don Roberto Seregni "Ostinata fedeltà"
don Roberto Seregni
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Visualizza Mt 21,33-43
Dopo il sorpasso delle prostitute e dei pubblicani, i sacerdoti e gli anziani devono mandar giù un altro
boccone amaro. Con questa nuova parabola - la seconda di un trittico che Matteo ha abilmente composto - Gesù svela la chiave di lettura della storia della salvezza, cavalcando le onde dell'allegoria della vigna del grande Isaia, che troviamo nella prima lettura di oggi. La vigna è il popolo di Israele, il padrone è Dio, i contadini sono i capi del popolo, i servi i profeti e il Figlio è Gesù.
Il racconto della parabola narra l'intreccio della nostra infedeltà con la passione ostinata di Dio. Gesù anticipa ciò che sta per accadere: come i profeti e il cugino asceta Giovanni, anche Lui verrà rifiutato. Gli ascoltatori vengono raggiunti nelle loro chiusure e presunzioni: sanno rispondere correttamente alla domanda del Rabbì di Nazareth, ma non ne traggono le conseguenze, non si lasciano aprire gli occhi.
Sono convinti che Gesù parli con loro.
In realtà, il Maestro, parla di loro.
E' bellissimo questo padrone attento e appassionato per la sua vigna. La pianta con cura, le fa una siepe attorno che possa custodirla come il suo abbraccio, scava un frantoio perché è certo che porterà frutto abbondante e costruisce una torre perché dall'alto la si possa sorvegliare. Ma questa tenerezza contrasta con la furia omicida dei vignaioli che fanno piazza pulita dei servi e nemmeno si arrestano davanti al figlio. Questo contrasto è l'eterno intreccio tra l'amore di Dio e il nostro rifiuto. Quanti messaggeri Dio manda nella nostra vita e quante chiusure, mediocrità e falsità ancora segnano il nostro rapporto con Lui.
Quando ci apriremo per davvero alla sua visita? Quando smetteremo di pretendere che Dio ci ascolti, senza aver nemmeno provato a sentire se Lui ha qualcosa da dirci? Quando concederemo a Lui il primato sulla nostra vita?
Forse anche noi avremmo saputo rispondere correttamente alla domanda di Gesù, così come hanno fatto gli interlocutori del tempo.
Forse anche noi siamo convinti che Gesù parla con noi e non di noi; siamo certi di essere a posto, sereni e tranquilli con la tessera aggiornata e fedele del buon cristiano.
Forse mentre ascoltiamo questa parola ci vengono in mente altri (vicini di casa, parenti, colleghi, conoscenti...) che dovrebbero proprio farsi un bell'esame di coscienza a partire da queste parabole che stiamo ascoltando...
Ecco: se è scattato anche uno solo di questi ragionamenti, allora questa parabola è proprio per noi e parla di noi.
Coraggio, cari amici! Lasciamoci ferire dalla parola di Dio, facciamoci mettere in crisi, permettiamo allo Spirito di provocare ripensamenti sulle nostre scelte e farci intravedere il cammino della conversione. La crisi - se è opera dello Spirito - non deve inquietare, perché la Sua azione scava nel profondo del nostro cuore per purificarlo e renderlo più trasparente e saldo.
Fonte:http://www.qumran2.net/
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