Paolo Curtaz, "Scaltrezza sì, ma per il Regno!"


Commento al Vangelo di domenica 18 settembre 2016 - Paolo Curtaz
Scaltrezza sì, ma per il Regno!
È difficile credere nell’amore di una persona se non se ne vedono le attenzioni, i gesti, i frutti.

O in chi crede in un ideale politico o religioso se, alla fine, la sua vita contraddice ampiamente quanto professa.
Così, ahimè, oggi il Vangelo, moderatamente caustico in certe occasioni, ci invita a valutare la verità delle cose in cui crediamo a partire dalla nostra vita concreta, da come la Parola, lentamente o inesorabilmente, cambia il nostro modo di vedere le cose e di agire.
Attenti, però.
Per troppo tempo noi cristiani ci siamo affannati nel cercare di essere coerenti e, non di rado, la coerenza è stato il nostro alibi, quando non il nostro idolo.
Il cristianesimo non è in alcun modo una severa disciplina ad alto profilo morale, non siamo degli eroi integerrimi senza macchia ma dei peccatori che hanno trovato misericordia.
Siamo chiamati, allora, a trovare un giusto equilibrio fra una fede inutile che non cambia la vita ed un’etica rigida e autoreferenziale che sostituisce alla misericordia l’osservanza delle norme.
Come dice bene Gesù:
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti.
La nostra vita è una somma di piccole cose.

Amministratori
L’amministratore delegato della parabola è lodato da Gesù per la sua sagacia, per la sua scaltrezza (non per la sua disonestà!) e Gesù sospira tristemente: “Se mettessimo la stessa energia nel cercare le cose di Dio!”; se mettessimo almeno la stessa intelligenza, lo stesso tempo, lo stesso entusiasmo che mettiamo nell’investire i nostri risparmi anche per le cose di Dio!
La scaltrezza dell’amministratore è l’atteggiamento che manca alle nostre stanche comunità cristiane: pensiero debole che si adagia su quattro devozioni e un po’ di moralismo senza l’audacia della conversione, del dialogo, della riflessione.
Ci lamentiamo dell’invasione dell’Islam ma non andiamo più a Messa, difendiamo le nostre tradizioni ma a costo zero, senza viverle nel loro significato, lasciamo l’Europa andare alla deriva, guidata solo dall’economia, ma alla fine l’importante è che nessuno entri nel nostro giardino recintato.
La fede non ci interessa quanto ci interessano i nostri risparmi.
È una questione di pesi e di scelte.
Cerchiamo di capire la parabola: il proprietario loda l’amministratore. Perché, visto che gli ha provocato un ulteriore danno? Non è così: l’amministratore aveva una percentuale sul raccolto del padrone, era la sua paga. Ed egli rinuncia alla sua paga per avere in futuro un aiuto da parte dei debitori del padrone.
Rinuncia alla sua percentuale, e fa bene.
Gesù sta dicendo: investi nell’amicizia, rinuncia a qualcosa di tuo per andare incontro all’altro.
Tempo, intelligenza, denaro. Investi dalla parte giusta…
È ciò che ci manca, ciò che ancora non abbiamo capito.
Rischiamo di fare mali i nostri conti, di investire, tanto, troppo, su ciò che non porta alla pienezza, alla salvezza, alla gioia.
Fatti furbo, investi nell’unica azione che non si svaluta: la tua anima.

Conti dell’anima
Io, discepolo, posso vivere nella pace, ma anche nella giustizia: libero dall’ansia del denaro, libero da mammona, per essere discepolo.
Ecco, la sostanza è questa: se sono discepolo di Cristo so quanto valgo, so quanto valgono gli altri e vado all’essenziale nei miei rapporti, dall’onestà nello svolgere il mio lavoro, alla solidarietà, ad uno stile di vita retta e consona al Vangelo.
Allora possiamo ancora dire qualche parola sul nostro rapporto col denaro, con le cose, le proprietà.
Senza giocare a fare i pauperisti con i soldi degli altri. Ma liberi e veri.
La ricchezza, il potere, non sono questioni di portafoglio ma di cuore, non di quantità, ma di atteggiamento. Nessuno di noi risulta fra i “grandi” del mondo, e questo potrebbe falsamente rassicurarci. Anche con poco possiamo avere un atteggiamento di attaccamento ai beni che ci distoglie dall’obiettivo della nostra vita che è la pienezza del Regno.
Amos, nella prima lettura, guarda alla situazione del suo tempo con amarezza: un potere corrotto e un’ipocrisia diffusa osservano le pratiche religiose permettendo l’oppressione del povero.
Quanto tristemente attuale è questa pagina: davanti alla perfida logica del capitalismo in cui vince il più forte, la nostra coscienza cristiana deve reagire; non certo ricorrendo a pie elemosine ma affrontando con onestà la realtà per proporre nella concretezza un’economia in cui prevalga l'uomo e la persona sul capitale, una economia meno capitalista e più personalista, che metta al centro la persona, non il profitto.
Studi economia e commercio? Perché non discuti una tesi sulla realizzazione dei principi cristiani nell’economia? Hai un’attività commerciale? Che relazione hai con l’equità e la giustizia? Sei chiuso nei tuoi interessi? Perché non sfogli qualche pagina di stampa alternativa (Oggi la stampa che si allontana dall’ombelico Italia è diventata “alternativa”!) per sapere che un Nigeriano guadagna in un anno 100 Euro e che in Pakistan il 50% dei bambini è sfruttato con lavori pesanti e logoranti perché costano meno?
La conoscenza è il primo passo verso la condivisione! Occasioni di condivisione, poi esistono continuamente.
Paolo ammonisce a non pensare che la fede si occupi solo del sacro. Fino a che la fede non diventa contagiosa, illuminante, strumento per costruire un mondo nuovo, non abbiamo realizzato il Regno.

Una somma di piccole cose
Gesù non è moralista: il denaro non è sporco, è solo rischioso perché promette ciò che non riesce a mantenere e il discepolo, il figlio della luce, ne usa senza diventarne schiavo.
E la Scrittura ha le idee molto chiare: la ricchezza è sempre dono di Dio e la povertà è sempre colpa del ricco…
Poniamo attenzione alle piccole cose.
Al gesto di onestò quotidiano, all’etica del lavoro, alla condivisione.
Ma anche al rispetto del Creato (sano e salubre, non fanatico e ossessivo come sta diventando), alla parsimonia, all’essenzialità.
Fedeli nel poco, attenti a declinare il Vangelo quando siamo incolonnati per strada o seduti dietro allo sportello, puntuali, non fanatici o giudicanti, comprensivi, non costantemente irritati e pessimisti, in modo che il nostro volto, la nostra vita, in qualche modo, diventi profezia del mondo in cui prevale la logica di Dio.

Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it/




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