P. Marko Ivan Rupnik,“Voi chi dite che io sia?”

XXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno A 

Mt 16,13-20
Cristo pone la domanda: “Voi chi dite che io sia?” (Mt 16,15) subito dopo


aver redarguito per ben due volte i discepoli di stare molto attenti al lievito

dei farisei e dei sadducei” (Mt 16, 11) e dopo aver chiesto che cosa la

gente, la folla dice di lui.

Alcuni dicono che è “uno dei profeti che è risuscitato” (Lc 9, 19). Dunque

sono farisei che credono alla risurrezione. In Marco e in Matteo si dice solo

“uno degli antichi profeti” (Mt 16,14). E questi sono i sadducei. Ed è curioso

che tutte e due le versioni degli evangelisti facciano vedere che gli apostoli

raccontano a Cristo esattamente ciò che pensano i farisei e i sadducei, dai

quali lui ha molto chiaramente detto di guardarsi.

In Matteo c’è ancora un dettaglio diverso, perché non viene detto cosa

dice la gente, ma esattamente “Che dicono gli uomini del Figlio

dell’uomo”, cioè cosa dicono gli uomini dell’uomo secondo Dio, dell’uomo

di Dio, dell’uomo divino?(cf Dn 8,17). Ovvero cosa possono dire visto che

non possono dir niente dell’uomo di Dio?

L’elenco che danno indica dei tratti somiglianti con Cristo: il Battista che

era venuto per dare testimonianza alla verità (cfr. Mc 12,14); Elia che ha

moltiplicato il pane, ha risuscitato un fanciullo, ma soprattutto era il

profeta dell’unico Dio (cfr. Mt 6,24; Lc 16,13); Geremia – che solo Matteo

inserisce - il profeta della pace, solidale con il popolo, totalmente unito al

destino del popolo ma anche profeta di sventura (cfr. Ger 26, 9.17; Mc 13,2;

Lc 21,6).

Dunque sono molte le somiglianze, ma certamente il tratto fondamentale

è l’urgenza della conversione. L’urgenza di prendere le distanze da quelle

questioni che sono lievito dei sadducei e dei farisei e che non fanno altro

che cambiare totalmente il pane. Se Cristo è una novità assoluta, il lievito

antico non aiuta a capire, non permette di conoscere. Non si può partire

dall’Antico per scoprire il Nuovo. Il processo è esattamente l’opposto, si

parte dall’incontro con Cristo, che è una rivelazione, che è un atto del

Padre. Da lì, da questo incontro anche l’Antico mi aiuta a comprendere di

più, ma non viceversa.

Sul chi voi dite che io sia, Pietro, in questa risposta magistrale: “Tu sei il

Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16), anzi testualmente del “Dio vivificante”,

rivela che solo nello Spirito noi possiamo riconoscere il Figlio (cfr. Mt 11,

27). “Beato” (Mt 16,17) gli dice Cristo, perché nulla di ciò che è umano può

arrivare a questa constatazione, né sangue né carne. Una conoscenza legata

alla vita del Figlio dipende solo dall’accoglienza della rivelazione. Perché la

nostra fede non è una questione intellettuale, ma è una esperienza di vita,

di vita nel Figlio.

E Pietro che come Giona (Mt 16,17) ha sempre fatto l’opposto di ciò che il

Signore gli aveva comandato, alla fine si convertirà. Da petros (tu sei

Pietro) pietra che si può spostare, scagliare, diventa petra (su questa

pietra) che significa invece una roccia enorme, pietra che starà a

fondamento. Diventa lui la prima pietra posta sulla roccia che lui stesso ha

confessato e che è il Cristo, perché non ci può essere un fondamento

diverso (cf 1Cor 3,11), unica roccia sulla quale si può costruire (cf Ef 2,20).

P. Marko Ivan Rupnik
Fonte:http://www.clerus.va/

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