don Giacomo Falco Brini "Cercati un deserto"

Cercati un deserto
don Giacomo Falco Brini  
II Domenica di Avvento (Anno A) (04/12/2016)
Vangelo: Mt 3,1-12 
La prima domenica di Avvento ci ha dato una scossa, non per riempirci di angoscia e paralizzarci, ma
per riportare i nostri cuori alla sola speranza che regge all'urto della storia e di ogni tragico, inevitabile evento in cui ci imbattiamo, siano essi rivolgimenti della natura o fatti provocati dagli uomini. Gesù è il futuro e l'unica speranza del credente.
La liturgia della parola oggi ci presenta Giovanni Battista, l'uomo che incarna un'esistenza impregnata di fedeltà ai messaggi profetici provenienti dal passato, nonché un'attiva testimonianza tutta protesa verso il futuro: cioè verso colui che viene dopo di me (Mt 3,11). La sua sobrietà, il suo stile di vita in linea con i veri profeti d'Israele (Mt 3,4) dovettero colpire molto il cuore del popolo: lo vediamo infatti predicare in un deserto periferico invece che nel frequentato tempio (Mt 3,1) e ciononostante attirare una buona fetta del popolo di Dio (Mt 3,5a). E' come dire che invece di andare a predicare in cattedrale, Giovanni svolgeva il proprio ministero profetico in una chiesetta periferica e desertica di una grande città, se non addirittura all'aperto di una natura scarna. Eppure, molti si lasciavano interpellare nel profondo dalla sua predicazione, se, come dice il vangelo, accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati (Mt 3,6). Chi era Giovanni Battista? E perché riusciva a risvegliare la fede di chi lo ascoltava? Il vangelo ce lo dice riprendendo un testo del profeta Isaia che offre un brevissimo identikit del Battista. Egli è voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri (Is 40,3).
Giovanni è l'uomo che della Parola ha fatto il suo cibo; è l'uomo che sa e gioisce di essere solo voce di essa (cfr. Gv 1,23). Fa risuonare la Parola di Dio nel deserto, assenza di voci e di suoni. Cosa davvero molto importante: in un mondo in cui oramai la parola vale meno di niente; dove si afferma qualcosa solo per sentito dire, dove si sparla degli altri come se fosse la cosa più normale al mondo, o dove si comunica alla velocità della luce una notizia per poi smentirla nemmeno dieci minuti dopo, Giovanni ci ricorda che le parole hanno un peso, che ci piaccia o no. E in realtà non ce lo dice solo lui, ma il Signore stesso, cui dovremo rendere conto di ogni parola uscita dalla nostra bocca (cfr. Mt 5,21 ss.).
Penso sia un buon esercizio e, nello stesso tempo, una sana ed ecologica abitudine da intraprendere, pesare bene le nostre parole prima di diffonderle; il che vuol dire anche: riflettere bene prima di parlare. C'è un'inflazione di parole in giro per i vecchi e i nuovi media che ammorbano lo spirito e risucchiano tempo, energie e attenzione; per non dire che a volte sono semplicemente al servizio del diavolo. Questo non ci fa bene. La medicina che suggerisce Giovanni sta nel deserto. Lì possiamo incontrare noi stessi (e se ci vai, stanne certo, ti verrà presto la voglia di confessare i tuoi peccati più che quelli degli altri!...), lì si impara il silenzio, grembo necessario per sottoporre le nostre parole al servizio della Parola e non della menzogna. Solo lì si diventa poco a poco persone autentiche come Giovanni, voce di una Parola normalmente inascoltata in questo mondo.
C'è una poetessa americana della fine del secolo XIX che amo molto: Emily Dickinson. A 25 anni scopre il suo deserto nella stanza superiore della casa paterna. Lì condurrà un'esistenza monastica per altri 30 anni, come il Battista, vivendo di pochissime cose e di pochissime relazioni. Alla sua morte, la sorella trova circa 1775 tra poesie e pensieri scritti su foglietti ripiegati e cuciti con ago e filo in un raccoglitore. Dentro le righe stupende di uno di questi brevi pensieri, si può leggere bene cosa fiorì nel deserto di Emily:
Non conosco nulla che abbia tanto potere quanto la parola.
A volte ne scrivo una,
e la guardo aspettando che cominci a splendere.
Allora in questo Avvento cerchiamoci un deserto e facciamo un po' igiene di parole. Torniamo a dare un peso alle nostre parole. E se lo si vuol fare seriamente, bisogna ritornare, nella preghiera, all'ascolto della sua Parola!
La sintesi della predicazione giovannea fu convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino (Mt 3,1): sarà anche l'incipit della predicazione di Gesù. La conversione che Giovanni addita può declinarsi nei due verbi dell'identikit di cui sopra: preparate e raddrizzate.
La vita umana è preparazione. Ci si prepara quando si esce di mattino al lavoro o a scuola, ci si prepara quando si deve affrontare un viaggio, ci si prepara quando si deve dare una conferenza, ci si prepara se si vuol diventare un buon professionista, ci si prepara se si vuol essere competitivi in una prestazione sportiva, ci si prepara se si attende l'incontro della persona che si ama...Giovanni viene a ricordare qualcosa che è nell'intima natura di ogni uomo: questo spiega anche il suo disporre il popolo per prepararsi ad accogliere quel messia che attendeva da secoli. Però, in mezzo al popolo, non c'era solo chi accreditava Giovanni e si faceva battezzare da lui. C'erano anche delle guide che fingevano di credergli (Mt 3,7-9). Cosa dice questo a noi oggi? Che c'è vera preparazione solo laddove ci si impegna a raddrizzare la propria vita. Se infatti si crede alle parole di Gesù di domenica scorsa (vegliate, perché nell'ora che non immaginate viene il Figlio dell'uomo) si impara pian piano a vivere questa vita come una preparazione continua all'incontro definitivo con Lui. Allora si vive davvero attenti alle proprie azioni e alle intenzioni del cuore. E si scopre che c'è sempre qualcosa da raddrizzare. La confessione sacramentale dei peccati è un tesoro posto a nostra disposizione per fare questa operazione, con l'aiuto del sacerdote. Se non c'è questo primo, sincero passo, rischiamo di trovarci davanti agli appelli della chiesa come farisei e sadducei che s'illudevano dicendo a se stessi: abbiamo Abramo come padre (Mt 5,9). Oggi diremmo "siamo cristiano-cattolici, andiamo sempre a messa". Ringraziamo il Signore che dona ancora tempo per la nostra conversione ed è sempre pronto a battezzare la nostra vita in Spirito Santo e fuoco (Mt 3,11). Mentre camminiamo nella fede e ci prepariamo, scopriamo infatti che anche Lui è impegnato a prepararci.

Fonte:http://www.qumran2.net/

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