Padre Paolo Berti, “Voi siete il sale della terra...voi siete la luce del mondo”

V Domenica del tempo ordinario 
Mt.5,13-16 
“Voi siete il sale della terra...voi siete la luce del mondo”
Omelia 
Se noi facciamo il bene con perseveranza le nostre ferite si rimargineranno presto. Ferite da intendersi
come ferite morali, specie quelle che toccano gli affetti, infatti la ferita più dolorosa è la ferita del cuore come si legge nel libro del Siracide (25,13): “Qualunque ferita, ma non la ferita del cuore”. Ognuno di noi non può che confermare questo. Il tradimento, l’insulto di chi hai beneficato, il voltafaccia di chi ti è stato amico, riesce a spezzare il cuore (Ps 69,21). In questi momenti di dolore ci verrebbe di chiuderci, di pensare solo a noi stessi, di vendicarci, di essere sgarbati, duri, di dare retta a questo triste pensiero: “Soffro io; e perché dovrei essere garbato, gentile con gli altri?”. Tutto ciò nella speranza che il dolore si lenisca, e invece la ferita si approfondisce perché al male ricevuto aggiungiamo il male che ci stiamo facendo. Il nostro modo di medicare la ferita la rende ancor più dolorosa. Cercando di estinguere il dolore con la ricetta della vendetta, del rancore, del risentimento, il cuore soffre ancora di più; alla ferita che ha ricevuto si aggiunge la ferita più lacerante, che è quella della perdita dell'adesione al Vangelo.
Se vogliamo che la ferita si rimargini presto dobbiamo continuare a fare il bene; altra strada non c’è e, anzi, brillerà fra le tenebre la nostra luce.
Dobbiamo essere luce viva, che risplende, poiché quale luce del mondo Gesù ci ha costituiti. Saremo luce se sapremo accettare di essere feriti e se attenderemo di essere medicati dal Medico celeste, mentre perseveriamo nel fare il bene.
Gesù ci dice che noi siamo la luce del mondo, ma è chiaro che lo siamo quando imitiamo lui, quando compiamo ciò che abbiamo visto compiere da lui, quando abbiamo nel cuore lui.
Imitare lui, seguire lui, vuol dire fare, col suo aiuto, le opere che ha fatto lui. Le opere sono quelle di insegnare, di aiutare i materialmente bisognosi, di confortare quelli che sono nel dolore; queste opere si vedono e si vede anche come sono fatte, e rivelano ciò che non si vede: il cuore. Così, quello che si è dentro s’irradia di fuori come luce che illumina e conforta: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini”. La nostra luce, è nostra, ma procede da lui che è la Luce.
Fondamentale è la luce, amici. Senza la luce nulla si vedrebbe. Se noi non siamo luce il mondo sprofonda nelle tenebre.
La disobbedienza a Dio ha fatto precipitare l’uomo nelle tenebre; l’obbedienza del Cristo gli ha ridato luce che deve essere accolta e poi trasmessa costantemente agli altri con le buone opere. E le buone opere nascono dall’obbedienza. Essere luce significa essere obbedienti.
Certo occorre la sapienza, la forza, la generosità, ma nessuna di queste tre cose noi le possiamo avere senza l’obbedienza alla verità. Il male degli eretici e degli scismatici è tutto nel volere sapienza, forza e generosità senza l’obbedienza, e per questo diventano tenebra. Di conseguenza le loro opere non sono luminose, ma buie, pur belle, pur umanamente apprezzabili, non hanno in sé la luce della carità, poiché vogliono celebrare che si può fare il bene senza il Bene.
A volte mi domandano se ci sia più bene o più male sulla terra. Io rispondo che c’è più bene; ma poi aggiungo che il bene fatto bene è poco. E il bene fatto bene vuole l’obbedienza alla Parola di Dio.
