente l'idea di punizione a causa della generalizzata infedeltà, dal momento che non si trovano nemmeno dieci giusti tra la popolazione.
Il vangelo ci presenta Gesù maestro di preghiera e lo è anzitutto con il suo esempio. Gli evangelisti riferiscono che Gesù si dà alla preghiera molte volte, specialmente di notte e all'alba.
Gesù insegna qui il Padre Nostro, e traccia le linee della nostra preghiera. Il Padre Nostro è lode a Dio, ringraziamento e richiesta di aiuto.
Gesù chiama Dio abbà, che è il modo di rivolgersi al padre da parte di un bambino. Dio è un padre che ci ama, è un amico, dice Gesù.
In generale Gesù contesta la preghiera di chi si sente giusto ed è fiero della propria fedeltà, di chi prega con le labbra senza lasciarsi sfiorare dalla conversione. Quando Gesù prega si ritira in un luogo solitario e invita i discepoli a fare lo stesso.
In altri brani Gesù parlerà di come non bisogna pregare (cf Lc 18,9-14), qui invece si trova la parte positiva della preghiera: ciò che bisogna chiedere e soprattutto lo stato d'animo che deve avere chi prega. Gesù assicura infatti che chi prega sarà esaudito. È un insegnamento che ritorna altre volte nel vangelo: "Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò". "In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 14,14; 16,23-24).
È un insegnamento che non concede spazio ai dubbi: Gesù ci assicura che il Padre ci ascolta, che saremo esauditi. La parabola dell'amico importuno e i paragoni che seguono, pur nella loro non totale comprensione, si muovono con questa certezza di fondo, che Dio è più buono di un amico, più buono di un padre.
L'invito a essere insistenti nella preghiera non è fatto perché si usi un maggior numero di parole o perché si debba in qualche modo influire su Dio e fargli cambiare idea in nostro favore: l'insistenza è un invito a pregare meglio, ma soprattutto a riconoscere che la nostra realizzazione personale, di noi e dell'umanità, non la si raggiunge sganciandosi da Dio, ma riconoscendo la nostra dipendenza da lui.
Non si prega però perché Dio risolva i nostri problemi e ci tolga dagli imbrogli al posto nostro. La preghiera ci responsabilizza. Dio però è più grande del nostro cuore, conosce ciò di cui abbiamo bisogno e non fa mancare lo Spirito Santo a chi glielo chiede.

