padre Raniero Cantalamessa"L'amore per Cristo ordina altri amori"

L'amore per Cristo ordina altri amori
padre Raniero Cantalamessa
XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Vangelo: Lc 14,25-33 
Il brano di Vangelo di questa Domenica è uno di quelli che si sarebbe tentati di smussare e addolcire
come troppo duro per gli orecchi degli uomini d'oggi: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre...". Precisiamo subito una cosa: il Vangelo è, sì, a volte, provocatorio, ma non è mai contraddittorio. Poco oltre, nello stesso Vangelo di Luca, Gesù richiama con forza il dovere di onorare il padre e la madre (cfr. Lc 18 20) e, a proposito di marito e moglie, dice che devono essere una sola carne e che l'uomo non ha diritto di separare quello che Dio ha congiunto. Come può dunque, dirci, adesso, di odiare il padre e la madre, la moglie, i figli e i fratelli?
Bisogna tener presente un fatto. La lingua ebraica non possiede il comparativo di maggioranza o di minoranza (amare una cosa più di un'altra, o meno di un'altra); semplifica e riduce tutto a amare o odiare. La frase: "Se uno viene a me e non odia il padre e la madre...", va dunque intesa nel senso: "Se uno viene a me, senza preferirmi al padre e alla madre...". Basta, per rendersene conto, leggere lo stesso brano nel Vangelo di Matteo dove suona così: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me" (Mt 10,37).
Sarebbe sbagliatissimo pensare che questo amore per Cristo entri in concorrenza con i vari amori umani: per i genitori, il coniuge, i figli e i fratelli. Cristo non è un "rivale in amore" di nessuno e non è geloso di nessuno. Nell'opera La scarpetta di raso di Paul Claudel, la protagonista, fervente cristiana ma anche follemente innamorata di Rodrigo, esclama tra sé, quasi stentasse a crederci: "È dunque permesso questo amore delle creature l'una per l'altra? Davvero, Dio non è geloso?". E il suo angelo custode le risponde: "Come potrebbe essere geloso di ciò che ha fatto lui stesso?" (atto III, scena 8).
L'amore per Cristo non esclude gli altri amori, ma li ordina. Anzi, è colui nel quale ogni genuino amore trova il suo fondamento e il suo sostegno e la grazia necessaria per essere vissuto fino in fondo. Questo è il senso della "grazia di stato" che il sacramento del matrimonio conferisce ai coniugi cristiani. Esso assicura che, nel loro amore, essi saranno sorretti e guidati dall'amore che Cristo ha avuto per la sua sposa, la Chiesa.
Gesù non illude nessuno, ma neppure delude nessuno; chiede tutto perché vuole dare tutto; anzi ha dato tutto. Qualcuno potrebbe domandarsi: ma che diritto ha quest'uomo, vissuto venti secoli fa in un angolo oscuro della terra, di chiedere a tutti questo amore assoluto? La risposta, senza bisogno di risalire troppo lontano, si trova nella sua vita terrena che conosciamo dalla storia: è che egli, per primo, ha dato tutto per l'uomo. "Ci ha amato e ha dato se stesso per noi" (cfr. Ef 5, 2).
Nel nostro stesso Vangelo Gesù ci ricorda anche quale è il banco di prova e il segno del vero amore per lui: "prendere su di sé la propria croce". Prendere la propria croce non significa andare in cerca di sofferenze. Neppure Gesù è andato a cercarsi lui la sua croce; ha preso su di sé, in obbedienza alla volontà del Padre, quella che gli uomini gli mettevano sulle spalle e con il suo amore obbediente l'ha trasformata da strumento di supplizio in segno di redenzione e di gloria. Gesù non è venuto ad accrescere le croci umane, ma piuttosto a dare ad esse un senso. È stato detto giustamente che "chi cerca Gesù senza la croce, troverà la croce senza Gesù", cioè troverà ugualmente la croce, ma senza la forza per portarla.

Fonte:http://www.qumran2.net/

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