Don Paolo Zamengo, "Tanti riflessi di un unico sole "
Tanti riflessi di un unico sole Mt. 5, 1-12a
La festa di tutti i santi dice che la santità non è il risultato dell’impegno per quanto ostinato delle
creature ma è, prima di tutto, dono di Dio. È aria pulita di montagna che si respira grazie alla bontà di Dio e grazie anche all’impegno personale.
La santità non va intesa come assenza di peccato soltanto. Così potrebbe essere figlia della paura, del rimprovero o del castigo. La santità è il desiderio di comunione con Gesù, sintonia con il suo cuore, adesione totale al Vangelo.
Santità è più discendere che salire. Io credevo che per arrivare a Dio fosse necessario salire, salire e salire. Poi leggendo il vangelo ho capito che per arrivare a Dio bisogna scendere, scendere e scendere. Perché tutta la vita di Gesù non è altro che una discesa. È disceso dal cielo per farsi uomo, è disceso nella povertà quando è nato a Betlemme, è disceso nell’umiltà vivendo a Nazareth, è disceso soprattutto nel mistero della croce.
La santità è un percorso difficile per chi conta solo sulle proprie forze e si lascia impaurire dagli ostacoli, ma è una strada percorribile e gioiosa per chi pone la fiducia nel Signore.
La santità si impara sui banchi di scuola del vangelo. Qui la parola viene sbriciolata e siamo invitati a mangiarla per assimilarla. Il cristiano che fa l’esperienza di nutrirsi della parola, dolce ed esigente, diventa capace di vivere e annunciare l’amore.
La santità è un itinerario di trasformazione interiore. Non è un privilegio di pochi o per pochi, non è una vocazione riservata ad alcuni. Essa è un invito, una chiamata donata a tutti e per tutti. Sentite questa.
C’erano una volta due blocchi di ghiaccio che si erano formati durante un lunghissimo inverno. Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza. I loro rapporti erano di una certa freddezza. Qualche “buongiorno”, qualche “buonasera”. Niente di più. Non riuscivano cioè a “rompere il ghiaccio”. I blocchi di ghiaccio erano di ghiaccio. E così ogni blocco si chiudeva ancor più in sé stesso.
Nella grotta viveva un tasso che un giorno sbottò: “Peccato che ve ne dobbiate stare qui. C’è una magnifica giornata di sole, fuori!”. I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Sorprendentemente, uno dei due chiese: “Com’è il sole?”. “È meraviglioso… È la vita”, rispose imbarazzato il tasso. “Puoi aprirci un buco nel tetto della tana… Vorrei vedere il sole…” disse l’altro.
Il tasso non se lo fece ripetere un’altra volta. Aprì uno squarcio e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato. Dopo qualche mese, un giorno, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi di ghiaccio si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi, diventando un limpido rigagnolo d’acqua. Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio immobile di prima. Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio, sgorgavano due ruscelli d’acqua che partivano dall’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino che rifletteva il colore del cielo. I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine. Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.
Arrivarono due cardellini e un’allodola e si dissetarono. Gli insetti vennero a ronzare intorno al laghetto e uno scoiattolo, dalla lunga coda morbida, ci fece il bagno. E, in tutta questa felicità, si rispecchiavano i due blocchi di ghiaccio che ora avevano trovato un cuore.
So che da soli avete trovato la conclusione di questa storia. Senza sole siamo come il ghiaccio. Con il sole cambia la vita e la vita di tutti. Vale la pena fare spazio al sole. Questo è la santità. Fare spazio al sole di Dio. Provare per credere.
La festa di tutti i santi dice che la santità non è il risultato dell’impegno per quanto ostinato delle
creature ma è, prima di tutto, dono di Dio. È aria pulita di montagna che si respira grazie alla bontà di Dio e grazie anche all’impegno personale.
La santità non va intesa come assenza di peccato soltanto. Così potrebbe essere figlia della paura, del rimprovero o del castigo. La santità è il desiderio di comunione con Gesù, sintonia con il suo cuore, adesione totale al Vangelo.
Santità è più discendere che salire. Io credevo che per arrivare a Dio fosse necessario salire, salire e salire. Poi leggendo il vangelo ho capito che per arrivare a Dio bisogna scendere, scendere e scendere. Perché tutta la vita di Gesù non è altro che una discesa. È disceso dal cielo per farsi uomo, è disceso nella povertà quando è nato a Betlemme, è disceso nell’umiltà vivendo a Nazareth, è disceso soprattutto nel mistero della croce.
La santità è un percorso difficile per chi conta solo sulle proprie forze e si lascia impaurire dagli ostacoli, ma è una strada percorribile e gioiosa per chi pone la fiducia nel Signore.
La santità si impara sui banchi di scuola del vangelo. Qui la parola viene sbriciolata e siamo invitati a mangiarla per assimilarla. Il cristiano che fa l’esperienza di nutrirsi della parola, dolce ed esigente, diventa capace di vivere e annunciare l’amore.
La santità è un itinerario di trasformazione interiore. Non è un privilegio di pochi o per pochi, non è una vocazione riservata ad alcuni. Essa è un invito, una chiamata donata a tutti e per tutti. Sentite questa.
C’erano una volta due blocchi di ghiaccio che si erano formati durante un lunghissimo inverno. Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza. I loro rapporti erano di una certa freddezza. Qualche “buongiorno”, qualche “buonasera”. Niente di più. Non riuscivano cioè a “rompere il ghiaccio”. I blocchi di ghiaccio erano di ghiaccio. E così ogni blocco si chiudeva ancor più in sé stesso.
Nella grotta viveva un tasso che un giorno sbottò: “Peccato che ve ne dobbiate stare qui. C’è una magnifica giornata di sole, fuori!”. I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Sorprendentemente, uno dei due chiese: “Com’è il sole?”. “È meraviglioso… È la vita”, rispose imbarazzato il tasso. “Puoi aprirci un buco nel tetto della tana… Vorrei vedere il sole…” disse l’altro.
Il tasso non se lo fece ripetere un’altra volta. Aprì uno squarcio e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato. Dopo qualche mese, un giorno, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi di ghiaccio si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi, diventando un limpido rigagnolo d’acqua. Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio immobile di prima. Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio, sgorgavano due ruscelli d’acqua che partivano dall’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino che rifletteva il colore del cielo. I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine. Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.
Arrivarono due cardellini e un’allodola e si dissetarono. Gli insetti vennero a ronzare intorno al laghetto e uno scoiattolo, dalla lunga coda morbida, ci fece il bagno. E, in tutta questa felicità, si rispecchiavano i due blocchi di ghiaccio che ora avevano trovato un cuore.
So che da soli avete trovato la conclusione di questa storia. Senza sole siamo come il ghiaccio. Con il sole cambia la vita e la vita di tutti. Vale la pena fare spazio al sole. Questo è la santità. Fare spazio al sole di Dio. Provare per credere.
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