Don Paolo Zamengo, "Gli insuccessi di Dio "

Gli insuccessi di Dio    Mt 22,1-14
Con un elegante biglietto il re comunica la data delle nozze del proprio figlio e invita a palazzo gli
amici più cari per il pranzo nuziale. Sembra una favola ma favola non è. La parabola presenta un’ampia gamma di invitati che, con le scuse più diverse, uno dopo l’altro, disertano la festa.
Cuore della parabola è il binomio amore-libertà, e su questo fondamento si regge la relazione tra Dio e l’uomo.  Senza libertà l’amore riduce una relazione a falsità. La libertà umana condiziona il progetto di Dio ma lui che è Padre non si lascia scoraggiare. Accetta parziali insuccessi pur di non infrangere la sua alleanza con l’uomo.
La libertà dell’uomo è il rischio di Dio, è la sua incognita. Il Dio che Gesù ci rivela ha messo in conto la possibilità di trovare chiese vuote dove si annuncia una parola che salva e di incontrare invece resistenze e rifiuti. Dio corre il rischio di regalare il suo perdono e il suo corpo ai sempre meno che lo desiderano.
Negli invitati della parabola è subentrata la disaffezione. Hanno smarrito le ragioni del loro legame con il re.  Uno smarrimento non improvviso certo. Una fede, un amore, un’idea non muore mai nel giro di un’ora ma niente sopravvive neppure se non si coltiva e non si nutre.
Ognuno di noi è chiamato a coniugare stabilmente le ragioni della propria identità con la verità di Dio. Questione di radici. Così si diventa figli e di Dio si conserva la perenne nostalgia.
Le ridicole alternative al banchetto di nozze si ritorcono sugli invitati e sono la prova dell’uso distorto della libertà. Libertà che Dio ha messo in mano nostra perché lo cerchiamo spontaneamente come nostro creatore e padre. Questa autonomia è densa di responsabilità perché impegna la libertà umana ma dà autenticità all’amore.
Tradito dai primi amici, il re allarga la lista degli inviti, spalanca la porta di casa e la apre a tutti senza eccezioni. Dischiuse le porte, alla festa di nozze arriva di tutto: per lo più poveracci, dagli abiti logori. Eppure uno si fa notare non perché sia più miserabile ma perché non ha il cuore in festa. Non ha portato il suo contributo di gioia e di bellezza.
La veste nuziale è la fede consapevole, proclamata con le parole e con le opere. È l’adesione personale e ragionata che sfocia in gioiosa consapevolezza.
L’abito da indossare per non fallire la vita è Gesù: “Rivestitevi del Signore Gesù” (Rm 13,14).  Il Battesimo ci dà in consegna una veste bianca con l’impegno di custodirne la bellezza per tutta la vita.
L’ascolto attento della Parola e l’impegno a viverla, ci rende capaci di celebrare le nozze del Figlio. Così il re, che ha visto disprezzato il suo invito, non vedrà deserte le nozze e la festa.  La parola che, a volte, non trova accoglienza sa per certo che, presto, troverà cuori dove riposare.
Dio cerca un cuore dove essere accolto. È il nostro? È il tuo?