D. Severino GALLO sdb, "GRANELLINO DI SENAPA - FEDE"


2 ottobbre 2016 | 27a Domenica - T. Ordinario- Anno C | Omelia

GRANELLINO DI SENAPA - FEDE
I LETTURA: "Il giusto vivrà di fede" (ABACUC 1,2-3;2,2-4)

La prima lettura ci presenta Abacuc che si lamenta con Dio. Davanti allo sguardo del profeta si
presenta l'imminente catastrofe dell'invasione da parte dei Caldei, una nazione spietata, impetuosa, terribile, spaventosa... Essa si fa beffe dei Re; i principi sono il suo trastullo... Il Signore lascia fare e il profeta lo rimprovera: "Tu tratti gli uomini come pesci del mare, come rettili che non hanno padrone; egli li tira su tutti con l'amo li piglia nel suo giacchio" (1,14).
Finalmente Dio apre la bocca per rispondere: non nega la previsione di Abacuc; quanto egli ha predetto si avvererà presto. Tuttavia...: "Ecco, vien meno chi ha l'animo non retto, ma il giusto vive per la sua fede" (2,4).

Nel III capitolo il profeta descrive la venuta del Signore tra un rovinio di monti, spavento di fiumi e di mari. Il profeta è terrorizzato: "Ho udito e si commossero le mie viscere, le mie labbra tremarono (...), mentre attendo con calma il giorno dell'angoscia" (3,16).

E tuttavia conclude: "Sì, il fico non fiorirà, non ci sarà più raccolto nelle vigne (...), i campi non forniranno più cibo (...): Ma io esulterò nel Signore, giubilerò nel Dio della mia salvezza" (3,17.18).
La profezia di Abacuc di cui ci parla la prima lettura è un atto di fede in Dio al di là di tutte le contrarietà e le prove. Credere nonostante tutto. E' sorprendente ritrovare una fede così pura, spoglia di ogni sostegno nell'Antico Testamento (sei secoli prima di Gesù Cristo), mentre la nazione colava a picco e gli abitanti erano trucidati e deportati. Abacuc è un precursore dei tempi nuovi.
In ogni epoca ci sono state persone che hanno saputo vivere di fede.

II LETTURA: "Non arrossire della testimonianza del Signore" (" Tim. 1,6-8.13-14)

Nella seconda lettura San Paolo esorta Timoteo a ravvivare il dono della fede. Nei versetti precedenti aveva detto al suo discepolo: (Ricorda) "la fede che prima albergò nella tua nonna Loide e in tua madre Eunice, e che ora, sono convinto, abita anche in te".
In Timoteo la fede era presente e viva; eppure Paolo lo esorta a ravvivarla...
La fede ha sempre bisogno di essere alimentata e ravvivata. Una fede senza nutrimento non si regge, come è di ogni cosa.

Il neo laureato se per qualche anno non tocca i libri, rimane tagliato fuori. Si dirà che questo si comprende a proposito della scienza, la quale cammina a grandi passi sulla via delle scoperte; la fede invece è quella che è! L'osservazione è vera solo in parte. Anche la fede progredisce; il volto di Dio, col cambiare delle culture, appare in una luce nuova. Oggi c'è una presentazione di Gesù e della Chiesa e anche della stessa morale, diversa da quella vigente sino a dieci anni fa. La conoscenza del Vangelo si approfondisce e diventa sempre più luminosa.
Va considerato però soprattutto il fatto personale: la fede è vita e come ogni vita deve svilupparsi, diversamente muore.

E poi bisogna tenere presente ciò che San Paolo ha detto al suo discepolo: "Non vergognarti della testimonianza da rendere al Signore nostro". Testimonianza a testa alta: non arrossire del Vangelo, né di Gesù, né di Paolo prigioniero, né dei confessori della fede. Esortazione quanto mai attuale ai nostri giorni, in mezzo a tanto imperversare di rispetto umano, che non risparmia neppure le nostre Case religiose: talvolta si ha perfino paura di essere troppo buoni...
La fede deve incarnarsi nella nostra persona: deve diventare succo e sangue della nostra vita.

