fr. Massimo Rossi, “Conoscerete la verità, la verità vi farà liberi”
Commento su Matteo 21,28-32
fr. Massimo Rossi
XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2017)
Visualizza Mt 21,28-32
Uno dei motti dell'Ordine dei Predicatori è “Veritas”.
Anche per Cristo, la verità era, la verità è la massima aspettativa di Dio e degli uomini: “Conoscerete
la verità, la verità vi farà liberi” (Gv 8,32)...e “la Verità sono io” (14,6).
Al tempo stesso la verità non è solo un punto di arrivo; la verità è punto di partenza, per affrontare il cammino della fede: verità non come oggetto esterno da scoprire, da conquistare... verità come atteggiamento interiore, come sguardo sul mondo; verità come onestà di ricerca; verità come sincerità di intenzioni; verità come rettitudine morale, come abbandono di ogni doppiezza, di ogni ambiguità, di ogni finzione; verità come conformità di ciò che si fa a ciò che si dice di fare...
Ecco il nodo cruciale del Vangelo di oggi: dire una cosa, ma poi fare tutto il contrario. Naturalmente si dice sempre bene, così si fa bella figura con i genitori, con i superiori, con i colleghi di lavoro... Salvo poi ripensarci un istante dopo.
Dire prontamente di sì è più facile che dire subito di no.
Tutti conosciamo il detto: “Sono come tu mi vuoi...”; pur di compiacere l'interlocutore del momento, lo assecondo subito. Ma, in quell'assecondare quasi automatico, quanto c'è di me? quanto c'è di vero, di autentico? Invece, dire NO, tutti lo sappiamo, non fa piacere a colui che ci ha appena chiesto qualcosa. E se poi lo deludiamo? e se perdiamo la sua stima?
...Se ci abbandona?
Meglio, moooolto meglio dire di sì!...un bel SI' tondo tondo.
Con la nostra coscienza ce la vediamo dopo. Anzi, non ce la vediamo neanche con la coscienza! la mettiamo elegantemente a tacere; oppure, ancor più elegantemente, facciamo obiezione di coscienza. Promettiamo una cosa, ma dentro di noi abbiamo già deciso che su certi aspetti della scelta faremo come se non avessimo promesso; su talune condizioni prescritte, faremo come se non fossero prescritte affatto.
Ciò che conta è la facciata, l'ufficialità, l'apparenza... Ecco, l'ho detto ancora...
Di questi tempi, la parola d'ordine è APPARENZA: gli Americani dicono sempre: “It's all fine!”, va tutto bene. Noi Italiani intercaliamo con “Tutto a posto?”, il che è lo stesso.
L'essenziale è appunto salvare le apparenze.
Perché, se la gente sapesse la verità, cosa penserebbe? Ripeto, che figura faremmo?
Basta con la psicanalisi da rotocalco... Comunque pensateci!
Il Signore preferisce chi gli dice un no convinto, rispetto ai tanti che gli dicono di sì, ma poi vivono come se Lui non avesse parlato, come se Lui non avesse sofferto,...come se Lui non esistesse. Nell'Apocalisse di san Giovanni (3,15-19), il Signore stigmatizza le opere di colui che non è né caldo, né freddo...e lo vomita dalla sua bocca.
Almeno noi, proviamo qualche volta a porre la questione di senso rispetto alle nostre scelte, alle nostre azione; e anche rispetto ai nostri pensieri. Sembra che la vita abbia delle zone d'ombra, ove pare, dico, pare che la Persona di Cristo non abbia diritto di parola: le relazioni sentimentali, il lavoro, la gestione del denaro e della ricchezza in genere,...
Per non parlare del rapporto ‘diretto' col Buon Dio: sembra un paradosso, ma si può credere in Dio, senza un briciolo di vera fede.
Che, poi, a pensarci bene, se non riconosciamo a Cristo diritto di cittadinanza in materia di affetti, di lavoro, di ricchezza, di religione, che cosa rimane dell'esistenza che possa conformarsi al Vangelo? Niente, non resta niente!
La Verità di Cristo diventa una parola tra le tante, una verità tra tante...
La fede si riduce ad un fatto mentale, perde ogni mordente, ogni capacità di incidere sul vissuto.
Anche la fede può ridursi a una mera finzione, un'apparenza, una facciata...
Esattamente come accadeva ai tempi di Gesù: coloro che avevano l'incarico di custodire la fede del popolo, non erano in grado di custodire neppure la loro!
Il perché ormai lo conosciamo: farisei e sadducei avevano perduto il senso del peccato; non erano affatto pentiti dei compromessi ai quali erano scesi, nel disperato tentativo di tenere insieme la fede con il potere politico, economico, religioso. Fede e potere, insieme non possono stare!
Quando si predica la conversione agli altri, ma non la si vuole per sé...
Non stupiamoci, poi, se “i pubblicani e le prostitute ci passano avanti nel regno di Dio”!
E con questa sentenza dal sapore amarissimo, il Signore dà un'ultima, pesante stoccata ai moralismi che incorniciano ogni religione di facciata. Anche il moralismo ha un fondo di ipocrisia: ci si erge a censori dei costumi altrui, ma poi si arriva a fare anche di peggio...
Peccato!
Le mele marce rischiano di intaccare quelle integre, rendono un pessimo servizio alla categoria, e riempiono le prime pagine dei tabloid, che, sul marciume delle cosiddette persone rispettabili, ci campano alla grande, vendendo milioni e milioni di copie...
