ORDINE DEI CARMELITANI, Lectio Divina "Le condizioni per poter essere discepolo e discepola di Gesù"

Lectio:  Domenica, 4 Settembre, 2016
 Le condizioni per poter essere discepolo e discepola di Gesù
Luca 14,25-33
Orazione iniziale

Shaddai, Dio della montagna,
che fai della nostra fragile vita
la rupe della tua dimora, 
conduci la nostra mente 
a percuotere la roccia del deserto, 
perché scaturisca acqua alla nostra sete. 
La povertà del nostro sentire
ci copra come manto nel buio della notte 
e apra il cuore ad attendere l’ eco del Silenzio 
finché l’alba, 
avvolgendoci della luce del nuovo mattino, 
ci porti, 
con le ceneri consumate del fuoco dei pastori dell’Assoluto
che hanno per noi vegliato accanto al divino Maestro,
il sapore della santa memoria.
1. LECTIO
a) Il testo:
Luca 14,25-3325 Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: 26 «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. 28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: 30 Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. 33 Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
b) Momento di silenzio:
Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.
2. MEDITATIO
a) Domande:
- Se uno viene a me e non odia . . . . non può essere mio discepolo: Siamo convinti che sia necessario arrivare a separarci da tutto ciò che lega il cuore: affetti ricevuti e donati, la vita stessa, per seguire Gesù? 
- Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo: Porto in me la logica della croce, vale a dire la logica dell’amore gratuito? 
- I mezzi per portare a compimento: la capacità di pensare informa la mia vita di fede oppure questa si riduce a un impulso interiore che si dilegua di fronte al tempo che scorre sulle vicende quotidiane? 
- Per evitare che tutti coloro che vedono comincino a deriderlo: vale anche per me il compenso di chi inizia a seguire il Signore e poi non ha i mezzi umani, cioè la derisione dell’incapacità? 
- Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo: sono convinto che la chiave della sequela sia la povertà del non possedere, ma la beatitudine dell’appartenenza?
b) Chiave di lettura:
Tra la gente che segue Gesù ci siamo anche noi con i nostri bagagli di pagine voltate. Uno tra i tanti, il nostro nome si perde. Ma quando Egli si volta e la sua parola raggiunge il dolore dei legami che stringono con forza i pezzi della nostra vita, le domande si rotolano nella valle degli echi più antichi e una sola umile risposta emerge dal crollo di costruzioni incompiute: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.
v. 25-26. Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Al Signore non interessa contare le persone che vanno a lui. Le sue parole sono forti e liberano da ogni illusione. Chi non sa cosa significa odiare? Se io odio una persona, ne sto lontana. Questa discriminazione tra il Signore e gli affetti parentali è la prima esigenza del discepolato. Per imparare da Cristo è necessario ritrovare in lui il nucleo di ogni amore e interesse. L’amore di chi segue il Signore non è un amore di possesso, ma di libertà. Andare dietro a una persona senza la sicurezza che può dare un legame di sangue come è quello dei vincoli familiari e del legame con il proprio sangue cioè con la propria vita equivale al farsi discepoli, luogo di vita che nasce dalla Sapienza divina.
v. 27. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. L’unico legame che aiuta il seguire Gesù è la croce. Questo simbolo dell’amore che non si tira indietro, capace di essere parola anche quando il mondo mette tutto a tacere con la condanna e la morte, è la lezione del Rabbì nato nella più piccola borgata di Giudea.
v. 28. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?Costruire una torre richiede una spesa non indifferente per chi ha poche risorse. Il buon desiderio di costruire se stessi non è sufficiente per farlo, è necessario sedersi, calcolare le spese, cercare i mezzi per portare il lavoro a compimento. La vita dell’uomo resta incompiuta e insoddisfatta perché tanto il progetto della costruzione è meraviglioso quanto i debiti del cantiere enormi! Un progetto su misura: non saper calcolare ciò che è in nostra capacità di compiere non è la saggezza di chi dopo aver arato attende la pioggia, ma l’incoscienza di chi attende la fioritura e il raccolto da semi gettati tra sassi e rovi, senza fare la fatica di dissodare il terreno.
v. 29-30. Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. La derisione degli altri che arriva come grandine sui sentimenti di speranza di chi voleva arrivare in alto con le sue sole forze è il compenso alla propria arroganza vestita di buona volontà. Quante umiliazioni ognuno porta con sé, ma quanto poco frutto da queste esperienze di dolore! Avere le fondamenta e non ultimare la costruzione, serve a ben poco. I desideri che si infrangono qualche volta sono buoni tutori al nostro ingenuo affermarci… ma noi non li comprenderemo finché tentiamo di coprire l’insuccesso e la delusione del risveglio dal mondo fiabesco dei sogni dell’infanzia. Gesù ci chiede di diventare bambini sì, ma un bambino non pretenderà mai di costruire una torre “vera”! Si accontenterà di una piccola torre sulla riva del mare, perché conosce bene le sue capacità.
vv. 31-32. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. Nessuna battaglia si potrà mai vincere senza ambascerie di pace. Combattere per avere supremazia regale su ogni altro è di per sé una battaglia perduta. Perché l’uomo non è chiamato ad essere re di dominio, ma signore di pace. E avvicinarsi all’altro mentre è ancora lontano è il segno più bello della vittoria dove nessuno perde e nessuno vince, ma tutti si diventa servi dell’unica vera sovrana del mondo: la pace, la pienezza dei doni di Dio.
v. 33. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Se si declinano i vizi capitali, si scoprono le modalità dell’avere di cui parla qui Gesù. Un uomo che modula la sua vita sull’avere è un uomo vizioso: che pretende di avere potere su tutto (superbia), di godere a piacimento (lussuria), di uscire dal limite come diritto che gli appartiene (ira), di essere ingordo di beni (gola), di rubare ciò che è di altri (invidia), di tenere per sé (avarizia), di accoccolarsi nell’apatia senza impegnarsi per alcuna cosa (accidia). Il discepolo invece che viaggia sui binari delle virtù vive dei doni dello Spirito: un uomo che ha il senso delle cose di Dio (sapienza) e lo dona senza trattenerlo, che penetra il significato essenziale di tutto ciò che è Vita (intelletto), che ascolta la voce dello Spirito (consiglio) e si fa eco di ogni discernimento (consiglio), che sa lasciarsi proteggere dal limite del suo essere uomo (fortezza) e non cede alle lusinghe della trasgressione, che sa conoscere i segreti della storia (scienza) per costruire orizzonti di bene, che non si arroga il diritto di dare senso, ma accoglie la sorgente del divino (pietà) che scaturisce negli abissi del silenzio, che rende grazie di fronte alle meraviglie di grazia del suo Creatore (timor di Dio) senza temere la sua piccolezza. Un discepolo così è un altro Gesù.
c) Riflessione:
Il cuore dell’uomo è una rete di vincoli. Legami di tenerezza e di gratitudine, legami di amore e di dipendenza, legami a non finire con tutto ciò che tocca il sentimento. Gesù parla di legami di consanguineità: padre, madre, moglie, figli, fratelli, sorelle, e di legami con la propria vita che nella mentalità semita è simboleggiata dal sangue. Ma il cuore deve essere libero da questi legami per poter andare a Lui e creare un vincolo nuovo che dà vita perché lascia alla persona la libertà di essere quello che è. Ogni discepolo ha un solo compito: quello di apprendere, non di dipendere. I legami del sangue creano dipendenza: quanti ricatti affettivi impediscono agli uomini di costruire la torre della loro esistenza. Quante volte quelle parole: Se mi vuoi bene, fa’ così! oppure: Se mi ami, non farlo… La stessa vita ti può imprigionare quando ti lega a ciò che non va fisiologicamente oppure a ciò che pensi per i condizionamenti di una storia travagliata o a ciò che scegli disordinatamente per una volontà resa debole dai mille reticolati di vicende-ricatto. La croce non lega, stringe perché tutto ciò che porti in te sia effuso, sangue e acqua, fino all’ultima goccia: tutta la tua vita come dono che non attende contraccambio. Appartenere più che possedere: il segreto dell’amore gratuito del Maestro e del discepolo. Chi segue Gesù non è un discepolo qualsiasi che impara una dottrina, diventa il discepolo amato, capace di narrare le mirabilia Dei quando il fuoco dello Spirito farà di lui una fiamma sul candelabro del mondo.
3. ORATIO
Salmo 22
Il Signore è il mio pastore: 
non manco di nulla; 
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce. 

