Paolo Curtaz, "Averne"

Commento al Vangelo del 18 dicembre 2016 – Averne
Averne
Sei davvero tu o dobbiamo aspettarne un altro?

Ci martella questa domanda, ci assedia, ci inquieta. Perché è la domanda dell’uomo che cerca, che
non si siede sulle proprie (piccole e fragili) certezze.

Perché è la domanda di chi ha investito tutto e sa che tutto può perdere.

È la domanda di un Giovanni consumato e abbattuto, che tanto ha atteso e ha invitato ad attendere e che, ora, è smarrito e solo.

È la domanda che ci poniamo in questo avvento stanco e rissoso, svuotato e livido.

Come quando sul ring i pugili, suonati, battono l’aria.

Per non lasciarci travolgere dal quotidiano. Per accogliere e diventare profezia.

Per guardare i segni del cambiamento che, pure, sembrano essere soffocati dalla violenza di chi trasforma le falci in lance, gli aratri in spade.

E oggi, sul filo di lana per esserci al Natale, davvero, sul serio, ecco comparire Giuseppe.

Il sognatore.

Il folle.

L’esempio.

Annunciazioni

All’inizio di dicembre abbiamo meditato il racconto dell’annunciazione a Maria. Quel sì di Maria è la soluzione al caos imperante. Come lei siamo chiamati ad essere la porta d’ingresso per Dio nel mondo.

Ma pochi sanno che, in realtà, le annunciazioni sono due.

Una a Maria, la più conosciuta, letta, rappresentata e meditata.

E l’altra a Giuseppe.

È ad una coppia che Dio si rivolge, con tempi e modalità diverse.

Esiste un modo di relazionarsi a Dio al maschile e al femminile. L’angelo è lo stesso ma le parole e lo stile diversi. Molto.

Notti insonni

Il patrono della Chiesa, il padre di Gesù, lo sposo di Maria è stato un uomo che ha dovuto cambiare radicalmente la sua vita, uno che si è trovato nei guai fino al collo.

E non ne è mai più uscito.

Non è detto che l’incontro con Dio ti spiani la vita a suon di angioletti danzanti.

Maria e Giuseppe sono fidanzati, hanno un regolare contratto di matrimonio stipulato dai rispettivi genitori. Maria è giovanissima, Giuseppe non lo sappiamo.

Se vi piace restare fedeli al Vangelo, non sappiamo molto di lui. Presumiamo che fosse un bravo e onesto ragazzo del paese, nulla di più. Ma potete anche osare, facendo vostra una antica tradizione che vuole Giuseppe un vedovo che decide di prendere con sé Maria. Stretto, ma ci sta.

Quello che Matteo vuole dirci, però, è decisamente più semplice: l’unico a sapere che quel bambino non era suo è proprio Giuseppe.

Osiamo immaginare la sua notte insonne di maschio ferito?

La disperazione, la rabbia, il desiderio di vendetta?

Vendetta a portata di mano, e benedetta dalle leggi che gli uomini attribuiscono a Dio, spesso: lapidazione. Una donna adultera va lapidata, non ci sono storie.

Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge di Dio deve far uccidere la sua futura sposa.

Alcuni studiosi sostengono che tale pratica non era più in voga in quel tempo, ma l’onta e il disonore sì.

E Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge vera di Dio che porta nel cuore, decide di mentire.

Pio bugiardo

Dirà al rabbino di non volere più sposare Maria, che si è stancato di lei.

Maria tornerà mestamente alla casa dei suoi, nessuno la vorrà più come sposa, ma, almeno, avrà salva la vita e l’onore.

È giusto, Giuseppe, perché non giudica secondo le apparenze, perché non brandisce la Legge di Dio come una clava. È giusto, perché lascia prevalere la misericordia e l’amore alla vendetta, al suo orgoglio ferito.

È giusto, Giuseppe.

Averne.

Sogni

La decisione è presa. Ora arriva un po’ di sonno, mentre l’ultima stella della sera scompare. Il sonno è agitato, confuso. E Giuseppe sogna. Sogna di angeli rassicuranti, di spiegazioni misteriose, di un figlio che è di Dio ma che avrà il nome del falegname.

A Maria Dio chiede un corpo, a Giuseppe di portare la croce di allevare un figlio non suo.

Come i tanti padri che tirano la carretta ogni giorno, senza far pesare in famiglia la situazione finanziaria traballante, ingoiando rospi, lasciando da parte loro stessi.

A Giuseppe è chiesto di prendere la dura realtà come proprio sogno.

Ora capisce il sogno, perché ha scelto di non seguire l’odio che portava nel cuore.

È libero, Giuseppe.

Giusto e sognatore.

Come gli uomini e le donne che, in mezzo all’oceano di nulla che sta sommergendo la nostra civiltà occidentale, osano ancora sognare e sperare.

Averne.

Countdown

Aveva certamente dei progetti, il buon Giuseppe: un laboratorio più grande, una casa spaziosa, dei figli cui insegnare l’uso della pialla e dello scalpello. Non aveva grandi pretese, questo figlio di Israele, un piccolo sogno da vivere con una piccola sposa. Ma Dio ha bisogno della sua  mitezza e della sua forza, sarà padre di un figlio non suo, amerà una donna silenziosamente, come chi prende in casa l’Assoluto di Dio.

Giuseppe accetta, si mette da parte, rinuncia al suo sogno per realizzare il sogno di Dio e dell’umanità.

Giuseppe è il patrono silenzioso di chi aveva dei progetti ed ha accettato che la vita glieli sconvolgesse.

Dio ha bisogno di uomini così. Di credenti così.

Pochi giorni al Natale, Giuseppe, dal silenzio in cui è rimasto, custode e tutore della santa famiglia, veglia su di noi e ci chiede di imitare la sua grandezza. Ad avere fiducia.

In questo tempo claudicante che spegne la fede, che alza i doni, che sfoga la rabbia, lo stile di Giuseppe è una chiara indicazione per poter far nascere Gesù in noi.

Giustizia e capacità di sognare.

Di persone che non giudicano secondo l’apparenza e di sognatori ha bisogno il mondo, e la Chiesa.

Averne.

Fonte:http://www.tiraccontolaparola.it/




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