Ma non è il caso nostro, vero?...
Fonte:http://www.qumran2.net
fr. Massimo Rossi
XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2017)
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Uno dei motti dell'Ordine dei Predicatori è “Veritas”.
Anche per Cristo, la verità era, la verità è la massima aspettativa di Dio e degli uomini: “Conoscerete
la verità, la verità vi farà liberi” (Gv 8,32)...e “la Verità sono io” (14,6).
Al tempo stesso la verità non è solo un punto di arrivo; la verità è punto di partenza, per affrontare il cammino della fede: verità non come oggetto esterno da scoprire, da conquistare... verità come atteggiamento interiore, come sguardo sul mondo; verità come onestà di ricerca; verità come sincerità di intenzioni; verità come rettitudine morale, come abbandono di ogni doppiezza, di ogni ambiguità, di ogni finzione; verità come conformità di ciò che si fa a ciò che si dice di fare...
Ecco il nodo cruciale del Vangelo di oggi: dire una cosa, ma poi fare tutto il contrario. Naturalmente si dice sempre bene, così si fa bella figura con i genitori, con i superiori, con i colleghi di lavoro... Salvo poi ripensarci un istante dopo.
Dire prontamente di sì è più facile che dire subito di no.
Tutti conosciamo il detto: “Sono come tu mi vuoi...”; pur di compiacere l'interlocutore del momento, lo assecondo subito. Ma, in quell'assecondare quasi automatico, quanto c'è di me? quanto c'è di vero, di autentico? Invece, dire NO, tutti lo sappiamo, non fa piacere a colui che ci ha appena chiesto qualcosa. E se poi lo deludiamo? e se perdiamo la sua stima?
...Se ci abbandona?
Meglio, moooolto meglio dire di sì!...un bel SI' tondo tondo.
Con la nostra coscienza ce la vediamo dopo. Anzi, non ce la vediamo neanche con la coscienza! la mettiamo elegantemente a tacere; oppure, ancor più elegantemente, facciamo obiezione di coscienza. Promettiamo una cosa, ma dentro di noi abbiamo già deciso che su certi aspetti della scelta faremo come se non avessimo promesso; su talune condizioni prescritte, faremo come se non fossero prescritte affatto.
Ciò che conta è la facciata, l'ufficialità, l'apparenza... Ecco, l'ho detto ancora...
Di questi tempi, la parola d'ordine è APPARENZA: gli Americani dicono sempre: “It's all fine!”, va tutto bene. Noi Italiani intercaliamo con “Tutto a posto?”, il che è lo stesso.
L'essenziale è appunto salvare le apparenze.
Perché, se la gente sapesse la verità, cosa penserebbe? Ripeto, che figura faremmo?
Basta con la psicanalisi da rotocalco... Comunque pensateci!
Il Signore preferisce chi gli dice un no convinto, rispetto ai tanti che gli dicono di sì, ma poi vivono come se Lui non avesse parlato, come se Lui non avesse sofferto,...come se Lui non esistesse. Nell'Apocalisse di san Giovanni (3,15-19), il Signore stigmatizza le opere di colui che non è né caldo, né freddo...e lo vomita dalla sua bocca.
Almeno noi, proviamo qualche volta a porre la questione di senso rispetto alle nostre scelte, alle nostre azione; e anche rispetto ai nostri pensieri. Sembra che la vita abbia delle zone d'ombra, ove pare, dico, pare che la Persona di Cristo non abbia diritto di parola: le relazioni sentimentali, il lavoro, la gestione del denaro e della ricchezza in genere,...
Per non parlare del rapporto ‘diretto' col Buon Dio: sembra un paradosso, ma si può credere in Dio, senza un briciolo di vera fede.
Che, poi, a pensarci bene, se non riconosciamo a Cristo diritto di cittadinanza in materia di affetti, di lavoro, di ricchezza, di religione, che cosa rimane dell'esistenza che possa conformarsi al Vangelo? Niente, non resta niente!
La Verità di Cristo diventa una parola tra le tante, una verità tra tante...
La fede si riduce ad un fatto mentale, perde ogni mordente, ogni capacità di incidere sul vissuto.
Anche la fede può ridursi a una mera finzione, un'apparenza, una facciata...
Esattamente come accadeva ai tempi di Gesù: coloro che avevano l'incarico di custodire la fede del popolo, non erano in grado di custodire neppure la loro!
Il perché ormai lo conosciamo: farisei e sadducei avevano perduto il senso del peccato; non erano affatto pentiti dei compromessi ai quali erano scesi, nel disperato tentativo di tenere insieme la fede con il potere politico, economico, religioso. Fede e potere, insieme non possono stare!
Quando si predica la conversione agli altri, ma non la si vuole per sé...
Non stupiamoci, poi, se “i pubblicani e le prostitute ci passano avanti nel regno di Dio”!
E con questa sentenza dal sapore amarissimo, il Signore dà un'ultima, pesante stoccata ai moralismi che incorniciano ogni religione di facciata. Anche il moralismo ha un fondo di ipocrisia: ci si erge a censori dei costumi altrui, ma poi si arriva a fare anche di peggio...
Peccato!
Le mele marce rischiano di intaccare quelle integre, rendono un pessimo servizio alla categoria, e riempiono le prime pagine dei tabloid, che, sul marciume delle cosiddette persone rispettabili, ci campano alla grande, vendendo milioni e milioni di copie...
Ma non è il caso nostro, vero?...
Fonte:http://www.qumran2.net
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