Mi rinfranca, 
mi guida per il giusto cammino, 
per amore del suo nome. 

Se dovessi camminare in una valle oscura, 
non temerei alcun male, 
perché tu sei con me. 

Il tuo bastone e il tuo vincastro 
mi danno sicurezza. 

Davanti a me tu prepari una mensa 
sotto gli occhi dei miei nemici; 
cospargi di olio il mio capo, 
il mio calice trabocca. 

Felicità e grazia mi saranno compagne 
tutti i giorni della mia vita, 
e abiterò nella casa del Signore 
per lunghissimi anni.
4. CONTEMPLATIO
Signore, mentre ti volti e il tuo sguardo si posa su di me, le tue parole frugano nella mia mente per mettermi davanti ciò che è tutta la mia vita. È come se un paio di forbici recidessero dolcemente ma senza tentennamenti i tanti cordoni ombelicali dai quali attingo il nutrimento per andare avanti. E questa azione decisa e necessaria mi restituisce il pieno respiro del mio essere libertà. La Scrittura lo dice nelle prime pagine della storia umana: L’uomo lascerà suo padre e sua madre e andrà verso una completezza nuova, tutta sua, verso l’unità di un amore persona, capace di fecondità e di vita nuova. Ma noi non abbiamo afferrato la parola chiave di tutto questo meraviglioso progetto, una parola che scomoda perché è come le onde del mare sulle quali non puoi lasciarti andare a sicurezze finite, la parola: movimento. La vita non si ferma. Un amore e una vita ricevuta da un padre e da una madre. Sì, un amore pieno, ma che non chiude gli orizzonti. L’uomo lascerà… e andrà… Un uomo e una donna, due in uno, dei figli che saranno il volto del loro amore incontro, ma che domani lasceranno per andare ancora… se ti fermi per afferrare la vita, la vita muore nella tua presa. E con essa muore anche il tuo sogno mai esaudito, quello di un amore pieno che non si esaurisce mai. Donaci, Signore, di capire che l’amore è seguire, ascoltare, andare, fermarsi, perdersi per ritrovarsi in un movimento di libertà che compie ogni ansia di possesso perenne. Non permettere che per la brama di avere la vita, io perda la gioia della mia appartenenza alla vita, a quella Vita divina che entra ed esce in me per altri e in altri e da altri per me per fare dei giorni che passano ondate di Libertà e di Dono nei confini di ogni vissuto. Che io sia per sempre il discepolo amato della tua Vita morente, capace di accogliere in eredità la figliolanza e la custodia nel tuo Spirito di ogni autentica maternità.


Fonte:http://ocarm.org/

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