don Paolo Ricciardi, Domenica delle Palme (Anno A)

Commento su Matteo 26,14-27,66
Domenica delle Palme (Anno A) (09/04/2017)
Vangelo: Mt 26,14-27,66 
COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Paolo Ricciardi
Oggi, Domenica delle Palme, siamo stati chiamati a rivivere spiritualmente l'ingresso di Gesù in
Gerusalemme, acclamato come il re d'Israele, che viene nel nome del Signore. Questa gloria di Cristo Re è oggi però solo preannunciata, in quanto deve passare attraverso la passione, come abbiamo appena ascoltato, nel racconto che ci fa il vangelo di Matteo, dall'istituzione dell'eucaristia fino alla sepoltura.
Ancora una volta in questo giorno ci siamo fatti attenti, immaginando le scene, non senza una attenzione rispettosa e una profonda commozione.
Ancora una volta siamo qui, all'inizio della Settimana Santa, con il peso delle nostre vite, pensieri, preoccupazioni, sofferenze, gioie, attese, speranze, desideri. E i nostri sguardi vanno verso la Croce.
In tutto il racconto della Passione Gesù sembra attratto dalla croce. Il suo passo lento verso il Calvario è in realtà una corsa del cuore verso quell'Innalzamento. E noi ne siamo turbati, entrando in scena in questa passione un po' come la moglie di Pilato - di cui ci parla solo Matteo - che dorme agitata a causa di quell'uomo visto nei suoi sogni. Lontani sembrano i sogni di Giuseppe, all'inizio dello stesso vangelo, che sono invece un invito alla serenità e alla fiducia.
Cos'è che tiene in alto Gesù, lì su quel legno? Non la terra, né le pietre, né gli stessi legni o i chiodi. Gesù è tenuto fermo dall'Amore.
Oggi siamo chiamati a fissare questo Amore che dà senza chiedere nulla in cambio.
Non c'è bisogno di troppe parole, se non lasciare spazio a questo silenzio. Silenzio dell'uomo e silenzio di Dio. Il Padre abbandona il Figlio. Solo così Gesù poteva raggiungere l'ultimo posto che può occupare un uomo: non quello di un condannato, di un sofferente, di un escluso, di un disprezzato dagli uomini. Non bastava tutto questo: flagelli, sputi, insulti, chiodi, derisioni, spoliazione. Non era sufficiente per raggiungere l'ultimo posto. Gesù lo ha raggiunto nel momento in cui ha sperimentato l'abbandono di Dio, perché nessun uomo potesse più sperimentarlo, anche nelle sofferenze spirituali e corporali più atroci.
E Gesù, abbandonato da Dio, si abbandona in Dio. Appassionato degli uomini, soffre la passione per condurci a Dio. Da quell'albero di morte, germoglia per noi la Vita. E questa Domenica delle Palme, può essere per noi, con un ramo di ulivo in mano, uno spiraglio di Pace, che ci fa desiderare la Pasqua.
Fonte:http://www.qumran2.net/

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