Clarisse Sant'Agata, Lectio "UN DIO IN PERDITA"

XXV Domenica del Tempo Ordinario – A -
Antifona d'Ingresso
"Io sono la salvezza del popolo", dice il Signore, "in qualunque prova mi invocheranno, li esaudirò, e

sarò il loro Signore per sempre".
Colletta
O Dio, che nell'amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa' che
osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per Cristo, nostro Signore.
Oppure:
O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del
tuo regno; donaci la sapienza che viene dall'alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e
comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Prima Lettura
Dal libro del profeta Isaia. (Is 55, 6-9)
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e
l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che
largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie
vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i
miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Salmo 144 (145)
Il Signore è vicino a chi lo invoca.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.
Seconda Lettura
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi. (Fil 1, 20c-24.27°)
Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è
Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero
che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per
essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo.
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.
Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore e accoglieremo le parole del Figlio tuo.
Alleluia.
Vangelo
Dal vangelo secondo Matteo. (Mt 20, 1-16)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un padrone
di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un
denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che
stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo
darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito
ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il
giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro:
"Andate anche voi nella vigna". Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i
lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del
pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero
ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro
il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che
abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse:
"Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e
vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che
voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi,
ultimi".
Sulle Offerte
Accogli, o Padre, l'offerta del tuo popolo e donaci in questo sacramento di salvezza i beni nei quali
crediamo e speriamo con amore di figli. Per Cristo nostro Signore.
Comunione
Hai dato, Signore, i tuoi precetti, perché siano osservati fedelmente. Siano diritte le mie vie
nell'osservanza dei tuoi comandamenti.
Oppure:
"Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me", dice il Signore.
Oppure:
"Se uno vuole essere il primo sia l'ultimo e il servo di tutti", dice il Signore.
Dopo la Comunione
Guida e sostieni, Signore, con il tuo continuo aiuto il popolo che hai nutrito con i tuoi sacramenti,
perché la redenzione operata da questi misteri trasformi tutta la nostra vita. Per Cristo nostro
Signore.
UN DIO IN PERDITA
Con questa domenica del Tempo ordinario, mi sembra che la chiesa offra dei testi che ci
svelano ancora una volta, quale sia il volto di quel Padre che Gesù tenta di farci conoscere durante
tutta la sua vita tra noi. Ancora una volta ci è dato di entrare nel Santo dei Santi che è il cuore del
Padre.
All’inizio del racconto di Matteo, ci troviamo di fronte a un “padrone” che esce lui stesso per le
strade e per le piazze a cercare operai che vadano a lavorare nella sua vigna.
Normalmente un padrone avrebbe mandato i suoi servi, magari i più fidati, a fare questo
servizio di ingaggio dei lavoratori. Invece qui Gesù ci parla di un “padrone” che si “scomoda”
nell’uscire da casa per ben cinque volte in un solo giorno, per cercare questi uomini che erano
disoccupati e oziosi, senza che nessuno che li avesse chiamati, senza che nessuno si fosse accorto di
loro o avesse avuto bisogno di loro.
Nel brano del profeta Isaia leggiamo: “Cercate il Signore mentre si fa trovare” (Is 55,6). Fino ad un
certo punto della storia, Dio era da trovare, da “cercare” e i profeti erano il ponte che aiutava gli
uomini a ritrovare il loro Dio. Poi “Dio mandò il suo Figlio” (Gv 3,16). E’ venuto Lui stesso a cercarci,
come fa il padrone della vigna nella parabola di questa domenica. Già qui cambia l’immagine di Dio:
ci troviamo davanti a un Dio che si mette in gioco fino al punto di mandare il Figlio, da separarsi dal
Figlio perché noi potessimo ritornare a casa da Lui.
Uscendo per la strada VEDE degli uomini: li vede, li sceglie e li chiama.
