Padre Paolo Berti, “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”

VII Domenica del tempo ordinario           
Mt 5,38-48 
“Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”
Omelia 
La legge del taglione era rivolta a far sentire sulla pelle del colpevole quanto egli aveva fatto ad un
altro. Era un principio punitivo che conteneva in sé un insegnamento, certo primitivo, ma pur sempre necessario rispetto allo scatenarsi della vendetta omicida senza misura (Cf. Gn 4,23s). La regola “occhio per occhio, e dente per dente” Gesù la porta a compimento abolendo la regola di infliggere al colpevole una punizione della stessa intensità della violenza subita, puntando sull'appello alla coscienza. Ad uno schiaffo non si deve rispondere con uno schiaffo; ad una ferita non si deve rispondere con un’altra ferita. E' la coscienza che deve essere sollecitata nel colpevole, non per inchiodarlo nel tormento di un perenne rimorso senza via d'uscita, come spesso si tenta di fare con le invettive lanciate sui colpevoli alle porte dei tribunali, ma perché giunga a ravvedersi nel profondo del cuore. Gesù colpito da una guardia con uno schiaffo non gli ridà uno schiaffo, ma gli rivolge un fortissimo appello alla coscienza (Gv 18,22). I cristiani non possono usare la legge del taglione, come mezzo di correzione hanno il bene, che tocca la coscienza portando al ravvedimento.
Gesù non ci invita ad un distacco passivo dal colpevole per una forma di sottile disprezzo, ma ad un agire positivo. Il “porgi l'altra guancia” è certamente un'immagine rivolta a far superare la legge del taglione, ma nella sua forza contiene un messaggio ineludibile di positività verso l'altro.
A quali situazioni Gesù guarda, perché non può ridursi a semplice immagine della non violenza il porgere l'altra guancia? Gesù guarda ai suoi seguaci colpiti, umiliati, schiaffeggiati a causa della loro fede in lui. Guarda a chi crede in lui, pronto a riceve uno schiaffo perché, mosso da carità, si è esposto a difesa di un debole che viene colpito. Pensiamo all'Ordine dei Mercedari, che prevedeva la carità di darsi schiavi ai turchi affinché altri venissero liberati. Pensiamo a san Massimiliano Kolbe che si presentò per sostituire un uomo, preso da disperazione perché condannato a morire di fame e di sete. A questi casi Gesù ha guardato. Pensiamo ad una madre che vede il marito picchiare il figlio e si interpone accettando di prendere lei le botte.
Gesù con questi vertici di eroismo non vuole abolire la legittima difesa, poiché essa è una dura necessità di questo povero mondo, ma certo non vuole che sia intrisa di odio.
Se l'odio, poi, volesse attaccare il bene supremo dell'amore presente nel cuore di un discepolo di Cristo, se volesse mettere alla prova la sua capacità di amare, se volesse spegnere in lui l'amore, l'amore crescerà e vincerà accettando tormenti e umiliazioni.
L'amore non può mai spegnersi, a meno che non sia un nostro no a spegnerlo (Ct 8,7).
Se davanti ad un discepolo del Signore si para una croce a sbarrargli il cammino, l'amore gli darà la forza di prendere sulle spalle quella croce e procedere, e l'amore crescerà poiché la croce fa crescere l'amore.
L'avidità degli uomini, come ci dice Gesù, può usare del potere giudiziario di un tribunale per estorcere ad un povero anche solo la tunica che possiede. Una situazione fatta apposta per sgomentare, frustrare, maledire. Il dare anche il mantello non è segno di viltà, ma di rinuncia all'ira, alla rabbia, allo sdegno, per affidarsi a Dio. Il dare il mantello non è gesto di disprezzo rabbioso, né azione irresponsabile, ma manifestazione di fiducia in Dio che provvederà ben presto (Cf. Es 22,26). Tale testimonianza di paziente fiducia scuoterà la coscienza dell'estorsore, che potrà giungere a ravvedersi.
Gesù presenta anche il caso di chi è costretto a servire un oppressore che gli impone di portare il peso della sua merce. Era il caso dei soldati romani che spesso obbligavano ebrei a trasportare gravi pesi. Gesù dice che non bisogna lasciarsi prendere dall'ira, dalla rabbia, dalla maledizione, quando si è sottoposti a tale sopruso, ma, al contrario, bisogna disporre l'animo alla pazienza come se si dovessero fare due miglia, anziché una. Il portare il carico rinunciando all'ira, all'odio, all'astio diventerà un appello alla coscienza dell'oppressore, un invito a considerare il perché di tanta dignitosa mansuetudine.