VANGELO: "Se aveste fede quanto un granelllino di sénapa..." (Lc. 17,5-10)

Il brano evangelico odierno contiene alcune istruzioni ai discepoli: è un mosaico di detti di Gesù. Nella prima parte descrive l'efficacia della fede; nella seconda parla del servo, che dopo aver compiuto il suo dovere, non potrà pretendere nulla dal suo padrone. Gli Apostoli implorano un aumento della loro fede. Si tratta della natura della fede: un granello di autentica fede - cioè di perfetta confidenza in Dio - può dare risultati inauditi. In San Luca manca il riferimento alla "montagna", contenuto invece in Matteo e Marco. Luca parla invece di un gelso., proverbiale in Palestina. Le sue radici sono così resistenti, che può rimanere piantato per seicento anni, nonostante le burrasche e i venti. Tuttavia basterebbe una sincera fiducia in Dio per sradicare questa pianta (oppure una montagna) e trapiantarla in mare. La fede ci rende partecipi dell'onnipotenza di Dio.

E' ben strano il Vangelo: E' un libro completamente diverso dagli altri. Riserva sorprese brutali. Più diventa familiare la sua lettura, meno ci si sente tranquilli.
Uno studente, che abbia approfondito un determinato programma, è sicuro per l'esame (salvo le bizze del professore...). Invece chi conosce il Vangelo, finisce col perdere la sicurezza. Soltanto chi lo ignora può ostentare una certa sicurezza. Lo studio dei libri degli uomini procura la promozione. Lo studio del Vangelo regala la bocciatura. Ogni pagina manda in frantumi le più solide certezze.
Oggi, per esempio, ci accorgiamo che credevamo di credere. E così è saltato in aria uno dei "punti fermi" della nostra esistenza cristiana.

"In verità vi dico: Se aveste fede grande come un granello di sénapa...", (con quello che segue...) un gelso o una montagna salterebbero in mare.
Noi non abbiamo mai spostato nessuna montagna e neppure una sola collina di questo splendido Monferrato. E siamo convinti di non farlo mai. E allora qual è la nostra conclusione? Non abbiamo fede. Abbiamo recitato migliaia di volte l'atto di fede e il Credo, ma non abbiamo fede. Forse conosciamo San Tommaso e ce la intendiamo anche abbastanza con i teologi moderni più "avanzati". Ma non abbiamo fede.

Non abbiamo mai spostato una montagna. Perché non abbiamo mai tentato perché avevamo paura di fare fiasco. Eravamo esitanti (Mc. 11,23). Dunque non avevamo fede.
Noi aspettiamo da Dio i miracoli. Ne siamo ghiotti. E dimentichiamo che Gesù compiva i miracoli quando vedeva la fede in chi gli stava intorno. La fede era la molla che faceva scattare la Sua onnipotenza e non viceversa.

La fede è la strada sicura che conduce al miracolo. Noi, al contrario, aspettiamo il miracolo per imboccare la strada della fede. E i nostri itinerari non s'incontrano mai. Camminiamo in direzioni opposte, voltandoci la schiena: Gesù da una parte e noi dall'altra... La nostra incredulità ha una forza spaventosa: riesce a paralizzare l'onnipotenza di Gesù. "E non fece molti miracoli (a Nazaret) a causa della loro incredulità" (Mt. 13,58).
"... Gesù lo ammirò e, rivoltosi alla folla che lo seguiva, disse: "Vi dico: neppure in Israele ho trovato tanta fede" (Lc. 7,9).
"Vedi! La tua fede ti ha salvato" (Lc. 18,42).
"E, vedendo Gesù la loro fede, disse al paralitico..." (Mt. 9,2): "Alzati e cammina".
"Figlia, la tua fede ti ha salvata" (Mc. 5,34).

