fr. Massimo Rossi," Giuseppe assume la paternità legale di Gesù"

IV DOMENICA DI AVVENTO - 18 dicembre 2016
Is 7,10-14; Sal 23/24; Rm 1,1-7; Mt 1,18-24
O Dio, Padre buono, Tu hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore, scegliendo il grembo
purissimo della Vergine Maria per rivestire di carne mortale il Verbo della vita: concedi anche a noi di accoglierlo e generarlo nello spirito con l’ascolto della tua parola, nell’obbedienza della fede.
“Ascolta, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signor stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.”
Provo ad immaginare l’impressione di Giuseppe nel sentirsi chiamare Figlio di Davide…
Non avevo mai considerato che, in occasione dell’incontro tra Gesù e il cieco nato, costui lo chiama allo stesso modo: Figlio di Davide (cfr. Lc 18,35-43).
Può darsi che l’evangelista Matteo abbia voluto semplicemente sottolineare il motivo, per il quale Giuseppe, e non un altro, dovesse essere padre putativo del futuro Messia… proprio in quanto discendente dalla stirpe di Davide.  Forse, nessuno mai lo aveva chiamato così.  Ecco il motivo dello stupore… E nessun altro lo avrebbe più chiamato così, dopo.
Ma Giuseppe era un tipo semplice, un uomo umile, una brava persona, o, come precisa Matteo, giusto… Non si vantava di avere come antenato niente meno che il leggendario primo re di Gerusalemme, colui che aveva ricevuto da Dio la promessa della salvezza.
L’unica promessa che per Giuseppe aveva senso e valore, era quella del suo matrimonio:  secondo le consuetudini del tempo, i genitori di Maria e i suoi genitori si erano accordati per le nozze dei loro rispettivi figlioli: questo solo contava!
Mancava poco al giorno fatidico, e i preparativi per la festa erano pressoché ultimati.  Tutto il paese sapeva del loro fidanzamento;  Nazareth era poco più che un villaggio…  E poi la famiglia di Maria era una famiglia conosciuta; sappiamo che possedeva alcune case in paese…
Questa gravidanza fuori dal matrimonio proprio non ci voleva! E non vado oltre…
Per la reputazione di Giuseppe, ma soprattutto della sua ragazza, il fatto era a dir poco tragico.
E che dire della fiducia del promesso sposo nei confronti della futura sposa?
Una bella sfida!! Ci sarebbe di che imbastire una serata del corso per i fidanzati in preparazione al matrimonio,  sui temi della fiducia e della fedeltà coniugale, due facce di una stessa medaglia.
Il sogno: dev’essere stato particolarmente convincente l’angelo del Signore, per dissuadere Giuseppe dal proposito di ripudiare Maria …che poi, ripudiarla non poteva neanche, dal momento che non erano ancora sposati.  Sarà stata l’ispirazione di un istante; in casi come questo, è questione di istanti: un guizzo improvviso della mente e l’ago della bilancia si sposta impercettibilmente verso il sì, o verso il no…  Giuseppe rinnega se stesso e dice sì a Dio, sapendo che dire di sì a Dio significava dire di sì a Maria, e dire di sì a quel bambino non suo  …per tutta la vita!
Questo principio va ribadito con forza: è facile dire ‘Credo’ in Dio e ‘non credo’ negli uomini…  Infatti sono – siamo? – in molti a fare questo curioso, quanto insensato ‘distinguo’;  quando la fedeltà a Dio non si esprime nei termini di fedeltà agli uomini – chiamatela come volete: buonafede, fedeltà, fiducia,…  tanto, è sempre la stessa cosa – siamo fuori dalla fede cristiana;  la quale fede cristiana non può essere senza la carità.  Ecco il punto!  Senza fiducia negli uomini, la carità, è solo una parola, un concetto astratto, un guscio vuoto… meno di niente.
Dunque, Giuseppe dice di sì al piano di Dio e dice no al suo legittimo orgoglio di maschio tradito …perché è così che si sentiva:  tradito.
Ecco un altro aspetto che Giuseppe aveva in comune con Gesù… Trent’anni dopo, anche Gesù, avrebbe fatto l’amara esperienza di sentirsi tradito.
Parleremo di tradimento in Quaresima, il secondo tempo forte dell’anno liturgico …oltre all’Avvento.  Il tempo di Natale, che comincia quattro settimane prima del 25 dicembre e termina venti giorni dopo, con la solennità del Battesimo di Gesù, è il momento ideale per celebrare la fiducia di Dio in noi.  Lo ripeto, in Quaresima avremo tempo e modo per riflettere sulla nostra risposta alla fiducia di Dio negli uomini… e questa risposta, lo sappiamo, è appunto il tradimento della fiducia di Dio.
Dare fiducia a qualcuno significa riconoscergli libertà, autodeterminazione, discrezionalità di giudizio,… in altre parole, rispettarlo nella sua autonomia, che è il requisito, la differenza specifica  della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio.
Ecco che cosa ha fatto Dio con noi e per noi:  ci ha dato fiducia.  Del resto, non avrebbe potuto essere diversamente:  non saremmo stati a Sua immagine e somiglianza.
Maria e Giuseppe sono, ciascuno a suo modo, creature perfette;  come tali, anche Maria e Giuseppe rispondono alla loro rispettiva vocazione, fidandosi di Dio e degli uomini.  Fiducia reciproca, quella della Vergine e del falegname di Nazareth;  ma anche fiducia comune nella Provvidenza futura.  Il Padre non abbandona mai coloro che gli hanno detto di sì senza riserve, né condizioni, con cuore libero e indiviso.
A conferma di questa fondamentale norma cristiana, le parole di Gesù riportate da Giovanni nel capitolo 14 del suo Vangelo: “Il Padre è in me e io sono nel Padre;  io e il Padre siamo una cosa sola.”.
Se sapremo fidarci di Dio, nella buona, ma soprattutto nella cattiva salute, anche noi diverremo una cosa sola con Lui;  niente e nessuno ci potrà più spaventare
Fonte:www.paroledicarne.it/

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