Don Paolo Zamengo"Guarire lo sguardo

Guarire lo sguardo      Gv 9, 1-41
26 marzo 2017 | 4a Domenica di Quaresima - A
Cieco dalla nascita. Sembra un annuncio funebre. Un triste biglietto da visita che gli consegna la
condanna a un futuro da accattone. Infatti viveva da mendicante nutrendosi di bocconi amari e lacrime.

Ma un bel giorno sulla sua strada passa Gesù e non si limita a guarirgli gli occhi spenti ma compie su di lui un prodigio ancora più importante. Gli corregge la messa a fuoco interiore e gli offre una nuova profondità alla sua vita spirituale.

La guarigione è raccontata con poche parole perché il centro della storia è il dibattito serrato che ne segue. Gli imputati apparentemente sono il cieco guarito e Gesù, ma i veri accusati sono proprio i farisei presuntuosi e arroganti.

Le parole del cieco guarito sono lineari e di una franchezza che non gli conoscevano ma ora, liberato anche dalla soggezione psicologica, parla, si difende e attacca con una forza stupefacente. Il miracolo vero si gioca sul campo dell’invisibile. Molti hanno occhi e non vedono.

In lui sta crescendo la luce interiore e vede Gesù e lo chiama profeta, inviato da Dio. Piano piano il miracolato si avvicina alla salvezza fino al punto da chiedere “Chi è il Signore, perché io creda in lui?” E Gesù gli risponde: “Sono io, mi vedi, parlo con te”. Il mendicante di luce ora è ricco davvero, restituito alla luminosità dello spirito perché ha raggiunto la sorgente della luce.

Allora si scatena la bufera perché i farisei avevano alzato un muro invalicabile attorno alla legge. Della fede si sentono i legittimi custodi e i difensori. Avevano perciò ridotto la fede e la liturgia a proprietà privata ed era scrupolosamente vietato altro accesso o contributo. La verità è soffocata ed emergono gli antichi pregiudizi. Gesù non può venire da Dio perché ha violato la legge del sabato. Gesù è, quindi, un peccatore.

A nulla vale la testimonianza del cieco guarito. “Sei nato nel peccato e insegni a noi? E lo cacciarono fuori”. La teologia che ha il compito di rivelare l’amore del Padre si trasforma in scomunica. La conclusione dell’episodio è carica di amarezza. Nei confronti del cieco guarito da Gesù viene pronunciata una sentenza di condanna inappellabile. D’ora in poi non potrà più entrare nella sinagoga perché lui cieco ha preteso di vedere.

Appena fuori dalla sinagoga, luogo di preghiera della comunità ebraica, si ripete l’incontro. Gesù e il cieco guarito di nuovo di fronte. Tra loro fiorisce un dialogo di profonda intensità. Gesù non tradisce chi si lega a lui e se, prima gli aveva aperto gli occhi del corpo ora gli apre anche quelli del cuore. Il cieco guarito diventa ora un credente.
Ma come è difficile aprirsi al dono! Chi crede di vedere non raggiunge la luce. Di fronte alla gioia di un uomo che vede per la prima volta il sole e gli occhi di sua madre, anche gli alberi, se avessero potuto, avrebbero cantato di gioia. I Farisei no. Loro conoscono a memoria la bibbia ma hanno dimenticano la vita. È facile essere credenti ed essere senza cuore, funzionari delle regole ed analfabeti dell’amore, difensori dei principi e indifferenti al dolore.
Ma noi, illuminati da Gesù, impariamo la familiarità con il bene. Abbiamo l’energia per vederlo, abbiamo l’energia per farlo.

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