“Amerai il tuo prossimo” è comandamento scritto nel libro del Levitico (19,18). L'amore verso il prossimo era circoscritto verso il proprio connazionale, verso l'alleato, ma non verso il nemico; tuttavia l'espressione “Odierai il tuo nemico” non si trova in nessuna parte della Scrittura. Vi sono, tuttavia, invocazioni a Dio di sventura sui nemici (Cf. Ps 68/69,25s) perché non prevalgano, ma non è presentata la cruda maledizione di odio dell'uomo sull'uomo. Riguardo all'azione caritativa viene detto di non aiutare gli empi se in stato di bisogno (Sir 12,4-7), perché non diventino forti contro chi li ha beneficati. In pratica però gli uomini arrivavano ad odiare, da qui il “fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”.
Gesù vuole che nel cuore dell'uomo non ci sia più il rancore, il risentimento, e tanto meno l'odio.
Così ha abolito l'invocazione a Dio di maledire i nemici (Lc 6,28; 9,4; Rm 12,14), poiché in tale richiesta c'è il rancore, il risentimento, se non l'odio. Non dobbiamo chiedere a Dio che maledica; lo farà lui quando vedrà raggiunti vertici di ribellione, che solo lui conosce. Gesù sulla croce benedì e non maledisse: invocò perdono per gli uomini (Mt 23,34; 1Pt 2,23). Fu il Padre a maledire il tempio il cui velo si lacerò (Mt 27,51), poiché Gerusalemme aveva raggiunto in quelle ore vertici di ribellione a lui.
Dobbiamo chiedere il bene per i nostri nemici: “Pregate per quelli che vi perseguitano”. Ma non solo pregare, ma anche fare del bene al nemico se lo vediamo in stato di necessità (Lc 6,27): “Fate del bene a quelli che vi odiano”. Non si deve avere paura che il nemico per il nostro aiuto possa diventare forte contro di noi, ma credere che gli stiamo dando un'opportunità di cambiamento.
Gesù ha abolito l'odio verso il nemico, verso l'empio, verso il persecutore, e bisogna amare i nemici per avere un amore universale, che superi l'amore verso connazionali, alleati e amici.
Amare chi ci ama non è fare niente di straordinario rispetto l'agire pagano.
Il cuore deve essere duro contro il male, ma non contro il persecutore, di fronte al quale bisogna porsi con la nobiltà conferita dalla fortezza della fede e dell'amore.
Il compito di giustizia da attuare verso gli empi è quello di annunciare Cristo, testimoniandolo con la vita.
Il mondo sarà portato alla pace, quella vera, non prodotta dalle armi, dura necessità per la difesa di un popolo, ma dalla partecipazione alla passione di Cristo. Portare la pace nel mondo era il desiderio di san Paolo, come di tutti i santi, come deve essere il nostro. Per portare la pace Paolo non esitava a partecipare ai patimenti di Cristo, nel dono di completarli, come dice nella lettera ai Colossesi (1,24): “Ora io sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Chiesa che deve crescere nella santità ed estendersi nel contempo a tutte le genti. Il mondo è ostile, trama agguati e violenze, verbali o meno, contro chi annuncia l'amore, perché il mondo odia l'amore, ma Dio protegge la Chiesa e, come abbiamo ascoltato: “Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia” e anche “Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani”.
La Chiesa procede portando la croce, e non avanza senza la croce. Certo, “Prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Mt 10,16) ci dice il Signore per non cadere nei tranelli degli uomini, nei loro raggiri; ma pur prudenti non dobbiamo mai sottrarci alla croce, sotto pretesto di potere portare, senza subire colpi, ugualmente Cristo nel mondo.
Quanti prudenti la cui prudenza è viltà! Quanti vedendo gli eroi di Cristo sotto le croci pensano che hanno fatto l'errore di non essere prudenti. Ma, l'abbracciare la croce non porta a sconfitta, a fallimento. Grandi gli orizzonti che ci stanno davanti, fratelli e sorelle; grande l'impresa che dobbiamo compiere: quella di portare a Cristo il mondo con la forza dell'amore, testimoniato con l'accettazione della croce. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

Fonte:http://www.perfettaletizia.it/

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