fr. Massimo Rossi, "Meglio non rimandare a domani..."


Commento su Matteo 13,24-43
fr. Massimo Rossi  
XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/07/2017)
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Che paura!
L'avvertimento di Gesù, sul destino di coloro che commettono iniquità e suscitano scandalo è
chiarissimo. Ci conviene rigar diritto, piuttosto che rischiare la fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti... in eterno.
Il Signore usa il metodo del (buon) papà, o, meglio ancora, della (buona) mamma: quando un bambino fa i capricci, non obbedisce ai genitori e combina solo guai, una mamma esasperata ricorre anche alle minacce...e, per un esagerato prurito alle mani, che in certi momenti coglie tutte le mamme, anche le più sante, ci può scappare una salutare sberla... “Se non capisce con le buone, capirà con le cattive!”...
Umorismo a parte - meglio sdrammatizzare! -, la questione (della salvezza e) della dannazione eterna diede non poco filo da torcere ai Padri conciliari riuniti a Trento - seconda metà del 500 -; la domanda fatidica era: per meritare (?) la salvezza è necessario pentirsi dai propri peccati per amore di Dio - contrizione, o pentimento perfetto - oppure è sufficiente pentirsi per paura dell'Inferno - attrizione, o pentimento imperfetto -? Dopo tanto discutere, il Concilio di Trento sentenziò che, per guadagnare il Paradiso, fosse sufficiente l'attrizione, il pentimento imperfetto... Non sarà un pentimento da 110 e lode, ma va bene lo stesso.
E così, per secoli la Chiesa ha usato lo strumento dell'intimidazione per muovere le coscienze a conversione e volgerle al bene.
L'Amore per Dio non era, per così dire, una argomento all'ordine del giorno.
Evvai con gli slogan del tipo: “Dio ti vede!”, “Dio ti giudica!”, e altre simili amenità... con buona pace di Cristo, il quale ripete come un disco rotto: “Non abbiate paura! non abbiate timore!...”.
Sappiamo che la paura paralizza, toglie la libertà. Che scelta è, una scelta fatta per paura? Certamente non è una scelta libera! Forse che Dio ci vuole fedeli per paura, cioè per costrizione?
È un po' come dire che sono più efficaci le sberle che le carezze e l'affetto di una mamma.
“Ma, la sberla, a un figlio, gliela si dà a fin di bene!”
...Insomma, si infligge un piccolo male per evitare un male peggiore... Bah!!
Ricordate l'orazione che introduce le Letture: “Ci sostenga sempre, o Padre, la forza e la pazienza del tuo amore...”; il nostro Dio è un Padre eccezionale, un vero Padre modello; a Lui, la pazienza non scappa mai! Del resto, ‘pazienza' ha la stessa radice di ‘patire': ora, se Cristo ha accettato di patire la Passione, come possiamo pensare che la pazienza di Dio possa cedere il passo all'ira, alla vendetta, alla condanna,...? È vero, nei secoli andati, soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento, il concetto di giudizio universale, è stato fortemente condizionato dall'idea della condanna eterna; in altre occasioni ho fatto riferimento agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina, al testo del Dies Iræ tratto dalla Messa da Requiem; ancora oggi si sente recitare formule come “...preservaci dal fuoco dell'Inferno...”.
Nonostante sia convinzione comune che la strategia dell'amore valga più di quella del terrore, quantomeno a livello di principio astratto, nella pratica, la violenza più o meno legalizzata è assai più diffusa della dolcezza.
Anche fra i sedicenti cristiani! al (famoso) grido: “Extra Ecclesia nulla salus”...
Basta così! cambiamo registro.
Il regno dei Cieli è simile a un granello di senapa.
Il regno dei Cieli è simile ad un pugno di lievito.
Le due parabole ribadiscono sostanzialmente la stessa verità: visto dall'esterno, il regno dei Cieli non ha nulla di speciale, nulla di appetibile; anzi, al contrario, sembra addirittura squallido e poco invitante...come appunto un minuscolo seme che passa inosservato; o un grumo di lievito, che poi è pasta andata a male, piena di funghi... una robaccia immonda.
Ma, se appena entriamo dentro la logica del regno dei Cieli, e ci arrendiamo alla fede, l'innocuo e meschino chicco di senape si rivela una pianta lussureggiante; e il lievito sgradevole al palato e poco desiderabile agli occhi, ci regala una pane che è na' meraviglia!
Ciò che fa problema, credo, è la mancanza di garanzie previe: nessuno ci può dimostrare che sarà così, fino a quando, ripeto, non ci siamo dentro.
In altre parole, dobbiamo accettare a scatola chiusa, o quasi, cioè, crederci per fede.
Non ci è neppure riconosciuta la clausola contrattuale: “soddisfatti o rimborsati!”.
Che, poi, perché si dovrebbe dare indietro il regno dei Cieli e chiedere il rimborso? Una volta che ci sei dentro con tutti e due i piedi, non lo lasci più!!
Certo, in una società come la nostra, ove la pubblicità è l'anima del commercio, ove, in proporzione, si spendono più soldi ed energie nel perfezionare la forma estetica del prodotto, piuttosto che migliorarne la qualità intrinseca, uno slogan sul regno dei Cieli, come quello tratto dalle due parabole di oggi, non farebbe vendere granché, o forse niente.
Siamo alle solite: il Vangelo è in controtendenza rispetto al modo comune di pensare.
Il regno di Dio non è un ornamento. Il regno di Dio è cosa buona, dice la Genesi, nel senso che è funzionale...
Bando, dunque, agli estetismi di maniera! I dipinti alla Beato Angelico, che ritraggono il Paradiso con i santi che danzano, vestiti in abiti sontuosi, giovani e sempre belli, ammiriamoli come opere d'arte; ma non lasciamo che l'immaginazione degli artisti influenzi troppo la fede... esattamente come i succitati affreschi della Cappella Sistina.
Il regno dei Cieli, la beatitudine eterna consiste nel contemplare Dio faccia a faccia.
In quella condizione, non avremo più nulla da immaginare, più niente da desiderare, affetti da rimpiangere, errori da riparare, parole non dette da pronunciare...
Il luogo e il tempo per l'immaginazione, per il desiderio, per nutrire affetti, riparare errori, parlare, scegliere... sono questa vita, l'oggi!
Meglio non rimandare a domani... Il tempo non è infinito e neppure la vita.
Lo ricorda san Paolo, ai cristiani di Corinto: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2Cor 6,2).
Fonte:http://www.qumran2.net

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