fr. Massimo Rossi “Va' dietro a me, Satana!”
Commento su Matteo 16,21-27
fr. Massimo Rossi
XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/09/2017)
Visualizza Mt 16,21-27
Eccoci nuovamente alle prese con la relazione tra il destino di morte cui il Figlio dell'uomo va
incontro guardandolo dritto in faccia, e la volontà del Padre suo. L'episodio raccontato da Matteo lo conosciamo tutti; il detto: “Vade retro, Satana!” è tratto da qui; la traduzione italiana è stata corretta in occasione della pubblicazione dell'ultima versione della Bibbia di Gerusalemme - meglio tardi che mai! -: “Va' dietro a me, Satana!”; Gesù ricorda a Pietro e a chiunque scelga di portate il nome di cristiano, che la strada la traccia Gesù, il cammino lo apre Lui.
Non siamo noi a decidere che cosa è meglio fare, o non fare, per essere discepoli del Regno dei Cieli. Non abbiamo alternative: dobbiamo seguire Lui, che ci piaccia o no.
E a Pietro non piace proprio! Sapere che il suo Signore sta per soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, e venire ucciso... non è una prospettiva incoraggiante, né per Gesù, tantomeno per Simon Pietro e per gli altri Undici. Non c'è da stupirsi se colui che aveva appena ricevuto il titolo di principe degli apostoli, il potere delle chiavi etc. etc., reagiva alla notizia opponendosi con decisione.
Ma ecco che Gesù spiazza nuovamente l'apostolo e, con lui anche gli altri: evitare la passione significa pensare secondo gli uomini e non secondo Dio.
Opporsi al destino tragico che attendeva il Figlio dell'uomo, significava opporsi niente meno che alla volontà Dio; per converso, arrendersi alla violenza dei malvagi, senza reagire né difendersi, significava arrendersi alla volontà di Dio.
È l'ennesimo paradosso della fede, anzi, il peggior paradosso che si possa immaginare, cioè non immaginare.
Poi, a pensarci bene, all'inizio della Sua vita pubblica, commentando le Beatitudini, Gesù aveva affermato: “Non opponetevi al malvagio; se uno vi percuote la guancia destra, porgete anche l'altra. (...) Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del vostro Padre celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Se date il vostro saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? (...) Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.” (cfr. Mt 5, 38ss.).
Per Gesù era venuto il momento di mostrare con i fatti quello che aveva insegnato sulla montagna. Ma non si è mai pronti a diventar perfetti come il Padre celeste.
E poi, perché dovremmo fare qualcosa di straordinario? In fondo siamo persone normali, senza infamia e senza lode. Viviamo tempi duri, ove dominano i prepotenti. Cara grazia che non ci mettiamo anche noi tra quelli che alzano la voce, alzano le mani, e altro ancora.
Al giorno d'oggi è già straordinario astenersi dal sottoscrivere la mentalità della violenza, imitando l'esempio dei prepotenti.
Per contro, anche l'inerzia, il silenzio di chi non si oppone è una forma di accondiscendenza, un consenso implicito alle strategie del terrore!
Attenzione! Quest'ultima affermazione puzza di Tentatore lontano un miglio!
Ricordate come reagì il Signore durante il processo intentato dal sinedrio contro di Lui? che cosa rispose alle false accuse che i sommi sacerdoti muovevano a suo carico dinanzi a Pilato?
I moderni giuristi risponderebbero che Gesù si avvalse della facoltà di non rispondere, o, come dicono gli Americani, invocò il quinto emendamento della Costituzione.
Davanti ai suoi accusatori, Gesù non reagì, rimase in silenzio.
Il governatore romano ne rimase assai meravigliato; in effetti, la rinuncia a difendersi costituiva ai tempi di Gesù un fatto del tutto straordinario; e, naturalmente, era interpretato come tacita ammissione di colpevolezza.