I primi li incontra all’alba, ossia alle 6 del mattino e con loro si mette d’accordo per la paga
che riceveranno a fine giornata: un denaro.
Con quelli che chiama alle 9 del mattino, a mezzogiorno e alle tre del pomeriggio si accorda
per “quello che è giusto”!
Con gli ultimi, cioè con quelli che chiama alle 5 del pomeriggio, non si mette d’accordo per
nessun tipo di ricompensa.
L’ultima chiamata è per tutti alla stessa ora: “Quando fu sera” (v 8) e qui viene dato quello che è
giusto ad ognuno. Il padrone dice di cominciare a pagare gli ultimi, quelli che hanno lavorato di
meno, forse un’ora soltanto a confronto dei primi che hanno faticato quasi per dodici ore. E’ una
scelta strana, ai nostri occhi, ma forse è una scelta strategica: serve perché i primi possano vedere
quanto gli altri lavoratori avrebbero ricevuto. E visto che alla fine la ricompensa è stata uguale per
tutti, nei primi nasce nel cuore il confronto e dal confronto si passa subito alla mormorazione.
E giustamente, ci viene da dire anche a noi! Ma dov’è la giustizia di Dio? Davvero non conta
nulla il nostro sforzo, la nostra buona volontà, il nostro impegno tanto che poi “pubblicani, peccatori e
prostitute ce li vedremo passare davanti nell’entrare nel Regno di Dio” (cfr. Mt 21,31)? Eppure il Padre è
molto di più anche della Sua stessa giustizia; è ricco di misericordia e di perdono a tal punto da essere
per noi “imperdonabile”.
Ma come ci dice sempre il profeta Isaia: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non
sono le vostre vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri
sovrastano i vostri pensieri”. (Is 55,8-9).
Si tratta, per noi, di entrare in una logica nuova, totalmente diversa. Dobbiamo imparare a
guardare la realtà con gli occhi di Dio. Se il criterio di giudizio è il nostro e non quello di Dio, saremo
sempre scontenti, invidiosi, gelosi per il bene che l’altro riceve e arrabbiati con chi quel bene lo fa.
Guardando con gli occhi di Dio, nella sua prospettiva, intorno a noi vedremo il bene e il bello
che il Padre non si stanca di seminare sulle strade dell’uomo come occasioni di bene, di accoglienza,
di vicinanza, di perdono e di misericordia da accogliere e donare..
La fatica degli operai della prima ora di sopportare quella che per loro è una ingiustizia, non li
fa godere del fatto di aver potuto lavorare nella vigna del Signore; non fa loro cogliere come privilegio
il fatto di essere sempre stati nella sua vigna e che già godevano del salario del regno dei cieli che è
Dio stesso!
Restano attaccati alla loro idea di giustizia e di meriti e rischiano di amare più “quello che il
padrone gli dà” che il “padrone stesso”.
Il padrone dà agli ultimi quello che è necessario per vivere e la cosa necessaria è l’amore e la
misericordia del Padre. Questo amore (che è il vero privilegio degli ultimi!), non è da meritare e/o da
comperare, ma da accogliere perché ci viene dato gratuitamente. La giustizia di Dio è quella
dell’amore, la sua retribuzione eccede ogni merito, è data per misericordia a tutti, non si guadagna, è
grazia!
I primi chiamati rischiano di rifiutare il dono perché il Signore è magnanimo con gli ultimi. Il
regno è dei poveri in spirito; il privilegio dei piccoli e degli ultimi è che non meritando la ricompensa
pari ad una giornata di lavoro capiscono che quello che ricevono è un dono. E’ la nostra fragilità che
ci permette di entrare in relazione con Dio!
I ricchi avranno il regno solo se saranno felici che i loro fratelli, dell’ultima ora, abbiano il
loro stesso stipendio, cioè l’essere figli. Rischiamo di comportarci come il figlio maggiore della
parabola del padre misericordioso (o del figlio prodigo) che non entra al banchetto perché non vuole
stare col padre, ma sceglie di stare con i propri meriti.
Gli ultimi sono i primi a capire e ad accettare la ricompensa del regno: sono i poveri che
accolgono il dono!
Ma anche i primi, diventati ultimi, alla fine avranno la stessa ricompensa perché Dio vuole per
tutti gli uomini la salvezza.
Il nostro Dio è il Dio della perdita, il suo conto è sempre in rosso perché spreca, non calcola,
soprattutto quando si tratta dei suoi figli.
E un giorno ci ritroveremo tutti dalla stessa parte, là dove si trova il nostro amato Signore e
Salvatore Gesù Cristo, là dove tutto è grazia.
PREGHIAMO
Signore, davanti ai nostri calcoli, alle nostre pretese,
ai nostri presunti “giusti giudizi”,
incontriamo il tuo volto di Padre,
pronto ad accoglierci nella nostra piccolezza,
nella nostra fragilità
e ci rilanci ad un oltre
verso il quale guardare
e nel quale vivere.
Ti chiediamo: donaci il tuo Spirito
per gioire dello stare con te
e per trovare la medesima gioia
nella scoperta che ogni “altro” è tuo figlio,
figli dello stesso Padre e fratelli in umanità.
Te lo chiediamo per te stesso, Padre di ogni misericordia
in Cristo, nostro Signore.
Amen

Fonte:http://www.clarissesantagata.it

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