Don Paolo Zamengo, Il “bel pastore” ci guida

Il “bel pastore” ci guida     Gv 10, 1-19

Il vangelo di questa domenica racconta il feeling impercettibile ma reale e intenso che nasce tra il
gregge e il pastore. È fatto di silenzi, di monosillabi, di segni convenzionali ma eloquenti, occhiate d’intesa, di lento incedere e accelerazioni improvvise, di spostamenti imprevisti o di pause defaticanti…

Il pastore conosce le pecore una per una, ne custodisce le fragilità, intuisce i segreti e valorizza le attitudini. Indica la direzione, stabilisce la cadenza, sceglie il pascolo, ha il passo fermo e pacato, rassicura le pecore anziane e rimbrotta quelle esuberanti, cura le malate e incoraggia le giovani, evita scatti che inducono ad ansietà, cambi  di direzione che portano alla paura…

Il pastore ama più i silenzi che le parole, più la fedeltà che le decisioni spettacolari, più i gesti ripetuti che i cambiamenti non necessari. Tutto è essenziale, fermo, sobrio, preciso. Il gregge non è una massa informe e senza volto. Chiama le pecore per nome che si è inventato: Stella, Bianca, Nerina…Nomi pieni di poesia.

L’immagine del gregge e del pastore è una immagine familiare in Palestina. Richiama per tutti la relazione tra il re e il popolo, tra Dio e i fedeli. Abramo e i patriarchi erano pastori. Mosè, Giosuè e Davide sono chiamati pastori di un popolo che guidano in nome di Dio.

La vita del pastore dipende dalle pecore e quella delle pecore dal pastore. Senza di lui sarebbero in balia di predoni o di bestie feroci. I profeti talvolta hanno parlato dei capi del popolo come di pastori malvagi, ladri e infedeli che aggrediscono e divorano. I profeti tengono accesa la speranza di pastori autentici in attesa di Gesù, pastore, che dà la sua vita per il gregge.

Per questo Gesù applica a sé l’immagine del pastore buono e della porta che custodisce, protegge e salva. E dà un giudizio severo per quanti esercitano autorità in modo ingannevole e arrogante. Non parla solo del passato ma raggiunge l’oggi della storia.

La sua sovranità è interiore. Non vuole onori o riconoscenza ma semplicemente la gioiosa  fedeltà di chi condivide il cammino e l’ideale. Mi è fatale fare dei confronti e chiedermi se oggi  siano rispettati i diritti fondamentali della persona e fino a che punto l’uomo e le sue esigenze fondamentali siano messe al centro della politica.

Se e quanto le regole dell’economia mettano l’uomo al centro della storia. Resta purtroppo scandalosamente vero che l’uomo è troppo spesso solo ridotto a consumatore, solo a target pubblicitario, a triste risorsa produttiva.

La storia di Gesù ci racconta che lui è stato l’unico a mettere l’uomo al posto che gli compete e propone a tutti gli uomini una vita in pienezza e abbondanza. Ha fatto della sua vita un dono perché la nostra sia salva. Chiede ai credenti in lui di ascoltare con disponibilità la sua voce e a seguirlo senza condizioni.

Gesù sia il riferimento luminoso per quanti sono investiti di autorità: genitori, insegnanti, educatori, preti, dirigenti, medici, imprenditori, politici….Un riferimento luminoso e un confronto continuo.

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