padre Gian Franco Scarpitta,"Le vittorie del Nuovo Adamo"

Le vittorie del Nuovo Adamo
padre Gian Franco Scarpitta
Vangelo: Mt 4,1-11 
La realtà del peccato originale è un dato di fatto che non solamente ci viene insegnato dalla teologia o dalla spiritualità, ma che appare evidente anche nella comune esperienza propriamente nostra. Come
soggetti umani, noi viviamo immersi nel male, ne siamo invischiati, ne conosciamo la diffusione e il dilagare e ne siamo anche protagonisti, sia a livello individuale sia in ordine a una struttura sociale nella quale siamo immersi e che tutti rende responsabili. L'uomo è peccatore in quanto tale e questo già rende evidente l'esistenza del peccato originale e la sua perversità generazionale. Diceva Dostoevskij nel famoso libro de "I fratelli Karamazov: "Ciascuno di noi è senza dubbio colpevole per tutti e per tutto ciò che accade sulla terra, non solo per la comune colpa del genere umano, ma ciascuno personalmente è colpevole per tutta l'umanità e per ogni altro singolo uomo sulla terra"; caratterizzazione del male dilagante e del peccato è appunto la natura umana, capace di danneggiare con il male se stessa e creare luoghi di perdizione e di smarrimento.
Del peccato originale e del male tuttavia Dio non ha colpa. Come principio in se stesso, Dio è infatti Bene assoluto, Bontà e Amore infinito e di conseguenza non poteva porre in essere se non il bene e la felicità, il cui destinatario è appunto l'uomo, concepito come la più nobile delle sue creature oggetto di particolare beneficio e di speciale fiducia. Dal sommo Bene non può che sorgere del bene e appunto man mano che procedeva nella sua creazione, Dio si soffermava ad osservarla concludendo che, anche nei suoi elementi opposti, "era cosa buona"(Gen 1, 3. 6). La realtà del male scaturisce da un abuso della libertà umana e da una errata concezione stessa della libertà, per la quale si è condotti a ritenere giusto ciò che in realtà e illecito, a legittimare come bene ciò che oggettivamente è male in sé e spesso a protendere per il peccato come vera possibilità di autorealizzazione. La libertà di scelta che Dio ha concesso all'uomo sin dall'inizio, ha condotto a fare in modo che il male dilagasse indisturbato nel mondo e che la morte entrasse nel mondo per invidia del peccato. Il peccato originale è quindi un mancato obiettivo della libertà umana, una concezione libertina della volontà, rappresentata dal famoso episodio dell' albero "della conoscenza del bene e del male", nel quale l'uomo è indotto ad esaltarsi e a prescindere da Dio.
Complice del peccato originale è anche una particolare inclinazione cattiva di cui tutti quanti siamo caratterizzati, della quale Paolo parla in questi termini: "So infatti che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. In me c'è il desiderio del bene, ma non c'è la capacità di compierlo. Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio."(Rm 7, 18 - 19). L'inclinazione a compiere il male e a omettere il bene è propria della natura umana e ci ritroviamo a vivere un combattimento interiore fra una parte negativa di noi stessi e un'altra negativa: la consapevolezza del bene che non sempre riusciamo a compiere e la coscienza del male che non sempre siamo in grado di evitare. Altrove Giacomo definisce questo "concupiscienza", definendo questa all'origine di ogni tentazione: "Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscienza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscienza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte." (Gc 1, 13 - 15) La malizia e la concupiscienza ci ragguagliano del fatto che la natura umana è insufficiente e perversa, incline al male di per sé, ciononostante queste caratteristiche non pregiudicano il fatto che l'uomo sia orientato verso Dio e che sia pur sempre "a sua immagine e somiglianza", capace quindi di amore e di donazione. Raggiunto dalla grazia, l'uomo viene risollevato e messo in condizioni di rendersi meritevole davanti a Dio e in questo consiste la redenzione che si è compiuta nel Figlio Gesù Cristo: uomo fra gli uomini non ha disdegnato nulla di ciò che è umano, mantenendo tuttavia le distanze da ciò che per l'umanità intera è rovinoso: il peccato.
Cristo viene spesso posto in antitesi al primo uomo, ponendosi quale rimedio esemplare alla debolezza e alla perversione di quest'ultimo. Come per colpa di un solo uomo (Adamo) è venuta la distruzione e il peccato ha imperversato nella storia, così per i meriti del nuovo Adamo, Cristo, la morte viene definitivamente sconfitta, perché il peccato viene debellato e noi veniamo risollevati dal peccato d'origine, seppure questo contrassegna lo stato dell'umanità. La croce di Cristo è espressione dell'amore eloquente perché in essa si realizza la redenzione piena dell'uomo e la salvezza raggiunge il suo culmine; in essa il nuovo Adamo Cristo recupera, nell'estrema sottomissione e obbedienza al Padre, la disobbedienza del primo uomo apportatrice di disfatta. Nella croce Cristo riporta l'uomo al Padre, mentre in Adamo l'uomo si era reso orfano, avendo abbandonato la comunione con Dio Padre. Adamo era stato fautore di ogni nostra colpa, Cristo estingue con il suo sangue tutte le nostre colpe guadagnandoci alla vita. Nel Battesimo, sacramento lavacro di rigenerazione nello Spirito Santo, nel quale veniamo dallo stesso Cristo rigenerati e vivificati, otteniamo l'affrancamento dalla colpa originale umana e incorporandoci a Cristo veniamo santificati mentre la nostra umanità si ricostruisce nello Spirito. Come dice sempre Paolo, nel Battesimo, dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5, 20).
Ma soprattutto in Cristo vi è il trionfo della fortezza e della temperanza umana, così come in Adamo erano prevalsero negligenza e trascuratezza; l'efficacia dell'umiltà affermata quanto affermata era stata in Adamo la perniciosa presunzione: consapevole delle sue limitazioni in quanto uomo per essendo vero Dio, Cristo si sottomette deliberatamente alle tentazioni del maligno per uscirne indomito e vittorioso, dando prova così della possibilità di vittoria sulle manovre con cui il maligno sfrutta la nostra concupiscienza per indurci al male.
La presa di posizione che il nostro Redentore prende nei confronti del Tentatore ci incoraggia e ci sprona a non demordere alla concupiscienza e a far prevalere in noi l'elemento buono sull'istinto e sulla malvagità. Vincendo le seduzioni allettanti del diavolo, Cristo ci invita a confidare nella grazia di Dio e nell'ausilio dello Spirito per essere forti contro ogni sorta di tentazione e a confidare esclusivamente nelle vie di Dio quali uniche possibilità di salvezza, invitandoci tuttavia all'umiltà per scongiurare in noi ogni presunzione e ogni falso orgoglio.
Il tempo di Quaresima che abbiamo appena inaugurato è il tempo della fiducia nell'uomo, nel quale siamo invitati a guardare al buono che c'è in noi stessi ogni qual volta siamo sedotti dal fascino ingannevole delle tentazioni e dalle lusinghe del peccato: la volontà può vincere sul nostro lato debole e avere la meglio sulle perversioni perché possiamo debellare a nostra volta il male che dilaga nel mondo.
Fonte:http://www.qumran2.net

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