Venendo a noi: in una società come la nostra, dove sembra che l'unico comportamento logico, ragionevole, sensato, sia rispondere a tono, sempre, alle provocazioni; difendersi dagli attacchi usando tutti i mezzi a disposizione, anzi, attaccare per primi - parlano di attacco preventivo -. Ebbene, in una società come la nostra, dove, fin da bambini, ci insegnano ad essere diffidenti per principio, la scelta di non rispondere alle provocazioni, di non reagire alla violenza con altrettanta violenza, financo rinunciando alla legittima difesa; questo sì che è straordinario, questo sì che è trasgressivo, perché va contro il modo comune di pensare e di agire.
Anche se si rischia di essere presi per fessi, per vigliacchi, gente che non sa farsi i propri interessi, gente debole, gente meschina, gente di poco valore; ma che dico, “di poco valore”, di “nessun valore”! L'atteggiamento non violento assunto come principio di vita, in opposizione al principio di morte che sembra animare uomini e donne - specie uomini! - di ogni età, colore, classe sociale, fede religiosa, questo è il nuovo decalogo che Gesù promulga a compimento di quello di Mosè (cfr. Mt capp. 5 e 6).
Anche se, più che un compimento della legge antica, il decalogo delle Beatitudini si pone in alternativa ad alcuni paradigmi della morale ebraica, come: “occhio per occhio, dente per dente”, “amerai il tuo fratello e odierai il tuo nemico”...
Del resto, lo stesso Signore venne ritenuto come un debole, un incapace, e non solo dai suoi oppositori, ai piedi della croce. Se ricordate, i discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24) esprimono tutto il loro disincanto, la loro delusione nei confronti di Gesù, che avevano creduto il Messia, colui che avrebbe finalmente liberato Israele. E invece, anche Lui si era dimostrato un folle, peggio, un impostore. Promesse tante. Ma poi, una pietra aveva sigillato il sepolcro di Gesù e, con Lui, anche i loro sogni di gloria.
“La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?” La gente pensi un po' quello che vuole.
Non ci interessa...
“Ma voi, chi dite che sia il Cristo?” Questo sì che ci interessa! Questo sì che ci impegna!
Ci impegna a rispondere, non solo a parole.
Fonte:http://www.qumran2.net
fr. Massimo Rossi
XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/09/2017)
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Eccoci nuovamente alle prese con la relazione tra il destino di morte cui il Figlio dell'uomo va
incontro guardandolo dritto in faccia, e la volontà del Padre suo. L'episodio raccontato da Matteo lo conosciamo tutti; il detto: “Vade retro, Satana!” è tratto da qui; la traduzione italiana è stata corretta in occasione della pubblicazione dell'ultima versione della Bibbia di Gerusalemme - meglio tardi che mai! -: “Va' dietro a me, Satana!”; Gesù ricorda a Pietro e a chiunque scelga di portate il nome di cristiano, che la strada la traccia Gesù, il cammino lo apre Lui.
Non siamo noi a decidere che cosa è meglio fare, o non fare, per essere discepoli del Regno dei Cieli. Non abbiamo alternative: dobbiamo seguire Lui, che ci piaccia o no.
E a Pietro non piace proprio! Sapere che il suo Signore sta per soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, e venire ucciso... non è una prospettiva incoraggiante, né per Gesù, tantomeno per Simon Pietro e per gli altri Undici. Non c'è da stupirsi se colui che aveva appena ricevuto il titolo di principe degli apostoli, il potere delle chiavi etc. etc., reagiva alla notizia opponendosi con decisione.
Ma ecco che Gesù spiazza nuovamente l'apostolo e, con lui anche gli altri: evitare la passione significa pensare secondo gli uomini e non secondo Dio.
Opporsi al destino tragico che attendeva il Figlio dell'uomo, significava opporsi niente meno che alla volontà Dio; per converso, arrendersi alla violenza dei malvagi, senza reagire né difendersi, significava arrendersi alla volontà di Dio.
È l'ennesimo paradosso della fede, anzi, il peggior paradosso che si possa immaginare, cioè non immaginare.
