don Roberto Seregni, "Off-limits"
don Roberto Seregni
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) Off-limits
Dopo lo spigoloso tema della correzione fraterna, la liturgia ci porta a meditare su un altro nodo
fondamentale della vita cristiana: il perdono.
La splendida parabola che Gesù ci regala in questa domenica, prende avvio da una domanda di Pietro. Lui, uomo concreto, ex-pescatore di Cafarnao, vuole una regola precisa sul perdono, un limite oltre il quale il discepolo si possa sentire esentato dal concedere il perdono. Il buon Pietro parte da una misura alta: più del doppio di quanto imponeva la legislazione rabbinica che bloccava a tre il numero massimo del perdono fraterno.
Pietro crede di abbondare, magari si aspetta pure un complimento dal Rabbì e invece...
Settanta volte sette, dice Gesù, cioè un perdono illimitato, senza misura.
Siamo oltre il buon senso.
La regola di Gesù è paradossale, ovviamente non ispirata ad un modello umano o ad una misura terrestre, ma al perdono stesso di Dio. Questo è il centro: dobbiamo perdonare senza calcolo e senza misura perché Dio ci ha perdonato senza calcolo e senza misura. Il perdono di Dio è motivo e modello dello stile di fraternità che deve regnare nella comunità cristiana.
La parabola di Gesù che oggi la liturgia ci regala, vuole mettere in luce proprio questa dinamica di verità sul cuore dell'uomo: il servo è condannato perché tiene il perdono per sé, perché la sua vita non è stata trasformata da quell'amore ricevuto gratuitamente.
Il testo della parabola sottolinea fortemente la sproporzione tra i due debiti. Il primo servo si trova a dover trattare su una cifra pari a diecimila talenti. L'ammontare del debito è volutamente esagerato: il valore di un talento variava tra ventisei e trentasei chilogrammi d'oro, cioè la paga di un operaio per seimila giornate di lavoro, pari a diciassette anni di retribuzione. Quindi diecimila talenti equivalgono a centosessantaquattromilatrecentottantaquattro anni di lavoro! Questa è la somma che il re condona al suo servo, andando ben oltre la richiesta di dilazione del pagamento del debito che gli era stata fatta.
Il contrasto che Matteo sottolinea è in riferimento alla somma che il secondo servo deve al primo: cento denari, più o meno tre mesi di lavoro. Niente a confronto del condono precedente, eppure il primo servo non vuole sentir ragioni e fa rinchiudere in prigione il suo collega.
Qui sta il contrasto che ci deve mettere a nudo. Il condono esagerato del re sembra non aver introdotto nessuna novità nella vita del servo, eppure c'è una sproporzione esagerata tra il dono ricevuto e quello richiesto.
Coraggio, cari amici, lasciamo che la nostra vita sia il luogo della verità del perdono e dell'amore incondizionato ricevuto da Dio. Le nostre relazioni trabocchino di speranza per chi nella vita non ha conosciuto il brivido rovente del perdono. La nostra vita sia l'annuncio profetico di una grazia off-limits che precede e supera ogni umana attesa.
Buona settimana
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) Off-limits
Dopo lo spigoloso tema della correzione fraterna, la liturgia ci porta a meditare su un altro nodo
fondamentale della vita cristiana: il perdono.
La splendida parabola che Gesù ci regala in questa domenica, prende avvio da una domanda di Pietro. Lui, uomo concreto, ex-pescatore di Cafarnao, vuole una regola precisa sul perdono, un limite oltre il quale il discepolo si possa sentire esentato dal concedere il perdono. Il buon Pietro parte da una misura alta: più del doppio di quanto imponeva la legislazione rabbinica che bloccava a tre il numero massimo del perdono fraterno.
Pietro crede di abbondare, magari si aspetta pure un complimento dal Rabbì e invece...
Settanta volte sette, dice Gesù, cioè un perdono illimitato, senza misura.
Siamo oltre il buon senso.
La regola di Gesù è paradossale, ovviamente non ispirata ad un modello umano o ad una misura terrestre, ma al perdono stesso di Dio. Questo è il centro: dobbiamo perdonare senza calcolo e senza misura perché Dio ci ha perdonato senza calcolo e senza misura. Il perdono di Dio è motivo e modello dello stile di fraternità che deve regnare nella comunità cristiana.
La parabola di Gesù che oggi la liturgia ci regala, vuole mettere in luce proprio questa dinamica di verità sul cuore dell'uomo: il servo è condannato perché tiene il perdono per sé, perché la sua vita non è stata trasformata da quell'amore ricevuto gratuitamente.
Il testo della parabola sottolinea fortemente la sproporzione tra i due debiti. Il primo servo si trova a dover trattare su una cifra pari a diecimila talenti. L'ammontare del debito è volutamente esagerato: il valore di un talento variava tra ventisei e trentasei chilogrammi d'oro, cioè la paga di un operaio per seimila giornate di lavoro, pari a diciassette anni di retribuzione. Quindi diecimila talenti equivalgono a centosessantaquattromilatrecentottantaquattro anni di lavoro! Questa è la somma che il re condona al suo servo, andando ben oltre la richiesta di dilazione del pagamento del debito che gli era stata fatta.
Il contrasto che Matteo sottolinea è in riferimento alla somma che il secondo servo deve al primo: cento denari, più o meno tre mesi di lavoro. Niente a confronto del condono precedente, eppure il primo servo non vuole sentir ragioni e fa rinchiudere in prigione il suo collega.
Qui sta il contrasto che ci deve mettere a nudo. Il condono esagerato del re sembra non aver introdotto nessuna novità nella vita del servo, eppure c'è una sproporzione esagerata tra il dono ricevuto e quello richiesto.
Coraggio, cari amici, lasciamo che la nostra vita sia il luogo della verità del perdono e dell'amore incondizionato ricevuto da Dio. Le nostre relazioni trabocchino di speranza per chi nella vita non ha conosciuto il brivido rovente del perdono. La nostra vita sia l'annuncio profetico di una grazia off-limits che precede e supera ogni umana attesa.
Buona settimana
Commenti
Posta un commento