Padre Paolo Berti“Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”

Epifania del Signore        
Mt.2,1-12 
“Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”
Omelia 
I Magi non vennero - come dire - dal nulla teologico, semplicemente mossi da una stella, anche se
singolare, che si muoveva nella direzione nord-sud, il contrario del movimento delle stelle, ma avevano un patrimonio di pensiero. Certamente seppero che cosa indicava quella stella prodigiosa: il Messia. Infatti, quando giunsero a Gerusalemme, domandarono del re dei Giudei del quale avevano visto sorgere la stella. Erano uomini di fede i Magi; avevano meditato nel loro cuore le profezie sulla stella di Giacobbe, sul futuro Messia che sarebbe nato in Israele. Messaggi, questi, che risalivano al tempo della presenza degli Israeliti nella terra mesopotamica durante il periodo dell’esilio, diversi secoli prima.
Due rilievi si possono fare subito. Il primo è che la parola di Dio, una volta annunciata, trova sempre dimora in qualche cuore e viene meditata e trasmessa. I Magi avevano nel cuore quelle Parole sulle quali lo Spirito Santo aveva vigilato perché fossero conservate.
Il secondo è che Dio non solo informa su Cristo, ma conduce a Cristo.
I Magi furono condotti da una stella.
Dio, dunque, prepara i cuori all’incontro con Cristo.
Quando la Chiesa compie la sua azione evangelizzatrice sa bene che davanti a sé troverà spesso un terreno misteriosamente preparato da Dio; là dove non c’è volontà perversa c’è un terreno che Dio ha preparato. E Dio indirizza l’evangelizzatore a quei terreni. Se leggiamo gli Atti degli Apostoli vediamo come Pietro sia stato indirizzato da Dio verso un centurione; come Paolo abbia trovato delle porte aperte al suo apostolato (Cf. 2Cor 2,12).
E’ incoraggiante sapere che davanti a noi non troviamo il deserto; o quando lo troviamo è perché è stata volutamente rifiutata ogni voce, ogni sussurro di Dio.
Voi, amici, avrete capito che non sono disposto a nutrirmi di illusioni, di ottimismi stolti, che nascondono in realtà solo disimpegno, ma che guardo all’ora che stiamo vivendo con amore e con preoccupazione. Dunque, non vedo nero, come si suol dire, e non resto fermo in una trincea ad aspettare la famosa botta. Dio lavora oltre le nostre vili trincee e siamo chiamati ad essere come la stella dei Magi, cioè dobbiamo essere visibili, presenti, per portare a Cristo.
L’immagine della stella raffigurante i sacerdoti e anche i fedeli è presente nel libro dell’Apocalisse, e quindi è molto pertinente l'applicazione della stella dei Magi a noi.
Guai, dunque, quando le stelle si fanno buttare a terra dal dragone; ne nasce il buio, il disorientamento. Una stella illumina, e orienta. Nel salmo (22,28) c’è scritto: “Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra". Le anime ricordano di essere state create da Dio, e illuminate dalle stelle che irradiano la Luce, Cristo, ritornano a Dio.
E va detto che la Luce risplende nelle tenebre. E, dunque, le stelle splendono quando c’è il buio; il buio non le oscura.
Oggi celebriamo l’Epifania; Epifania, come tutti sanno, vuol dire manifestazione; ma ogni manifestazione ha bisogno della luce per essere tale. Occorre luce per vedere ciò che si rende presente. La luce c’era: la stella. La luce conduceva alla Luce, e la Luce faceva vedere il volto del Padre, che ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio.
Ecco, amici, ognuno di noi deve essere una luce che conduce a Cristo; ma per essere luce dobbiamo mantenere terso, limpido, il cristallo della nostra esistenza. Se il cristallo è untuoso, fuligginoso, lascia uscire solo una luce triste, brutta, monotona, senza vivacità, che affatica la vista di chi la riceve. Consideriamo i grandi santi. Non erano loro delle luci belle, gioiose, vivacissime? Pensiamo a quanti, anche già cristiani, hanno visto in loro l’esempio di un cristallo veramente terso e sono rimasti affascinati dalla luce che ne usciva. Quanti cristiani, vedendo quei cristalli tersi, hanno deciso di pulire il cristallo della loro vita per essere quello che Gesù vuole. “Voi siete la luce del mondo”, disse Gesù sul monte delle beatitudini, dunque cerchiamo di esserlo, lasciando trasparire dalle nostre esistenze lui, la Luce.
Non dobbiamo meravigliarci, se tali siamo, che la gente ci venga vicino. Non dobbiamo inorgoglirci. E’ consequenziale che gli uomini vadano dove c’è la luce, ed è pauroso che ci siano uomini che la fuggono perché non vogliono vedere.
Dice la prima lettura: “Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te - noi dobbiamo dire: in noi - risplende il Signore”.
“Cammineranno le genti alla tua luce i re allo splendore del tuo sorgere”.
I re della terra; i Magi li significano.
Noi, amici, non dobbiamo pensare ad un cristianesimo senza incidenza sociale, senza presenza nella vita delle nazioni, senza parola nella vita politica. A volte si pensa ad un cristianesimo di intimità, di gruppo affiatato, e si perde di vista che siamo tenuti ad essere presenza nel mondo; nel lavoro, nella scuola, e via dicendo.
Io non immagino la mia azione di itinerante come quella di uno che vuole costruire il suo piccolo gregge legato a sé, come una chiesuola. L'azione evangelizzatrice non può essere che per la Chiesa, per l’avvento di una società modellata su Cristo. L'azione di un evangelizzatore non può essere quella di un navigatore solitario, che alla fine non costruisce niente di autentico. E dunque vi rivolgo un invito ad agire sempre in sintonia con la Chiesa, se volete essere luce. Vi rivolgo l'invito a frequentare le vostre assemblee parrocchiali.
Sono un cappuccino; e che faceva Francesco? Che cosa sant’Antonio? Che cosa padre Pio? Puntavano a convertire i cuori e ad essere costruttori di comunità.
Amici, non ci resta che entrare anche noi nella casa di Betlemme. Una casa, poiché la stalla fu l'asilo per la nascita di Gesù: ora una casa. Entrati nella casa lasciamoci accendere di luce dalla Luce e diventiamo lampade dal cristallo terso. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

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