Don Paolo Zamengo, "Ardente attesa"

Ardente attesa     Gv 20, 19-23
“Se dipendesse da te, il mondo non avrebbe mai un domani, perché tu rifiuti sempre l’oggi”. Questa è
proprio la fine. È la tentazione della stanchezza e della paura. Ma oggi ci è insegnato come vincerla: aspettare a Gerusalemme, nel cenacolo, riuniti in preghiera con Maria, la madre di Gesù.

Ciò che pesa di più sul nostro cuore è l’attesa. L’immediato efficientismo tecnologico ci fa credere che il subito sia anche il tutto. E così si insedia nel cuore, che non è più educato all’attesa, un tarlo: il bisogno ha sostituito il desiderio. La speranza invece cresce per paziente attesa e si fonda sulla silenziosa fiducia della parola data. Nel campo di Maria, terra fertile, lo Spirito santo ha trovato la paziente attesa e la fiduciosa speranza.

Tutti quei giorni, i Dodici sono stati nel cenacolo ma non da soli, con Maria la Madre. Alla sua scuola le paure, le impazienze, gli scoraggiamenti, le attese sono diventate preghiera e hanno colorato la terra dei loro cuori rendendoli capaci di attirare il fuoco dello Spirito Santo.

Il dono è personale, una lingua di fuoco si posava su ognuno di loro. Unico è lo Spirito ma molteplici le manifestazioni. Questo è il primo miracolo dell’amore divino. Noi da soli difficilmente mettiamo insieme le nostre capacità. Solo lo Spirito riesce a fondere il ghiaccio del protagonismo e dell’orgoglio e a far sì che l’oro dei talenti che Dio ci ha affidato porti frutto nella comunione e nell’armonia dei cuori.

Così il cristiano suona il suo umile e nascosto strumento, immerso tra mille altre note, tutte preziose agli occhi di Dio. E la comunità umana trova la sua pace: “Li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”.

Brucia ancora il ricordo della condanna inflitta all’innocente. Gesù è ancora pericoloso per gli equilibri di Israele, retto da uomini più interessati alla propria gloria che a quella di Dio. Ma quella tragedia è letta ora alla luce della morte e risurrezione di Gesù di Nazareth, letta come luogo della presenza di Dio nella storia, anche impazzita, degli uomini.

“Se dipendesse da noi, il mondo non avrebbe mai il domani, perché rifiutiamo l’oggi, il presente”. È vero: senza lo Spirito santo se fosse dipeso solo dai Dodici, quella piccola chiesa sarebbe rimasta chiusa nelle sue paure. Se dipendesse da noi…senza lo Spirito Santo rifiuteremmo sempre l’oggi, perché l’agire di Dio continua a sorprenderci e, a volte, a sconvolgerci.

Se dipendesse da noi….per fortuna non dipende da noi se noi ci apriamo ad accogliere come i Dodici lo Spirito Santo. Se l’attesa ci pare lunga, restiamo accanto a Maria e contempliamo il suo limpido volto di madre. Questo volto ha i tratti del volto del Figlio. Solo a guardarla, la fede diventa forte, la speranza si accende e si infiamma il desiderio. Anche per noi è Pentecoste.

E l’oggi non dipende più da noi, ma dall’opera dello Spirito Santo nella nostra umile vita.  Certamente, per grazia, le finestre si sono spalancate. La sua luce finalmente può entrare e tutto il suo fuoco può bruciare, perché più grande di tutto è la carità.

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