dom Luigi Gioia, "Mai più delusi"

Mai più delusi
dom Luigi Gioia  
V Domenica di Pasqua (Anno A) (14/05/2017)
Vangelo: At 6,1-7; Sal 33; 1 Pt 2,4-9; Gv 14,1-12 
Quanto non abbiamo bisogno di sentirci ripetere da Gesù l'esortazione del vangelo di oggi: Non sia
turbato il vostro cuore. Fin dall'inizio della storia della Chiesa, come trapela nella prima lettura, vi sono state tensioni, divisioni, mormorii: In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica, perché nell'assistenza quotidiana venivano trascurate le loro vedove. Queste tensioni, queste complicazioni, questi scandali non hanno cessato di amplificarsi con il crescere della Chiesa nel corso dei secoli e sono oggi sotto gli occhi di tutti più palesi che mai.
Tutto questo può legittimamente turbarci, condurci a dubitare, e più ancora può scoraggiarci la mediocrità spirituale di tanti aspetti della vita della Chiesa. Può deluderci la sua incapacità di parlare al cuore della gente, di offrire una consolazione che sia effettivamente radicata nel Vangelo, che sia veicolo dell'efficacia della parola di Dio. Molto spesso, ancora più delle debolezze umane, comprensibili nel clero come in ogni altra persona, è proprio questa mediocrità spirituale che maggiormente ci frustra e ci turba.
Che contrasto con la bellezza della vocazione cristiana descritta con tale passione da Pietro nella seconda lettura: Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Siamo chiamati a proclamare le meraviglie di Dio in maniera che ispirino gioia, che tocchino il cuore. Sul nostro volto, sul volto della nostra Chiesa, dovrebbe risplendere la luce meravigliosa di Dio - come dice ancora Pietro.
Di fronte alla bellezza e alla grandezza della nostra vocazione è normale dunque provare delusione quando constatiamo come la sprechiamo non corrispondendovi. Questa però non può essere l'ultima parola di un cristiano. Tale constatazione deve ogni volta diventare l'occasione per lasciarsi consolare dalle parole di Gesù che ci chiede di continuare ad aver fiducia in lui: Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. La nostra fede non è in persone umane, non è nell'istituzione, ma è in Dio, è in Gesù. Se crediamo che la Chiesa, malgrado tutti i suoi limiti, continui a restare mezzo attraverso il quale Cristo opera, è perché crediamo alla parola di Gesù, è a causa sua. Se non dobbiamo lasciarci turbare dalle tante miserie, sofferenze, delusioni e dai tanti problemi della vita presente, è perché il posto che il Signore ci ha preparato non è qui, ma è con lui, è nei cieli, è nella vita che viene. Qui siamo solo di passaggio, questa vita è solo un pellegrinaggio.
Gesù ci dice anche che, del luogo dove andiamo, conosciamo la via. La via è lui stesso, perché lui solo è verità, lui solo è veritiero, lui solo non ci mente, non ci delude mai. Lui solo ci ha provato il suo amore per noi, la sua amicizia per noi, fino a morire per noi. Lui solo è con noi ogni giorno, ogni istante: Io sono con voi fino alla fine del mondo.
A differenza di Tommaso, noi adesso sappiamo dove andiamo, dove ci conduce Gesù. Andiamo al Padre, ritorniamo nelle braccia di colui che ci ha creati per amore e ci vuole seduti alla sua mensa, per colmarci di gioia alla sua presenza, per darci la vita che non finisce, per asciugare ogni lacrima dai nostri occhi. Andiamo verso la casa del Padre per dimorarvi per sempre, non come servi, non come ospiti - nemmeno come amici, ma come figli, nel Figlio Unico che è Gesù. Per questo Gesù è la via, perché il vero Figlio del Padre è lui, ed è solo uniti a lui, stretti intorno a lui, aderendo a lui, avendo fede in lui, battezzati in lui che possiamo entrare come anche noi con la dignità dei figli nella casa del Padre.
Ce lo conferma la seconda lettura: Carissimi, avvicinandovi al Signore Gesù, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Siamo pietre vive solo se uniti alla pietra viva che è Cristo. Possiamo essere graditi a Dio solo uniti a Gesù.
Aderiamo a Gesù credendo in lui. Infatti, credete in me vuol dire: abbiate fiducia in me, "la vostra speranza non è in persone umane, neanche in quelle che dovrebbero rappresentarmi, ma è in me". Ma soprattutto credete in me vuol dire "avvicinatevi a me, aderite a me, stringetevi a me, restate uniti a me, con me, in me entrate nella casa del Padre". Pensiamoci soprattutto nel momento nel quale riceviamo il corpo di Cristo. Quando riceviamo Cristo, in realtà è lui che ci riceve, è lui che fa di noi un corpo solo, una cosa sola con lui, che ci stringe a lui. È lì che noi possiamo aderire a lui. Uniti a lui non abbiamo nulla da temere. Uniti a lui mai il nostro cuore sarà turbato. Come dice il salmo: Chi crede in lui non resterà deluso.

Fonte:http://www.qumran2.net

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