Gesù ci dice anche che siamo “il sale della terra”. Se la luce è la condizione sine qua non per vedere le cose, il sale è elemento necessario al cibo sia per dare sapore, sia perché necessario nell’alimentazione, altrimenti l’uomo finisce per deperire. Fratelli e sorelle, abbiamo dunque una grande responsabilità. Non dobbiamo assorbire le idee, gli esempi del mondo perché altrimenti diventiamo sale inquinato, che serve solo a sghiacciare le strade e quindi sarà calpestato. E si rimane sale, ripeto quanto detto per l'esempio della luce, quando siamo obbedienti. Obbedienti alla Parola di Dio e al Magistero che ce la spiega.
Paolo ci descrive come si è presentato ai Corinzi; com’è stato luce per loro. Vediamo che Paolo non si è affidato a discorsi sfoggianti cultura, sapere umano; non ha cercato di colpire i Corinzi presentandosi erudito, ma si è presentato umile, in posizione di servizio. Non si è appoggiato alle sue ricche risorse umane, ma piuttosto - in modo sano - ha diffidato di se stesso: “Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione”.
Paolo si presentò fondando la sua azione sulla potenza dello Spirito, che gli dava la forza d’essere positivo anche quando, ferito, era tentato di ripiegarsi in se stesso. Positivo, anche quando la tentazione dello scoraggiamento lo martellava. Paolo si presentò con la preghiera e il sacrificio affinché la potenza dello Spirito producesse la conversione dei cuori con l'ascolto della parola evangelica.
Vedete, amici, noi siamo portati a risolvere, vorrei dire a sbrigare, i dolori altrui, le situazioni ingarbugliate altrui, con i consigli, le delucidazioni, e basta. Non che i consigli e le delucidazioni non ci vogliano - essi procedono dallo Spirito Santo -, ma ci vuole innanzi tutto la preghiera e il sacrificio. E, beninteso, né consiglio, né delucidazione, né preghiera, né sacrificio sono veri se manca la grande virtù dell’obbedienza. Ripeto, tutti gli eretici e tutti gli scismatici sono stati dei disobbedienti alla verità che il Magistero annuncia; disobbedienti con la pretesa di essere obbedienti alla verità e la posizione assurda di voler essere creduti e obbediti, e per interessi di vario genere sono stati creduti e obbediti. Pensiamo ai principi germanici che osannarono Lutero per non essere più disturbati nelle loro voglie, ostacolate dal successore di Pietro, segno dell'unità della Chiesa.
E ora non ci resta che fare un difficoltoso cammino di ricomposizione dell'unità.
L'obbedienza a un disobbediente non è un fatto facilmente rimovibile. Non è facile dire ad un obbediente ad un disobbediente, diventato a sua volte disobbediente, che sta disobbedendo alla verità; bisogna prima presentargli la disobbedienza di colui al quale fa riferimento. Dovremo farlo, allora, con la nostra eroica obbedienza alla Verità, che ci rende luce del mondo e sale della terra.
E’ con la nostra obbedienza che potremo (Cf. 2Cor 10,5) rendere quelle intelligenze soggette all’obbedienza al Cristo e alla sua Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica e anche romana.
L’obbedienza! Quante volte Paolo nelle sue lettere ne parla! “Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l'obbedienza della fede da parte in tutte le genti” (Rm 1,5); “Per condurre le genti all’obbedienza” (Rm 15,18); “Ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del Vangelo” (2Cor 9,13).
Oggi l’obbedienza non piace all’uomo; egli ama la trasgressione, si orienta sempre più verso Satana considerandolo l’emblema della trasgressione, intesa come conquista di libertà. Ma la trasgressione non è libertà, è semplicemente obbedienza al Male nell’illusione di essere liberi e quindi di essere i conduttori di un assurdo e tragico gioco col Male. Ma il Male afferra e soffoca; non dà pace, ma solo tortura interiore.
L’obbedienza, amici! L’obbedienza all’Amore eterno; a Dio che è Amore, che è la fonte della vera libertà. Il mondo ha bisogno di luce, di sale; ha bisogno, dunque, di gioiosi obbedienti alla Verità. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

Fonte:http://www.perfettaletizia.it/

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