Poi, a pensarci bene, all'inizio della Sua vita pubblica, commentando le Beatitudini, Gesù aveva affermato: “Non opponetevi al malvagio; se uno vi percuote la guancia destra, porgete anche l'altra. (...) Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del vostro Padre celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Se date il vostro saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? (...) Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.” (cfr. Mt 5, 38ss.).
Per Gesù era venuto il momento di mostrare con i fatti quello che aveva insegnato sulla montagna. Ma non si è mai pronti a diventar perfetti come il Padre celeste.
E poi, perché dovremmo fare qualcosa di straordinario? In fondo siamo persone normali, senza infamia e senza lode. Viviamo tempi duri, ove dominano i prepotenti. Cara grazia che non ci mettiamo anche noi tra quelli che alzano la voce, alzano le mani, e altro ancora.
Al giorno d'oggi è già straordinario astenersi dal sottoscrivere la mentalità della violenza, imitando l'esempio dei prepotenti.
Per contro, anche l'inerzia, il silenzio di chi non si oppone è una forma di accondiscendenza, un consenso implicito alle strategie del terrore!
Attenzione! Quest'ultima affermazione puzza di Tentatore lontano un miglio!
Ricordate come reagì il Signore durante il processo intentato dal sinedrio contro di Lui? che cosa rispose alle false accuse che i sommi sacerdoti muovevano a suo carico dinanzi a Pilato?
I moderni giuristi risponderebbero che Gesù si avvalse della facoltà di non rispondere, o, come dicono gli Americani, invocò il quinto emendamento della Costituzione.
Davanti ai suoi accusatori, Gesù non reagì, rimase in silenzio.
Il governatore romano ne rimase assai meravigliato; in effetti, la rinuncia a difendersi costituiva ai tempi di Gesù un fatto del tutto straordinario; e, naturalmente, era interpretato come tacita ammissione di colpevolezza.
Venendo a noi: in una società come la nostra, dove sembra che l'unico comportamento logico, ragionevole, sensato, sia rispondere a tono, sempre, alle provocazioni; difendersi dagli attacchi usando tutti i mezzi a disposizione, anzi, attaccare per primi - parlano di attacco preventivo -. Ebbene, in una società come la nostra, dove, fin da bambini, ci insegnano ad essere diffidenti per principio, la scelta di non rispondere alle provocazioni, di non reagire alla violenza con altrettanta violenza, financo rinunciando alla legittima difesa; questo sì che è straordinario, questo sì che è trasgressivo, perché va contro il modo comune di pensare e di agire.
Anche se si rischia di essere presi per fessi, per vigliacchi, gente che non sa farsi i propri interessi, gente debole, gente meschina, gente di poco valore; ma che dico, “di poco valore”, di “nessun valore”! L'atteggiamento non violento assunto come principio di vita, in opposizione al principio di morte che sembra animare uomini e donne - specie uomini! - di ogni età, colore, classe sociale, fede religiosa, questo è il nuovo decalogo che Gesù promulga a compimento di quello di Mosè (cfr. Mt capp. 5 e 6).
Anche se, più che un compimento della legge antica, il decalogo delle Beatitudini si pone in alternativa ad alcuni paradigmi della morale ebraica, come: “occhio per occhio, dente per dente”, “amerai il tuo fratello e odierai il tuo nemico”...
Del resto, lo stesso Signore venne ritenuto come un debole, un incapace, e non solo dai suoi oppositori, ai piedi della croce. Se ricordate, i discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24) esprimono tutto il loro disincanto, la loro delusione nei confronti di Gesù, che avevano creduto il Messia, colui che avrebbe finalmente liberato Israele. E invece, anche Lui si era dimostrato un folle, peggio, un impostore. Promesse tante. Ma poi, una pietra aveva sigillato il sepolcro di Gesù e, con Lui, anche i loro sogni di gloria.
“La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?” La gente pensi un po' quello che vuole.
Non ci interessa...
“Ma voi, chi dite che sia il Cristo?” Questo sì che ci interessa! Questo sì che ci impegna!
Ci impegna a rispondere, non solo a parole.
Fonte:http://www.qumran2.net
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