Tutto il Vangelo è una dimostrazione della "debolezza" di Gesù dinanzi alla fede.
Ci sono episodi, come quello del centurione, in cui Gesù non riesce a nascondere la sua ammirazione, la sua gioia di fronte alla fede dell'interlocutore.
E noi abbiamo negato a Gesù questa gioia. Perché non abbiamo fede. Nella lista dei peccati che ordinariamente presentiamo al nostro confessore dovremmo aggiungere: "Inoltre sono colpevole di aver rifiutato a Gesù un po'' di gioia a motivo della mia mancanza di fede.

No, noi siamo mai stati capaci di offrirgli una fede che attirasse la sua attenzione. Perciò a noi sono indirizzati i Suoi rimproveri. Noi siamo causa della Sua delusione: "Dov'è la vostra fede?" (Lc. 8,25).
"Perché avete paura, uomini di poca fede? (Mt. 8,26).
"Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" (Mt. 14,31).
"O insensati e tardi di cuore a credere..." Lc. 24,25). Sono tutte affermazioni di Gesù. Oggi i tecnici sono riusciti a produrre metalli particolarmente resistenti allo sforzo e all'usura, eliminando da essi ogni scoria, rendendoli "puri".
Gesù attende da noi una fede "pura" come quei metalli. Purtroppo la nostra fede, invece, è zeppa di scorie: amor proprio, conformismo, presunzione, abitudine, falsa sicurezza, complicazioni di ogni genere. E questo vuol dire che non abbiamo fede. Credevamo di credere, perché confondevamo "le verità della fede con la Fede. Ci illudevamo pensando a ciò che credevamo.

Invece saremo giudicati - da Gesù e dagli uomini - su ciò che diventiamo in forza della fede. La nostra fede (dovremmo dire: "la nostra mancanza di fede", ma l'espressione ci fa paura...) può presentare una documentazione a base di articoli del Credo, magari pagine dei migliori trattati teologici, di parole insomma. Ma non è in grado di esibire l'unica documentazione valida: i fatti.
Perciò noi "facciamo i cristiani". Ma non siamo cristiani. Tra le due cose c'è un abisso.
"Direte a questa montagna: "Spòstati di qua a là...".

E' la fede che trionfa sulla necessità. La fede non lascia mai le cose come sono. O sposta le montagne. Oppure trasforma le persone. E questo è un miracolo altrettanto grande.
Noi non abbiamo bisogno di far camminare le montagna (tra l'altro la cosa potrebbe procurare complicazioni in campo internazionale...). Ma dobbiamo smuovere la montagna della nostra mediocrità. Dobbiamo cambiare noi stessi. Esiste la fede che sposta le montagne. Ed esiste l'altra. Quella che non sposta niente: Cioè la nostra. L'abbiamo scoperto oggi. Le parole di Gesù ci hanno fatto fare una "macabra scoperta". E' come se fossimo entrati, fischiettando, in una stanza e ci avessimo trovato un cadavere: cioè la mancanza di fede nel nostro cuore.

Ecco allora la preghiera di un vecchio montanaro, che dobbiamo fare nostra:
"O Signore, non ti chiedo che la fede mi aiuti a smuovere la montagna; posso prendere la dinamite e smuoverla io, se è necessario. Invece ti chiedo, Signore, di darmi la fede per smuovere me stesso".
Smuovere noi stessi: ecco il miracolo più grandioso, che dobbiamo compiere. Il miracolo che Gesù attende da noi.
Chiediamo quindi alla Madonna che ci dia una mano in quest'opera di spostamenti: Ella è una vera Esperta, in campo di fede: ha trapiantato Gesù dal Cielo sulla terra appunto perché ha creduto: "Beata Te, che hai creduto!". Mamma, sii Tu il nostro modello.
Don Severino GALLO sdb
http://www.donbosco-torino.it/

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