padre Raniero Cantalamessa, " La Samaritana, ovvero della vita eterna

 La Samaritana, ovvero della vita eterna
padre Raniero Cantalamessa
III Domenica di Quaresima (Anno A)
Vangelo: Gv 4,5-42
Alla Samaritana, e a tutti coloro che in qualche misura si riconoscono nella sua vicenda, Gesù fa nel
vangelo di questa domenica una proposta radicale: cercare un'altra "acqua", dare un senso e un orizzonte nuovo alla propria vita. Un orizzonte eterno! "L'acqua che io darò diventerà in lui sorgente che zampilla per la vita eterna". Eternità è una parola caduta in "disuso". È diventata una specie di tabù per l'uomo moderno. Si crede che questo pensiero possa distogliere dall'impegno storico concreto per cambiare il mondo, che sia un'evasione, uno "sprecare in cielo i tesori destinati alla terra", diceva Hegel.
Ma qual è il risultato? La vita, il dolore umano, tutto diventa immensamente più assurdo. Si è persa la misura. Se manca il contrappeso dell'eternità, ogni sofferenza, ogni sacrificio appare assurdo, sproporzionato, ci "sbilancia", ci butta a terra. S. Paolo ha scritto: "Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria". In confronto all'eternità della gloria, il peso della tribolazione gli appare "leggero"(a lui che nella vita ha sofferto tanto!) proprio perché "momentaneo". Infatti, aggiunge: "le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne"(Cor 4, 17-18).
Il filosofo Miguel de Unamuno (che pure era un pensatore "laico"), a un amico che gli rimproverava, quasi fosse orgoglio e presunzione, la sua ricerca di eternità, rispondeva in questi termini: "Non dico che meritiamo un aldilà, né che la logica ce lo dimostri, dico che ne abbiamo bisogno, lo meritiamo o no, e basta. Dico che ciò che passa non mi soddisfa', che ho sete d'eternità, e che senza questa tutto mi è indifferente. Senza di essa non c'è più gioia di vivere...È troppo facile affermare: 'Bisogna vivere, bisogna accontentarsi di questa vità. E quelli che non se ne accontentano?". Non è chi desidera l'eternità che mostra di non amare la vita, ma chi non la desidera, dal momento che si rassegna così facilmente al pensiero che essa debba finire.
Sarebbe un grande guadagno, non solo per la Chiesa ma anche per la società, riscoprire il senso dell'eternità. Aiuterebbe a ritrovare l'equilibrio, a relativizzare le cose, a non cadere nella disperazione di fronte alle ingiustizie e al dolore che ci sono nel mondo, pur lottando contro di esse. A vivere meno freneticamente.
Nella vita di ogni persona c'è stato un momento in cui ha avuto una qualche intuizione dell'eternità, un sentore, per quanto confuso... Bisogna stare attenti a non cercare l'esperienza dell'infinito nella droga, nel sesso sfrenato e in altre cose dove, alla fine, c'è solo delusione e morte. "Chi beve di quest'acqua avrà ancora sete", disse Gesù alla Samaritana. Bisogna cercare l'infinito in alto, non in basso; al di sopra della ragione, non al di sotto di essa, nelle ebbrezze irrazionali.
È chiaro che non basta sapere che esiste l'eternità, bisogna anche sapere come si fa a raggiungerla. Chiedersi come il giovane ricco del Vangelo: "Maestro che devo fare per avere la vita eterna?". Leopardi, nella poesia "L'Infinito", parla di una siepe, che "da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". Cos'è per noi questa "siepe", l'ostacolo, che ci impedisce di spingere lo sguardo verso l'orizzonte ultimo, quello eterno? La Samaritana, quel giorno, capì che qualcosa doveva cambiare nella sua vita se voleva ottenere la "vita eterna", perché la troviamo di lì a poco trasformata in una evangelizzatrice che racconta a tutti, senza vergogna, quello che le ha detto Gesù.
Fonte:http://www.qumran2.net

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