Padre Paolo Berti, “...annunciatelo dalle terrazze”

XII Domenica del T. O.   
Mt 10,26-33 
“...annunciatelo dalle terrazze”
Omelia 
Gesù, fratelli e sorelle, non ci ha nascosto che chi lo vuole annunciare e testimoniare avrà difficoltà
nel mondo. Il mondo reagisce contro coloro che diffondono la conoscenza di Cristo. “Se hanno chiamato Belzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!”, sono le parole di Gesù che immediatamente precedono il brano del Vangelo di oggi. E queste parole ci mettono sulla pista giusta per intendere quel “Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto”. E', infatti, una grossa difficoltà da superare nell'evangelizzazione il trovarsi di fronte alla esibizione della potenza degli uomini, che ci vogliono portare a pensare che la nostra azione è inutile, destinata ad essere annullata irrimediabilmente; che il nostro nome sarà ricordato come quello di una persona infame. Subentra allora un senso di scoraggiamento, che deve essere vinto guardando Gesù, diffamato, condannato alla morte di croce, posto tra due ladroni per distruggere la sua immagine nei cuori che l'avevano accolto, e condannarne il nome alla dimenticanza. Gesù ci dice di non turbarci se ci trovassimo in tali situazioni estreme, perché la nostra giustizia si affermerà. Sul calvario tutti gridavano contro Cristo, ma ecco il centurione disse: “Veramente quest'uomo era giusto” (Lc 24,47). Sì, anche per noi ci sarà qualcuno che proclamerà il nostro essere giusti.
Non lasciamoci suggestionare dall'apparente potere che gli uomini hanno di soffocare con la menzogna e anche con la violenza la nostra testimonianza. E' brutto essere guardati come malfattori, ma la nostra giustizia brillerà come dice il salmo (36/37,6): “Farà brillare come luce la tua giustizia, il tuo diritto come il meriggio”. Quanti martiri sono morti nelle carceri, dove nessuno li vedeva, dove di loro nulla più si sapeva, eppure non hanno dubitato che un giorno nel cielo la loro giustizia avrebbe brillato, e sono stati sicuri che la loro morte sarebbe stata feconda nel presente dell'azione della Chiesa. “Nulla vi è di nascosto che non sarà svelato” in cielo.
La prima lettura ci presenta Geremia di fronte alla persecuzione. Ha attorno a sé un clima di viltà; i fomentatori cercano complici, si organizzano per un'azione estesa e mortale: “Denunciatelo! Sì, lo denunceremo”. Terrore all'intorno avvertiva Geremia, e parole tragiche: “Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta”.
Geremia si sente condotto in giudizio con capi di accusa falsi. Un tribunale è già pronto per condannarlo.
I cristiani, fratelli e sorelle, sono sempre stati perseguitati e messi a morte in nome di menzogne elevate a verità. In una società che decreta la libertà di coscienza, di religione, questo non accade, o almeno non dovrebbe accadere. Certo è che processi-linciaggio contro preti, dichiarati colpevoli di essere contro la civiltà, l'ordine e il progresso, ce ne stati tanti nei regimi totalitari; e oggi si sta profilando il totalitarismo del laicismo, del relativismo, del liberismo, per il quale annunciare “dai tetti” Cristo Signore viene interpretato come un tentativo di togliere la libertà, non di darla, come invece è.
Gesù procede nel suo discorso presentando che i discepoli incontreranno sentenze di condanna a morte: “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l'anima e il corpo”.
Parole chiare, queste, accompagnate dall'attestazione della fedeltà di Dio, l'amore di Dio: “Due passeri non si vendono forse per un soldo?....”.
C'è un passo dell'Apocalisse che è molto illuminante al proposito (11,8s). E' quello dei due testimoni, avvolti nel sacco, che servono il Re di tutta la terra, cioè Cristo. Essi, dice il testo, saranno messi a morte, tutta la loro testimonianza parrà oscurata, cancellata. I loro cadaveri rimarranno esposti “sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto (...). Gli abitanti della terra fanno festa su di loro, si rallegrano e si scambiano doni”. Capite, fratelli e sorelle! Fanno festa e si scambiano doni. Sì, doni!. Si sentono giusti, solidali, ma ciò in una farsa terribile. Hanno eliminato chi disturbava la loro civiltà, le loro buone maniere. Si fa festa perché si è conquistata con la morte dei due testimoni la libertà. La menzogna, il Principe della menzogna, può portare a tanto gli uomini. Satana appare il liberatore. Ma i due testimoni ”si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli”; loro sono i vincitori.
Infatti, se di fronte al cristiano si erge il peccato del mondo, questo non è tale da fermare il cristiano, poiché da Cristo si riversa una abbondanza di forza, che tutto supera. San Paolo ci dice che "la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti."
Gesù non trascura di rassicurarci, mentre ci dice cose così forti: “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati”. Un dettaglio trascurabile, ma proprio per questo segno della vigilanza di Dio su di noi.
Qualcuno dirà: “Ma le parole di Gesù erano per i discepoli, gli apostoli; l'era dei martiri c'è già stata”. Io rispondo che le parole che Gesù diceva sono rivolte a tutte le generazioni. Vedete amici, se diciamo che il Vangelo era per allora e che oggi lo Spirito Santo, che conduce a tutta la verità, ci dice cose che allora Gesù non disse, noi cadiamo nell'errore di pensare buono quanto oggi il mondo ci presenta in campo di contraccezione, di manomissione della vita, di indissolubilità matrimoniale. Lo Spirito Santo, invece, ci illumina quella Parola, che non passerà mai, proprio perché è per tutte le epoche; proprio perché già si è chiusa la rivelazione; resta l'approfondimento promosso e verificato dal Magistero. Piuttosto di avvelenarci accogliendo i fatali errori del mondo, cerchiamo di fortificarci secondo le parole di Gesù: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.
Ma, non c'è sempre aspra lotta davanti a noi, c'è anche pace, tempi di pace. I tempi di pace sono, però, preparati dalla testimonianza coraggiosa dei veri cristiani. Noi siamo chiamati a questo, a preparare veri tempi di pace in situazioni che si profilano molto difficili. I modelli rosei di vita cristiana tranquilla, agiata, confortevole, presentati spesso da diversi dopo il concilio, non preparano a vittorie, ma a sconfitte.
Noi, fratelli e sorelle - ditemi se non è vero -, rinneghiamo a volte Gesù anche là dove non c'è nulla temere. Lo rinneghiamo tacendo la nostra identità per amore del quieto vivere. Gesù ci dice: “Predicatelo sui tetti”; e queste parole vogliono che diveniamo presenti e visibili. La comunità cristiana deve essere sempre visibile e verificabile, non solo nelle celebrazioni Eucaristiche, ma nell'azione quotidiana.
C'è una parola di Geremia che ci colpisce e che non vogliamo, né possiamo dire: “Possa io vedere la tua vendetta su di loro”. Noi, invece, diciamo “Venga il tuo regno”, venga il tempo della civiltà dell'amore. Il cristiano non chiede la sventura dei nemici, chiede l'affermazione del regno di Dio nei cuori.
Noi non dobbiamo maledire. Ci penserà Dio ad agire. I nemici periranno per le loro stesse scelte; soccomberanno per le loro stesse divisioni. Il loro accanimento contro Cristo e la Chiesa li porterà solo a verificare ancora una volta la verità di quanto diceva Tertulliano nel suo Apologeticum: “Per quanto raffinata a nulla serve la vostra crudeltà. Ad ogni colpo di falce diveniamo più numerosi: è seme il sangue dei cristiani!”. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.
Fonte:http://www.perfettaletizia.it/

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