Attualizzare

In generale preghiamo poco, preghiamo male. Andrea Gasparino, fondatore della "Città dei ragazzi" di Cuneo, racconta che un giorno volle chiedersi: "Qual è il dono più grande che Dio mi ha fatto?". Immediatamente gli sembrò che fosse quello di essere diventato sacerdote. Ma qualche tempo dopo, incontrando il suo vescovo morente, si era sentito dire: "Come sei fortunato tu che ti sei dato completamente ai poveri! Io invece sono soltanto un povero vescovo!". Don Andrea allora pensò che il dono più grande che Dio gli aveva fatto era quello di essersi dato ai poveri. "Ma andando avanti negli anni - continua don Andrea - ho capito che c'era qualcosa di ancora più grande nella mia vita". E ricorda che Frère Heric a Taizé, in una notte piena di stelle, gli aveva detto: "Sono impressionato da questo fatto: che Dio fa a pochi il dono della preghiera". E si convinse che era quello il dono più grande: l'aver capito un poco che cos'era la preghiera.
Se un ragazzo rientra alle due di notte, dopo aver ballato in discoteca tutta la serata, o se sta davanti alla televisione per cinque ore consecutive, nessuno si meraviglia. Se un cristiano, un giovane o un adulto, uomo o donna, si desse alla preghiera per un'ora o due ore, molti si stupirebbero.
Non abbiamo l'abitudine della preghiera. Biascichiamo qualcosa, ma manca un rapporto serio con Dio. Durante un campo scuola interculturale, in cui c'erano ragazzi provenienti da vari paesi e di religioni diverse, uno dei partecipanti ricorda di aver notato due giovani che si davano appuntamento a mezzogiorno per un momento di preghiera. Uno era ortodosso, l'altro musulmano. Si stupì che a loro non fosse venuto in mente di invitare anche un cattolico.
La preghiera è un atto di amore gratuito. È un momento di lode e di ammirazione che dovrebbe sgorgare spontaneamente dal nostro animo, così come il respiro.
La preghiera cambia la nostra vita. Ci dà il coraggio delle scelte difficili, ci fa andare verso gli altri come chi ha gli occhi luminosi per aver parlato con Dio.
La preghiera è anche obbedienza, disponibilità all'ascolto: "Che vuoi che io faccia?". Mette Dio al centro della nostra vita, ci fa capire che non siamo autosufficienti, che siamo usciti dalle mani di Dio e dobbiamo vivere per lui.
Pregare meglio significa prima di tutto prepararsi meglio alla preghiera, in modo da essere più consapevoli. Non si può passare facilmente da un supermercato, da un campo di calcio o dalla televisione alla chiesa.
Anche la ricerca dell'ambiente è importante. Ognuno dovrebbe maturare delle esperienze al riguardo. C'è chi prega bene in chiesa; chi ha bisogno di uscire dalla città, alla ricerca di un clima di maggior silenzio.
Si deve dare importanza anche alla posizione del corpo e probabilmente anche a certe tecniche utili (a pregare si impara, seguendo il modo di pregare di altri, usando certi sussidi...).
Si dovrebbe pregare soprattutto, e con una intensità particolare, prima di assumere un impegno importante, prima di fare certe scelte che possono cambiare il corso della nostra vita.
Nella preghiera si può far uso di formule fisse, di salmi; oppure si può ricorrere a preghiere spontanee. C'è chi rifiuta le preghiere tradizionali e di fatto non riesce più a pregare: non è sempre facile essere creativi. Chi si affida alle formule fisse dovrà comunque in qualche modo appropriarsene per renderle davvero espressione personale della propria interiorità, "trasformando il pregare in preghiera".
Scrive san Giovanni Crisostomo: "Non credere che la preghiera consista in parole. La preghiera è desiderio di Dio, amore profondo: non nasce dall'uomo, ma dalla grazia di Dio. Deve però trattarsi di una preghiera che viene dal cuore, e non solo fatta per abitudine. Se il Signore concede a qualcuno una tale preghiera, essa costituisce per lui una ricchezza che nessuno può rubare, e un cibo spirituale che sazia l'anima. Chi ha gustato la preghiera si è infiammato di un vivo desiderio di Dio che gli divampa dentro come un fuoco ardente".
Esiste anche una preghiera laica, di chi riconosce in qualche modo il mistero profondo dell'uomo e della sua finitezza. È anche la preghiera dei buddisti e di altre religioni naturali. Il pittore Umberto Saba al funerale della moglie disse il Padre Nostro, tra la commozione dei presenti.
Non è possibile qui commentare in dettaglio il Padre Nostro. Ma è la preghiera più completa, che accompagna tutta la nostra vita.

La pace viene dalla preghiera

Io non sono un uomo di lettere o di scienze, cerco semplicemente di essere un uomo di preghiera.
È la preghiera che ha salvato la mia vita. Senza di essa avrei perso la ragione. Se non ho perso la pace dell'anima, nonostante tutte le prove, è perché questa pace viene dalla preghiera. Si può vivere qualche giorno senza mangiare ma non senza pregare... La preghiera è la chiave del mattino e il chiavistello della sera; è un'alleanza sacra tra Dio e gli uomini (Mahatma Gandhi).

Cambia il mondo

In un centro di spiritualità, un ecclesiastico si compiace con il monaco che segue gli ospiti: "Hanno tanto bisogno di pregare... Se pregano, siamo a posto!". "Eh, no!", risponde il monaco. "Se pregano non siamo più a posto. Se pregano succede il finimondo. Con la preghiera tutto cambia, non c'è più niente, non c'è più nessuno che stia al proprio posto. La preghiera è pericolosa, sovversiva. Cambia il mondo" (Alessandro Pronzato).

La preghiera dei semplici

Un sacerdote della diocesi di Torino raccontava che quando era ragazzo aveva detto a suo padre, socialista convinto e radicale, che voleva entrare in seminario per farsi prete. Il padre, facendo a modo suo un ragionamento profondamente teologico aveva detto: "Ecco i frutti dei rosari di nonna Nina!".

Don Umberto DE VANNA sdb
Fonte:Fonte:  www.donbosco-torino.it

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